Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10566 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 28/04/2017, (ud. 15/12/2016, dep.28/04/2017),  n. 10566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6546-2011 proposto da:

TELECOM ITALIA MEDIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO SANTORI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avvocati GIANDOMENICO CATALANO, LORELLA

FRASCONA’, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6051/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/10/2010 R.G.N. 8903/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato SANTORI MAURIZIO;

udito l’Avvocato CATALANO GIANDOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

assorbito il resto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma rigettò la domanda proposta da Telcom Italia Media s.p.a. (incorporante la LA 7 Televisioni s.p.a.) nei confronti dell’Inail, volta ad ottenere la restituzione della somma di Euro 763.000 versata in base ad un erroneo inquadramento tariffario, effettuato dall’Istituto assicurativo a decorrere dal 1/7/1988 e fino al giugno 2004, data in cui, a seguito di ispezione e su domanda della stessa società del 21/5/2003, l’Inail aveva proceduto alla riclassificazione dell’attività.

2. La Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 22 ottobre 2010, ha confermato la sentenza, rigettando l’impugnazione proposta dalla società.

5. Contro la sentenza Telecom Italia Media s.p.a. propone ricorso per cassazione fondato su tre motivi, cui resiste con controricorso l’Inail.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società censura la sentenza per violazione e falsa applicazione delle norme del D.M. 18 giugno 1988, in materia di riclassificazione delle posizioni assicurative Inail. Assume la parte che: a) il D.M. non aveva determinato una modifica delle classificazione delle attività ai fini Inail ma aveva solo rideterminato le tariffe; b) la denuncia di esercizio del 15/10/1986 non era idonea a ricondurre l’attività aziendale nella categoria cinematografica; c) il principio applicabile era (ed è) quello dell’effettività dell’attività svolta sicchè, ove la stessa fosse stata diversa rispetto a quella emergente dalla dichiarazione d’esercizio originaria, doveva procedersi alla sua correzione, con il conseguente ricalcolo dei contributi ed eventualmente la ripetizione dell’indebito; d) la classificazione prevista al n. 611 della tabella approvata dal D.M. 18 giugno 1988, riguardante la “industria cinematografica e discografica. Radiotelevisione” non rispondeva all’effettiva attività, diretta esclusivamente alla “raccolta dati, notizie e informazioni nell’ambito dello spettacolo, politica, sport, cultura per collaborazione con case editrici giornali periodici ed emittenti radiofoniche o televisive”, del tutto diversa dall’attività cinematografica. Con lo stesso motivo la parte denuncia che a) la rettifica del 1988 non le era mai stata comunicata dall’Inail e la raccomandata del 23/12/1988 non valeva a tal fine, in quanto priva di motivazione ed illegittima; b) vi era violazione della L. 9 marzo 1989, n. 88, a norma della quale la classificazione dei datori di lavoro disposta dall’Inps ha effetto a tutti i fini previdenziali e assistenziali e l’Inps aveva da sempre inserito la attività svolta da essa ricorrente tra le produzioni televisive, sicchè quanto meno dal 1997 (in base alla disciplina transitoria) l’Inail avrebbe dovuto procedere alla rettifica della classificazione.

2. Il secondo motivo ha invece ad oggetto l’omessa e insufficiente motivazione e si censura la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale non ha attribuito valore decisivo al riferimento, contenuto nella denuncia originaria di esercizio, alle “riprese televisive”, del tutto diverse da quelle cinematografiche. La censura investe anche la valutazione data dalla Corte territoriale al verbale del 18/6/2004 redatto dall’ispettore Inail ed il cui accertamento aveva riguardato anche l’attività svolta dalla società HMC produzione S.r.l., cui era poi subentrata la LA 7 Televisioni.

3. Il terzo motivo ha ad oggetto la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, con riguardo agli artt. 2033 e 2946 c.c. e lamenta la mancata considerazione quale riconoscimento di debito alla lettera dell’Inail del 19/10/2004, posta a base della domanda di ripetizione dell’indebito.

4. Il primo motivo è infondato.

I fatti posti dai giudici di merito a sostegno della decisione oggi impugnata non sono contestati, ma è opportuno riepilogarli.

4.1. La denuncia di esercizio presentata all’Inail in data 15/10/1986 dalla originaria società (HMCP già GMC News di R.L. De Paiva Pereira s.a.s., cui poi è succeduta l’odierna ricorrente) indicava nella descrizione dell’attività la “raccolta dati, notizie e informazioni nell’ambito dello spettacolo politica sport cultura per collaborazioni con case editrici giornali periodici ed emittenti radiofoniche e televisive” (punto 9), e nei cicli di operazioni riportava l’espressione “riprese televisive”, con l’indicazione di un solo operatore e di un’unica cinepresa.

