Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10570 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 28/04/2017, (ud. 11/01/2017, dep.28/04/2017),  n. 10570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13722-2034 proposto da:

Z.A. C.F. (OMISSIS), S.B. C.F. (OMISSIS),

quest’ultima in proprio e nella qualità di esercente la potestà di

ZA.AL., tutti eredi legittimi di Z.P. deceduto

l'(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE MILIZIE

108, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DE FRANCESCO, che li

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

CANTELMI GROUP S.R.L., (già Gruppo Autotrasporti CANTELMI s.n.c. di

C.C. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. FERRARI 11,

presso lo studio dell’avvocato LUCA LUPIA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CESARE PIRAINO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3594/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA

depositata il 25.05.2013 R.G.N. 806/09;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2017 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA;

udito l’Avvocato GIOVANNI DE FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 25 maggio 2013, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Tivoli, nel resto confermata, accoglieva, limitatamente alla somma di Euro 29.060,77, la domanda proposta da Z.A. e S.B., in qualità di eredi Z.P. nei confronti del Gruppo Autotrasporti Cantelmi s.n.c. di C.C., avente ad oggetto la condanna della Società al pagamento delle differenze retributive maturate a titolo di straordinario prestato continuativamente ed incidenza di tale voce sul TFR.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondate le eccezioni sollevate dalle allora appellate relative all’inammissibilità del gravarne per genericità delle censure ed all’intervenuta preclusione della contestazione in sede d’appello delle conclusioni della CTU per non essere stata questa avanzata in prime cure, ali” irrilevanza della documentazione (c.d. rapportini giornalieri) su cui è fondata la CTU rinnovata in sede di gravame, in quanto proveniente dalla Società e comunque irritualmente prodotta e, così provata, sulla base di tale documentazione, attestante per il periodo successivo al dicembre 2001 lo svolgimento prevalente di una tratta tale da escludere l’impiego dello Z. per 14 ore giornaliere per cinque giorni settimanali, la sancita riduzione degli importi spettanti.

Per la cassazione di tale decisione ricorrono le Signore Z. e S., affidando l’impugnazione a tre motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso, la Società.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, le ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 434, 414 e 342 c.p.c., art. 163 c.p.c., n. 4, art. 164 c.p.c., commi 4 e 5, e art. 24 Cost., lamentano l’erroneità della pronunzia di ammissibilità del ricorso in appello proposto dalla Società, privo a loro dire, dei suoi elementi essenziali.

Con il secondo motivo, denunciando al violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 434, 437 e 346 c.p.c., le ricorrenti imputano alla Corte territoriale di essersi pronunciata su questioni che, in quanto non espressamente devolute al giudice del gravame, dovevano ritenersi coperte dal giudicato e di essere comunque incorsa nel vizio di ultrapetizione per aver statuito su questioni estranee all’originaria domanda.

Il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 99, 112, 113, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2702 c.c., dell’art. 11 del CCNL per il settore Trasporti, e del D.Lgs. n. 234 del 2007, art. 3, nonchè al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, è inteso a censurare la decisione stessa della rinnovazione dell’accertamento istruttorio compiuto dal primo giudice, il riferimento a supporti documentali diversi da quelli considerati dal primo giudice e l’iter logico – argomentativo seguito nell’effettuazione di tale operazione.

L’impugnazione proposta, al di là della sua articolazione sui tre suesposti motivi è complessivamente volta ad addebitare alla Corte territoriale un error in procedendo dato dall’aver riformulato il giudizio sulla domanda svolta dall’odierno ricorrente con il ricorso introduttivo a prescindere dai limiti processuali e sostanziali derivanti dallo svolgimento del processo di prime grado ed, in particolare, superando le carenze di specificità dei motivi di gravame, estendendo, pertanto, il giudizio a questioni che definite in prime cure e non specificamente impugnate sarebbero risultate coperte da giudicato e fondando il proprio giudizio, anche ai fini della rinnovazione della CTU, su materiale istruttorio irritualmente acquisito e privo di valenza probatoria.

Nella sostanza le ricorrenti si dolgono della mancata confutazione del criterio in base al quale il giudice di primo grado sarebbe pervenuto all’accoglimento integrale della domanda originaria, ovvero l’assunzione a parametro di valutazione della fondatezza della domanda medesima del dato relativo al lavoro “effettivo” (cioè al tempo rivelatosi in concreto necessario al compimento del trasporto e delle operazioni ad esso connesse) svolto dall’interessato, dante causa delle ricorrenti, mancata confutazione da cui pretendono fosse derivata in questa sede l’intangibilità del criterio stesso e, pertanto, precluso alla Corte territoriale, anche al di là dell’inammissibilità del gravame, il giudizio viceversa espresso e fondato sul diverso criterio della durata – formale – (cioè del tempo in astratto richiesto per l’esecuzione del trasporto) quale risultante dai “rapportini di viaggio” prodotti dalla Società, da ritenersi, a detta delle ricorrenti, in quanto unilateralmente formati, irrilevanti ai fini probatori.

Così formulata l’impugnazione risulta infondata con riferimento a tutti i tre motivi su cui si articola, che, in quanto, alla luce del rilievo sopra espresso, strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente.

L’ammissibilità del gravame proposto dalla Società, secondo quanto emerge dalla motivazione dell’impugnata sentenza, è stata correttamente valutata in relazione al suo essere diretto a censurare il nucleo centrale della decisione del giudice di prime cure, dato dall’individuazione della durata oraria della prestazione resa, in relazione alla quale è poi stato formulato il quesito al CTU per la determinazione del dovuto a titolo di lavoro straordinario, ed è sotto questo essenziale profilo che la Corte territoriale ha scrutinato l'”impugnazione proposta dalla Società, rilevando la fondatezza della pretesa, ivi argomentata, ad una riduzione della durata oraria della prestazione quale individuata dal giudice di prime cure e, così, l’opportunità della rinnovazione su tale diverso parametro quantitativo della CTU espletata in primo grado, sulla base del suo libero apprezzamento, sorretto sul piano logico e giuridico, non solo dal riferimento alle risultanze dei predetti – rapportini di viaggio-, tempestivamente prodotti in primo grado, non contestati quanto alle attestazioni ivi recate (non potendo, come qui pretenderebbero le ricorrenti, la contestazione dedursi implicitamente dall’ammissione da parte del giudice di primo grado di altri mezzi di prova) ed avvalorati quanto alla loro rilevanza probatoria dalle dichiarazioni della teste P., qui solo genericamente qualificata inattendibile ma, altresì, dall’accertamento, qui non fatto oggetto di alcuna censura, delle differenti modalità di impiego (lo spostamento prevalente su altra e più ridotta tratta) dell’interessato a partire dal dicembre 2001.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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