Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10565 del 20/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10565 Anno 2016
Presidente: DOGLIOTTI MASSIMO
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso 22601-2013 proposto da:
AIACE SRL 01900840610, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA 7, presso lo
studio dell’avvocato PASQUALE IANNUCCILLI, che la rappresenta
e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente nonché contro
FALLIMENTO ENERTRADE SRL;

29-44 2P11

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA
ViliTERE del 10/07/2013, depositato il 18/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA
SCAl DAF11′,RRI;

Data pubblicazione: 20/05/2016

udito l’Avvocato LARA LUNARI, giusta delega allegata al verbale
dell’Avvocato I ANNUCCILLI, difensore del ricorrente, che si riporta
agli atti.

In fatto e in diritto

seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati,
rilevato che Aiace s.r.1., con atto notificato il 2 ottobre 2013, ha
proposto ricorso per cassazione del decreto, depositato il 18 luglio
2013, con il quale il Tribunale di S.Maria Capua Vetere ha rigettato
l’opposizione allo stato passivo del Fallimento Enertrade s.r.l. da essa
proposta per l’ammissione del credito da essa determinato in €
240.000,00 corrispondente alle tre rate residue, non versate dalla fallita
promissaria acquirente, della caparra confirmatoria pattuita in un
contratto preliminare di compravendita di un immobile concluso dalle
parti;
che l’intimata Curatela non ha svolto difese;
considerato che nel decreto impugnato il tribunale, premesso che il
patto avente ad oggetto il riconoscimento di una caparra confirmatoria
si perfeziona con la traditio rei, ha osservato che, per le rate non versate
dalla promissaria acquirente, il patto stesso è improduttivo di effetti, sì
che il diritto azionato con l’istanza dalla prominente venditrice Aiace
non sussiste; e che d’altra parte la domanda di ammissione del credito
al risarcimento del danno da inadempimento non è stata formulata
nella istanza di ammissione, bensì solo nel ricorso in opposizione;
che la ricorrente censura, sotto il profilo della violazione dell’art.112
cod.proc.civ. e sotto quello del vizio di motivazione, questa seconda
ratio decidendi, sostenendo che il giudice di merito ha equivocato il
contenuto della sua istanza di ammissione, ove in effetti era stato
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1. E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata, la

chiesto il ristoro dei danni e solo quantificato il relativo importo in
misura corrispondente alle tre rate residue non versate della caparra
pattuita;
ritenuto che, in base all’orientamento più recente di questa Corte di
legittimità (cfr.ex multis S.U.n.8077/12), quando col ricorso per

procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel
compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale
rigorosamente prescritto dal legislatore, il giudice di legittimità non
deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità
della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione
ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i
documenti sui quali il ricorso si fonda, a condizione che la censura sia
stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al
riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità
alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369,
secondo comma, n. 4, cod, proc. civ.);
che, nella specie, tale condizione non pare sussistere;
che invero il ricorrente non ha provveduto, a norma dell’art.369
comma Il n.4 cod.proc.civ., a depositare con il ricorso copia della
propria istanza di ammissione allo stato passivo, e, quanto alla distinta
prescrizione posta dall’art.366 comma primo n.6, non ha trascritto
integralmente in ricorso il contenuto della propria istanza, bensì solo
una parte -che peraltro appare priva di specifici riferimenti ad una
domanda di risarcimento danni da inadempimento-, né ha indicato la
collocazione della stessa negli atti;
che dunque, in applicazione del richiamato orientamento, pare doversi
ritenere inammissibile la doglianza relativa alla motivazione, ed
altrettanto quella relativa alla violazione dell’art.112 cod.proc.civ. non
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cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del

avendo il ricorrente posto la Corte in condizione di verificare la
sussistenza del lamentato vizio in procedendo;
per questi motivi ritiene che il ricorso può essere trattato in camera di
consiglio a norma dell’art.380 bis per ivi, qualora il collegio condivida i
rilievi che precedono, essere dichiarato inammissibile.”

depositata dalla difesa della ricorrente e sentito il difensore, condivide
integralmente le considerazioni esposte nella relazione, che non ritiene
superate dalla replica di parte ricorrente. In un giudizio di
impugnazione diretto a sostenere che il giudice di merito avrebbe male
interpretato l’oggetto della richiesta espressa nella propria istanza di
ammissione al passivo dalla ricorrente, quest’ultima non adempie,
innanzitutto, all’onere posto a suo carico dall’art.366 n.6 cod.proc.civ.
limitandosi a trascrivere una parte dell’istanza, nella quale non si fa
riferimento ad una richiesta di liquidazione del danno, ed a sostenere
genericamente che “una lettura complessiva” dell’atto condurrebbe ad
una diversa interpretazione. Una siffatta prospettazione non consente
infatti di soddisfare l’esigenza —sottesa alla norma richiamata- di
consentire alla corte di desumere dal contesto del ricorso una
conoscenza del fatto sostanziale e processuale, sufficiente per
intendere correttamente il significato e la portata delle critiche rivolte
alla pronuncia oggetto di impugnazione, al fine di permettere al giudice
di legittimità la valutazione della fondatezza di tali ragioni sulla base
delle deduzioni contenute nell’atto (ex plurimis: Cass. n.14783/15;
n.14541/14; n.4782/12; n, 16315/07), prima di procedere alle verifiche
imposte dalla natura del vizio denunciato.
La declaratoria della inammissibilità del ricorso si impone dunque.
Non si provvede in ordine alle spese di questo giudizio l non avendo
l’intimata svolto difese.
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2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, letta la memoria

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Dà inoltre atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R.n.115/2002,
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2016
Il presidI
ent .

quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso

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