4.2. In base a tale denuncia, l’attività fu inquadrata, ai sensi della tariffa all’epoca vigente (D.M. 10 dicembre 1971), nella categoria n. 630 relativa alle produzioni radiotelevisive. In seguito all’introduzione delle nuove tariffe del 1/7/1988, l’Inail applicò la voce n. 611, che include “produzione di films, cortometraggi e inserti pubblicitari anche ad uso di televisione: teatri di posa; noleggio dei mezzi tecnici”. Tale nuova classificazione fu comunicata alla società il 23/12/1988 che pagò i premi senza sollevare contestazioni.

4.4. In data 21/5/2003 la società presentò istanza di riclassificazione, chiedendo l’inquadramento dell’attività nella tariffa 0530, già 0630, stante l’erroneità della tariffa da ultimo applicata (0511, già 0611) e richiese, con lettera del 7/5/2004, la restituzione dei maggiori importi versati dal luglio del 1988.

4.4. A seguito di successiva ispezione, svoltasi nel giugno del 2004 si rilevò che l’attività svolta era quella di “produzione diretta e indiretta dei programmi televisivi relativi all’informazione e all’approfondimento giornalistico (cronaca, sport, cultura, economia, eccetera) e dei programmi di approfondimento televisivo”. Non è contestato che a tale data l’attività della società era cessata con chiusura della posizione assicurativa nel 2002 e ad essa era subentrata la società La 7, alla quale era stata applicata la nuova tariffa approvata con D.M. 12 dicembre 2000 a far tempo dal giorno successivo alla richiesta.

5. E’ opportuno premettere che per giurisprudenza di questa Corte i decreti ministeriali con i quali, ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 40 si approva la tariffa dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali nel settore industriale e si determinano le relative modalità di applicazione, hanno natura di regolamenti delegati. Come tali sono atti di normazione secondaria, dotati di rilevanza esterna, suscettibili di ricorso in cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè di esame diretto e di interpretazione da parte della Corte di legittimità (Cass. 5/8/2005, n. 16547; Cass. 15/7/2010, n. 16586), con applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. gen. (Cass. 5/10/2007, n. 20898; Cass. 5/6/2012, n. 9034).

5.1. Nella specie, tuttavia, non sussiste la denunciata violazione. E’ corretta la condotta dell’INAIL che, in sede di prima classificazione e sulla base della denuncia del 1986, ha ricondotto l’attività aziendale della società denunciante nella voce n. 630, relativo alle produzioni televisive. Su ciò sembra concordi anche la società ricorrente (pag. 2 del ricorso, in cui definisce corretta e coerente con la denuncia l’applicazione della voce n. 630). E’ altresì incontestato che la tariffa all’epoca vigente non prevedeva altra distinzione, mentre la voce 0611 riguardava l’industria cinematografica e i teatri di posa.

5.2. Il successivo D.M. del 18 giugno 1988, di approvazione delle nuove tariffe, ha modificato la precedente classificazione, rendendola più specifica e aderente agli sviluppi tecnologici e commerciali nel frattempo intervenuti,

ed ha inserito nel grande gruppo 10 (intitolato “Varie”) il n. 0600, riguardante l’industria cinematografica e discografica e la radiotelevisione. Il gruppo 0600 è poi diviso in tre sottogruppi: il primo, contempla i numeri 0610 (industria cinematografica), 0611 (produzione di film, cortometraggi e inserti pubblicitari anche ad uso di televisione), 0612 (stabilimenti di sviluppo e stampa di pellicole cinematografiche) e 0613 (stabilimenti di doppiaggio, sincronizzazione e registrazione sonora; case di distribuzione dei film). Gli altri due sottogruppi riguardano, il n. 620, l’industria discografica e, il n. 630, le produzioni radiotelevisive. Quest’ultima voce rinvia al n. 611 per la produzione di film, cortometraggi e inserti pubblicitari.

5.3. A seguito di questa più specifica organizzazione delle voci, l’Istituto assicuratore ha provveduto a classificare l’attività come denunciata dalla stessa ricorrente nella voce 0600, con determinazione del tasso di rischio previsto per il sottogruppo 0611, che include come si è visto anche la produzione di inserti pubblicitari ad uso di televisione.

5.4. Non si è trattato pertanto di una rettifica della precedente classificazione, in quanto errata, ma semplicemente della necessità di adeguare l’attività come denunciata già nel 1986 alla nuova classificazione tariffaria approvata con il D.M. 18 giugno 1988, la quale, come è stato già ritenuto da questa Corte, non costituisce altro che l’aggiornamento della precedente in un rapporto di continuità tra le tariffe precedenti e successive, alla stregua di quanto previsto dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 40 (Cass. 5/6/2012, n. 9034).

6. Il richiamo al D.M. 18 giugno 1988, art. 13 fatto dalla difesa della ricorrente si rivela dunque inappropriato, giacchè questa norma riguarda la diversa ipotesi in cui l’Inali – accertata, nell’ambito dei suoi poteri ed in qualsiasi momento, l’erroneità della classificazione e della relativa tassazione applicate – procede alle necessarie rettifiche.

