Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1057 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7783-2019 proposto da:

R.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ACUTO 61, presso

lo studio dell’avvocato CARMELO MONACO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

DE.MO.TER SRL, in persona del legale rappresentate pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAPPELLEITA DELLA GIUSTINIANA

68, presso lo studio dell’avvocato GIANNI CECCARELLI, rappresentata

e difesa dall’avvocato BARTOLOMEO FALCONE;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 184/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 24/1/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Verona, con sentenza n. 141/2018, dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. su istanza di DE.MO.TER. s.r.l.;

2. a seguito del reclamo presentato da R.F., già amministratrice e socia della compagine debitrice, la Corte d’appello di Venezia, fra l’altro, rilevava che la notifica dell’istanza di fallimento era stata eseguita nel rispetto delle prescrizioni previste dall’art. 15 L.Fall. ed osservava che lo stato di insolvenza non era escluso dalla consistenza del patrimonio immobiliare della società, di cui non risultava nè il valore nè la pronta e facile realizzabilità sul mercato;

al contrario la mancanza di disponibilità liquide e la necessità di dismissione di cespiti attivi dimostrava l’incapacità della compagine debitrice di adempiere regolarmente con mezzi normali di pagamento; la Corte di merito rigettava così l’impugnazione presentata, condannando la reclamante alla rifusione delle spese di lite in favore delle parti resistenti;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso R.F. prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso DE.MO.TER. s.r.l.;

l’intimato fallimento di (OMISSIS) s.r.l. non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione ed erronea applicazione di norma di diritto nonchè omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione all’art. 15 L.Fall., comma 3 – negata assunzione di mezzi di prova in violazione dell’art. 18 L.Fall., comma 10”, sostiene che la Corte di merito avrebbe omesso di considerare che con il secondo motivo di reclamo si era inteso censurare non tanto il rispetto delle modalità di notificazione prescritte dall’art. 15 L.Fall., ma piuttosto che la notificazione a mezzo posta elettronica certificata avesse avuto esito positivo;

la Corte di merito avrebbe così negato qualsiasi accertamento istruttorio sull’esito positivo della notificazione, malgrado la curatela fallimentare si fosse limitata a produrre un’attestazione in proposito della cancelleria piuttosto che depositare le ricevute di accettazione e di consegna;

pertanto, la Corte d’appello non avrebbe esaminato un fatto decisivo come la verifica e/o l’acquisizione della prova sull’esito positivo dell’avvenuta notifica via p.e.c. dell’istanza di fallimento e del decreto di comparizione delle parti;

4.2 il secondo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione ed erronea applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli art. 1 L.Fall., commi 2 e 5 – possesso congiunto dei requisiti che escludevano l’assoggettabilità alla procedura fallimentare e difetto dello stato di insolvenza – violazione del diritto di difesa”, assume che la mancata conoscenza della procedura prefallimentare avrebbe impedito alla compagine ricorrente di esercitare compiutamente il proprio il diritto di difesa, dimostrando il possesso congiunto dei requisiti previsti dall’art. 1 L.Fall., comma 2, e di eliminare ogni possibile stato di insolvenza, utilizzando a tale scopo una parte del proprio notevolissimo patrimonio;

5. i motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di correlazione in cui sono stati posti dalla stessa ricorrente, sono, entrambi, manifestamente infondati;

5.1 la Corte di merito non si è limitata a constatare la ritualità della notifica del ricorso introduttivo, in conformità con il disposto dell’art. 15 L.Fall., comma 3, ma ha anche registrato che la stessa era “stata concretamente eseguita con esito positivo” (pag. 4), tenuto conto della “certificazione di cancelleria contenente l’attestazione di avvenuta consegna del plico alla formale intestataria della casella pec” (certificazione giustamente valorizzata dal collegio del reclamo, posto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dei risultati della notificazione a mezzo p.e.c. ben può essere data attestazione, anche postuma, da parte del cancelliere, poichè l’art. 15 L.Fall., comma 3, non prevede particolari modalità al riguardo, nè richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata attestante l’esito negativo dell’invio; si vedano in questo senso Cass. 8014/2017, Cass. 27539/2019);

non è possibile quindi sostenere che la Corte distrettuale abbia omesso di considerare la domanda volta ad accertare il positivo esito della notificazione via p.e.c. (o addirittura ne abbia travisato l’interpretazione) ovvero che non sia stato esaminato il fatto decisivo costituito dall’esito della medesima notifica;

5.2 ne consegue l’infondatezza anche del secondo motivo, giacchè ogni pregiudizio eventualmente subito dalla compagine debitrice risulta ascrivibile alla sua stessa condotta;

invero, la società, in coerenza con il principio di autoresponsabilità, era tenuta a presidiare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata onde poter svolgere ogni attività difensiva resa necessaria da notifiche ritualmente effettuate presso lo stesso;

