Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1057 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/01/2011, (ud. 28/10/2010, dep. 18/01/2011), n.1057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25560-2009 proposto da:

C.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLE MEDAGLIE D’ORO 201, presso lo studio dell’avvocato

SGADARI STEFANO, che la rappresenta e difende, giusta mandato di

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.P.C. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SOANA 22, presso lo studio legale POMPONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LOCATELLI GIOVANNI MARIA, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2792/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

18.6.09, depositata il 09/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che nulla osserva.

Fatto

RILEVATO

CHE:

C.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione indicata in epigrafe in base a un unico motivo.

Ha resistito l’intimato.

Nominato, ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ., il consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ. ritenendo che il ricorso fosse da rigettare per manifesta infondatezza.

Il resistente ha depositato memoria illustrativa.

Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

OSSERVA:

Vanno ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ. che di seguito si riporta:

“1. M.P.C. conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Roma C.A. per sentire: dichiarare avvenuto in suo favore il trasferimento della proprietà dell’immobile oggetto della scrittura privata autenticata del 1-6- 1986 sottoscritta dalle parti. La convenuta resisteva e, proponendo querela di falso, sosteneva che l’attore aveva proceduto all’abusivo riempimento della predetta scrittura, il tribunale accoglieva la domanda, rigettando la querela di falso; la Corte di appello respingeva il gravame proposto dalla C., ritenendo peraltro provato, in base alle allegazioni della stessa convenuta, l’esistenza di un accordo per il riempimento della scrittura e che, in virtù di tale accordo, il M. aveva proceduto ad integrare la scrittura stessa: pertanto, dichiarava inammissibile la querela di falso.

Ha proposto ricorso per cassazione la C. in base a un unico motivo.

Ha resistito l’intimato:

2.1. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

L’unico motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2702 e 2697 cod. civ., deduce che erroneamente la sentenza aveva ritenuto l’esistenza di un accordo di riempimento posto che essa ricorrente aveva sostenuto l’abusivo riempimento della scrittura, per cui era necessario l’esperimento della querela di falso che pertanto era da considerarsi ammissibile: in ogni caso, la convenuta aveva chiesto, al fine di provare l’abusivo riempimento in ottemperanza agli oneri probatori ad essa incombenti, l’espletamento di una consulenza tecnica merceologica onde dimostrare che, al momento della redazione della scrittura, la stessa si componeva di soli sette righi e che l’ottavo era stato successivamente apposto con inchiostro diverso da quello relativo ai primi sette righi e apparentemente dello stesso colore di quello relativo alla cancellatura apposta al settimo rigo; il M., invece, non aveva dimostrato quanto da lui sostenuto.

Il motivo è infondato.

2.2. In primo luogo, la ricorrente sostanzialmente censura la ricostruzione in fatto compiuto dai Giudici laddove avevano ritenuto provata, alla stregua delle allegazioni della convenuta, l’esistenza di un accordo di riempimento, in base al quale poi il M. avrebbe proceduto ad indicare il prezzo e gli altri dati mancanti nella scrittura de qua: trattasi di un accertamento di fatto che, come tale, è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione che nella specie non è neppure dedotto, considerato comunque che la denuncia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 è configurabile in relazione al contenuto intrinseco del provvedimento impugnato e che non può consistere nella censura dell’apprezzamento ovvero nel travisamento compiuto dal giudice delle risultanze processuali, così come integra un indagine di fatto l’interprelazione della domanda e delle eccezioni, che è censurabile esclusivamente per violazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss cod. civ..

2.3. In ogni caso, la questione relativa all’ammissibilità o meno della querela di falso non è decisiva, posto che – secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità dal quale non vi sono ragioni per discostarsi nè la ricorrente ha indicato argomentazioni che inducano a modificarlo – nel caso in cui sia riconosciuta la sottoscrizione della scrittura prodotta in giudizio, il sottoscrittore che assuma, con querela di falso, che la sottoscrizione sia stata apposta su foglio firmato in bianco ed abusivamente riempito, ha l’onere di provare sia che la firma sia stata apposta su foglio non ancora riempito, sia, che il riempimento sia avvenuto “absque pactis” (Cass. 6167/2009; 16007/2003;

3155/2004).

Comunque, indipendentemente dalla declaratoria di inammissibilità della querela di falso ovvero dall’affermazione della sentenza, secondo cui nella specie si sarebbe versati nell’ipotesi di riempimento contra pacta e non absque pactis, la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare quest’ultima ipotesi; d’altra parte, occorre sottolineare che il tribunale aveva ammesso e rigettato la querela di falso (così decidendo su di essa nel merito), per cui la ricorrente non solo avrebbe dovuto dedurre di avere con i motivi di appello censurato la decisione di primo grado laddove non avrebbe ammesso mezzi istruttori articolati o non avrebbe valutato correttamente gli elementi di prova assunti, ma avrebbe altresì dovuto, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, trascrivere nel ricorso anche il testo delle circostanze capitolate e di quelle riferite dal teste escusso, onde consentire alla Corte di verificarne la decisività. In realtà, la ricorrente sì è limitata ad invocare – e a dedurre di avere invocato con i motivi di appello – la mancata ammissione della consulenza tecnica merceologica che peraltro non avrebbe potuto essere di per sè decisiva, posto che tale mezzo avrebbe eventualmente potuto dimostrare il successivo riempimento ma non pure l’assenza di patti autorizzativi del riempimento che, come si è detto, la medesima aveva l’onere di provare”.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

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