Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10571 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 28/04/2017, (ud. 12/01/2017, dep.28/04/2017),  n. 10571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 509-2015 proposto da:

S.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato IGOR TURCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE PERRUCCIO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

DEDALO AMBIENTE AG3 S.P.A. IN LIQUIDAZIONE P.I. (OMISSIS), in persona

del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio degli avvocati

PIETRO POZZAGLIA e GABRIELE FRANZA (Studio Legale Franza Pozzaglia),

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIETTA ALONGI CAMMALLERI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 1718/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 08/10/2014 R.G.N. 1389/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2017 dal Consigliere Dott. BRONZINI GIUSEPPE;

udito l’Avvocato LORENZO COLEINE per delega Avvocato PERRUCCIO

SALVATORE;

udito l’Avvocato CALOGERO MASSIMO CAMMALLERI per delega Avvocato

ANTONIETTA ALONGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 553/2012 il Tribunale di Agrigento dichiarava che tra S.A. e la Dedalo Ambiente AG 3 intercorreva un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la decorrenza indicata condannando la detta Dedalo a riammettere in servizio il S.. Il Tribunale rilevava che le parti avevano stipulato un contratto di inserimento dal 24.4.2006 della durata di diciotto mesi ma che l’istruttoria svolta aveva dimostrato che il rapporto era di fatto proseguito oltre il termine fissato per un periodo superiore ai 30 giorni con conseguente trasformazione in contratto a tempo indeterminato D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 5. La Corte di appello di Palermo con sentenza del 25.9.2014 riformava la sentenza di primo grado con il rigetto della domanda del S. accogliendo l’appello della Dedalo Ambiente in liquidazione.

2. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale osservava che la prova espletata non aveva affatto dimostrato che il rapporto fosse proseguito oltre il termine fissato nel contratto di apprendistato avendo numerosi testi solo riferito che il S. si era recato in qualche occasione presso la Dedalo (cfr. i testi B., L., A.) e quindi non poteva dirsi che l’attività svolta, dopo la scadenza del contratto, avesse avuto un carattere continuativo e non meramente saltuario ed occasionale.

3. Per la cassazione propone ricorso il S. con quattro motivi corredati da memoria; resiste controparte con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato ad oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5. Il S. dopo la scadenza del contratto aveva svolto svariate attività sotto la direzione dell’Arch. Lu. come era emerso dalle dichiarazioni di molti testi. Inoltre il ricorrente aveva contribuito alla realizzazione dell’Ecofesta come riferito da alcuni testimoni.

2. Il motivo appare inammissibile in quanto non coerente con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione teemporis, che non consente più di sviluppare censure attinenti la motivazione della sentenza impugnata salvo non sia stato esaminato un ” fatto” determinante: nel caso in esame il ” fatto” e cioè lo svolgimento di attività per conto della società resistente dopo la scadenza del contratto è stata espressamente e dettagliatamente esaminato dalla Corte di appello che ha escluso che si sia trattato di attività avente carattere continuativo e non meramente saltuaria. La Corte ha anche indicato e sintetizzato le dichiarazioni dei testi che escludevano in buona sostanza una prosecuzione di fatto del rapporto con le caratteristiche che aveva in precedenza. Deve anche ricordarsi che il “fatto” di cui si discute ai fini dell’ammissibilità di una censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 è solo quello globalmente inteso e non, certamente, le specifiche dichiarazioni testimoniali o alcune particolari circostanze della vicenda come chiarito sin dal 2014 nella nota sentenza (n. 8053/2014) di questa Corte a Sezioni unite.

3. Con il secondo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Il Giudice di appello non aveva esaminato le osservazioni della difesa del S. sulla falsità ed inattendibilità del teste Lu.. Il Lu. aveva interesse a non far emergere quale Direttore della società resistente la sua responsabilità nella vicenda.

4. Il motivo è inammissibile in quanto non possono essere più proposte censure in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei testi come vizi di motivazione alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per le ragioni prima indicate; in ogni caso in sentenza sono state richiamate le dichiarazioni di molti altri testi per cui non risulta dimostrata neppure la decisività del rilievo sviluppato al motivo.

5. Con il terzo motivo si allega la nullità della sentenza per incoerenza ed illogicità della sentenza: motivazione apparente priva di ratio decidendi.

6. Il motivo è infondato posto che la sentenza impugnata offre una disamina attenta ed esauriente del ” fatto” di cui si discute e cioè se il rapporto tra le parti fosse proseguito o meno dopo la scadenza del contratto che la Corte territoriale esclude sulla base dell’istruttoria già svolta con motivazione congrua e logicamente corretta.

7. Con l’ultimo motivo si allega la nullità della sentenza per violazione dell’art. 11 c.p.c., e dell’art. 83 c.p.c., essendovi difetto di legittimazione attiva sostanziale e processuale: vi era stata una successione ex lege (in virtù di un insieme di provvedimenti della Regione Sicilia) nei rapporti giuridici obbligatori della SRR alla società Dedalo Ambiente con conseguente difetto di legittimazione attiva sostanziale e passiva di quest’ultima.

8. Il motivo appare inammissibile posto che la Corte di appello ha osservato che la società non poteva dirsi estinta posto che non era intervenuta alcuna cancellazione dal registro delle imprese e il suo stato di società in liquidazione non ne escludeva la soggettività giuridica di stare in giudizio e di conferire mandato al difensore; ha anche aggiunto che le vicende circolatorie (in relazione al personale della Dedalo con riferimento alla SRR) riferite dal difensore del S. non concernevano la capacità giuridica della stessa. Ora queste considerazioni non vengono in realtà censurate idoneamente posto che nello stesso motivo si ammette che la Dedalo è ancora esistente; la circostanza per cui il suo personale sarebbe transitato nella SRR riguarda proprio le vicende circolatorie ritenute irrilevanti dalla Corte di appello secondo una ratio decidendi che riguarda la perdurante legittimazione passiva della Dedalo che viene, a ben guardare, non confutata in quanto tale. Lo stesso ricorso peraltro chiede la decisione nel merito evidentemente con le conclusioni originarie e cioè nei confronti della società intimata, ignorando in tal modo proprio gli argomenti sviluppati nell’ultimo motivo.

9. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso: le spese del giudizio di legittimità- liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonchè in Euro 3.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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