6. il terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica “omesso esame e motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 5 L.Fall. – getto dello stato di insolvenza”, lamenta che la Corte di merito abbia completamento ignorato la perizia di stima giurata prodotta dalla reclamante all’udienza del 17 gennaio 2019, concentrandosi sulle sole osservazioni del curatore; la Corte di merito non avrebbe così compreso che la produzione era finalizzata a dimostrare l’assenza di uno stato di insolvenza, dato che la società debitrice aveva i mezzi per ottenere la desistenza dell’unico creditore istante e comunque era in grado di procurarseli in ben più larga misura, anche per definire tutte le altre esposizioni;

7. il motivo è inammissibile;

7.1 la censura, innanzitutto, risulta inficiata dalla genericità del suo contenuto: la ricorrente si è limitata a dolersi del mancato esame di una perizia di parte depositata in udienza nel corso del procedimento di reclamo, ma non ha trascritto il contenuto del documento asseritamente trascurato rispetto alla parte oggetto di doglianza, nè ha fatto un sintetico ma completo resoconto del suo contenuto, così come non ha spiegato dove tale documento ora si rinvenirebbe;

il che si traduce in una violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c, comma 1, n. 6, con la conseguente inammissibilità del ricorso presentato (in merito all’autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di riferimento a documenti o atti processuali, i quali non solo devono essere specificamente individuati anche quanto alla loro collocazione, ma altresì devono essere oggetto di integrale trascrizione quanto alle parti che sono oggetto di doglianza ovvero di sintetico ma completo resoconto del contenuto si vedano Cass. 16900/2015, Cass. 4980/2014, Cass. 5478/2018, Cass. 14784/2015 e Cass. 8569/2013);

7.2 la censura, inoltre, è altrettanto generica rispetto alla sua decisività, giacchè nulla allega in merito al contenuto del documento asseritamente trascurato in punto di valore degli immobili e, soprattutto, circa la pronta e facile realizzabilità degli stessi sul mercato; ne consegue (tenuto conto che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento; cfr. Cass. 16812/2018, Cass. 19150/2016) che lo stesso non sarebbe stato idoneo a superare l’osservazione della Corte di merito secondo cui l’esistenza di un cospicuo attivo, ancorchè in ipotesi sufficiente ad assicurare l’integrale soddisfacimento dei creditori, non esclude di per sè la sussistenza dello stato di insolvenza, consistendo quest’ultimo in una situazione di impotenza economica che si realizza allorquando l’imprenditore non è più in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, in quanto sono venute meno le necessarie condizioni di liquidità e credito;

8. il quarto motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione ed erronea applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 18 L.Fall., comma 7, e all’art. 91 e ss. c.p.c. – omessa dichiarazione di tardività della costituzione in giudizio della DE.MO.TER ed illegittima liquidazione delle spese di lite in suo favore”, denuncia l’illegittimità della condanna alle spese di lite pronunciata a discapito della reclamante e in favore di DE.MO.TER, poichè il creditore istante si era costituito in giudizio senza rispettare il termine previsto dall’art. 18 L.Fall., comma 7, e comunque lo stesso giorno dell’udienza, dopo che la stessa si era chiusa e la causa era stata trattenuta in decisione;

9. il motivo è manifestamente infondato;

nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, quale disciplinato dall’art. 18 L.Fall., il termine per la costituzione della parte è perentorio, anche in mancanza di un’espressa dichiarazione normativa, senza che tuttavia il suo mancato rispetto implichi decadenza della parte che vi sia incorsa dal diritto di opporsi al predetto reclamo, potendo dunque essa intervenire nel relativo procedimento con le limitazioni che la tardività determina per la formulazione di determinate difese (v. Cass. 2235/2017, Cass. 12986/2009);

una volta chiarito che il mancato rispetto del termine in questione non aveva provocato alcuna decadenza del creditore istante dal diritto di opporsi al reclamo partecipando al relativo giudizio, occorrerà poi rilevare come il momento della registrazione della comparsa della reclamata da parte della cancelleria non assuma alcuna rilevanza al fine di stabilire se la costituzione sia avvenuta quando il giudizio non era ancora esaurito;

infatti, a mente della L. n. 53 del 1994, art. 3-bis, comma 3, la notificazione di atti del processo civile da parte degli avvocati con modalità telematica si perfeziona per il notificante nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, comma 1, e non al momento dello scarico e del conseguente inserimento all’interno del fascicolo telematico da parte della cancelleria;

10. per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sì dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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