La norma applicabile all’ipotesi in esame è piuttosto l’art. 25 D.M., il quale prevede che per le posizioni assicurative in corso alla data del 1 luglio 1988, l’Inail comunica al datore di lavoro a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, la classificazione adottata per i lavori denunciati e il relativo tasso medio. Comunicazione che l’istituto previdenziale ha puntualmente fatto e che, per espresso disposto normativo, non necessita di essere motivata (Cfr. Cass. 29/8/2003, n. 12686; v. pure Cass. n. 9034/2012). Sotto tale profilo, non sussiste alcuna violazione di legge.

7. E’ altresì infondato il secondo motivo di ricorso. La Corte ha motivato adeguatamente e senza errori logici sul tipo di attività svolta dalla società ricorrente, come descritta nella denuncia originaria, e sulla sua riconducibilità alla categoria attribuita dall’Inail.

7.1. L’errore di inquadramento non può essere desunto dalla circostanza che la ricorrente disponeva di un solo operatore e di un’unica cinepresa, laddove la produzione di film, idonea ad inserire l’attività nella categoria cinematografica, richiede notoriamente ben altro personale e dotazioni. Ciò per due ragioni: in primo luogo, sotto un profilo formale, perchè la voce 0600 di cui alla tariffa approvata con D.M. 30 giugno 1988 contempla, come si è visto, oltre alla industria cinematografica (e discografica) anche quella radiotelevisiva, sicchè l’inserimento risponde al dato testuale della disposizione; in secondo luogo, sotto un profilo sostanziale, perchè i cicli di lavorazione indicati dalla stessa società (“riprese televisive”) non evidenziano differenze con l’attività indicata nel sottogruppo, che prevede la produzione di inserti pubblicitari anche ad uso di televisione. E, in mancanza di altri elementi testuali, la congiunzione “anche” non può che avere valore aggiuntivo, senza ordine di graduazione tra un’attività principale ed una secondaria, come sembra sostenere la ricorrente che invece le attribuisce il valore di “non principalmente”.

7.1. La riprova della correttezza dell’inquadramento operato sta nel rilievo che il sottogruppo 0630, riguardante come si è detto espressamente le “produzioni radiotelevisive”, rinvia al n. 4130 per il personale delle stazioni di trasmissione, inserita nel grande gruppo 4 (relativo all’elettricità, gas e liquidi combustibili, acqua, freddo, calore energia nucleare), – ossia ad attività di esercizio e manutenzione di impianti energetici, del tutto distinta dall’attività di produzione televisiva svolta dalla HMC Produzioni s.r.l., e dalle società che si sono poi succedute -, mentre la stessa voce 0630 rimanda alla voce 0611 per la produzione di film, cortometraggi e inserti pubblicitari, ossia esattamente quella applicata nel caso concreto. In definitiva, la classificazione compiuta dall’Inail risponde al tipo di attività esercitata desunta dall’analisi tecnica delle operazioni fondamentali che compongono la lavorazione.

8. Al riguardo, priva di rilievo ai fini della presente controversia è la questione della unificazione dei criteri di classificazione e di inquadramento previsti dalla L. n. 88 del 1989. Essa, oltre ad essere nuova (dal momento che non ve n’è cenno nella sentenza impugnata e la parte non ha indicato in quale sede processuale e con quale atto essa sarebbe stata sottoposta ai giudici di merito), non incide nella determinazione delle singole classi tariffarie, le quali sono specifiche dell’assicurazione Inail riguardando il rischio infortunistico connesso alle singole lavorazioni.

8.1. Infine, non si riscontra alcun vizio motivazionale con riguardo al verbale ispettivo del 18/6/2004, di cui la Corte romana ha dato atto rilevando che l’ispezione era stata eseguita successivamente al passaggio in capo alla società La 7 della titolarità della posizione assicurativa e che la valutazione compiuta dall’ispettore era limitata alle attività di questa società, non anche della precedente. La parte si limita ad opporre a tale lettura del documento una sua diversa interpretazione, senza tuttavia indicare quale criterio ermeneutico sarebbe stato violato e, soprattutto, senza depositare l’atto con il ricorso per cassazione nè fornire elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali.

In tal modo, la parte non ha assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti (Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726).

9. Infine, è infondato il terzo motivo di ricorso. Non si ravvisa la violazione di legge giacchè il diritto alla ripetizione dell’indebito suppone l’erroneità della classificazione che, invece, è esclusa. Quanto al vizio motivazionale, il giudizio espresso dalla Corte territoriale sulla mancanza di una ricognizione di debito, che invece la ricorrente ravvisa nella lettera dell’Inail del 19/10/2004, con cui si quantificava l’accredito contributivo in relazione alla diversa classificazione, non si presta ad alcuna censura avendo la Corte ritenuto che essa conteneva una mera simulazione contabile inidonea a manifestare la volontà di riconoscere la persistenza del debito. Tale valutazione, non adeguatamente censurata sotto il profilo della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, è sorretta da adeguata motivazione ed immune da vizi logici ed errori di diritto, sicchè essa è insindacabile in sede di legittimità (Cass. 6/03/2015, n. 4605).

10. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato e la società deve essere condannata al pagamento delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 7,200,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre al 15% per spese generali e altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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