Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10564 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 30/04/2010), n.10564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MARINUCCI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

RIVA e MARIANI GROUP S.p.A., con sede in

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), nella persona del proprio legale

rappresentante pro tempore Sig. F.P., Presidente del

C.d.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Zambiano Pietro e

Francesco Macaluso del Foro di Milano, elettivamente domiciliata in

Roma nella via L. Lilio n. 65 nello studio degli Avv.ti Paolo De

Berardinis e Vincenzo Mozzi;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 88/6/06, pronunciata dalla Commissione

Tributaria Regionale di Milano, Sez. 06, il 29 settembre 2006,

depositata il 27 novembre 2006 e notificata all’Agenzia della

Entrate, Ufficio Milano (OMISSIS), in data 7 febbraio 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2010 dal Relatore Cons. Dott. Marinucci Giuseppe;

udito, per la ricorrente Agenzia, l’Avv. Alessia Urbani Neri che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la resistente società, l’Avv. Macaluso Francesco che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De

Nunzio Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di un verbale di accertamento congiunto, redatto in data 28.02.2002 dai funzionari dell’INPS e dell’INAIL di Caltanissetta, l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Milano (OMISSIS), con avviso notificato il 29 dicembre 2004, accertava, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis nei confronti della Riva & Mariani Group S.p.A., per l’anno di imposta 1999, l’omesso versamento di ritenute alla fonte D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 23 in relazione a maggiori retribuzioni non dichiarate, per il complessivo importo di Euro 46.997,06, oltre sanzioni ed interessi.

Avverso tale avviso di accertamento, la società contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, deducendo carenza di motivazione e mancanza di prova della pretesa erariale. La Commissione adita, con la sentenza 276/03/2005, accoglieva il ricorso della società contribuente. Avverso tale decisione, l’Ufficio proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Milano che, con la sentenza n. 88/6/06, pronunciata il 29 settembre 2006 e depositata il 27 novembre 2006, lo rigettava, sul presupposto che l’Ufficio avrebbe acriticamente recepito dati raccolti da organi non fiscali.

Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione sorretto da tre motivi. L’intimata società contribuente resisteva con controricorso, corroborato da memoria ex art. 378 c.p.c.. Inoltre, ha presentato copia autentica della sentenza della Commissione Regionale di Milano, Sezione 24, n. 33/24/07 del 13.03.2007, depositata il 26.09.2007 e resa esecutiva il 12 novembre 2007; detta sentenza attiene al secondo giudizio di appello promosso dall’Agenzia delle Entrate di Milano, Ufficio (OMISSIS), contro la stessa Riva e Mariani Group S.p.A. per l’anno 2000.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In primo luogo, si deve esaminare l’eccezione di giudicato esterno formulata dalla società resistente con la produzione in giudizio, ex art. 372 c.p.c., della citata sentenza n. 33/24/07, avente oggetto il giudizio di appello, promosso dall’Agenzia delle Entrate di Milano, Ufficio (OMISSIS), contro la stessa Riva e Mariani Group S.p.A. per l’anno 2000.

La sentenza si sostanzia in valutazioni di circostanze di fatto, connotate unicamente da elementi fattuali ed avulsa da qualsivoglia considerazione in punto di diritto che possa rendere applicabile la categoria del giudicato esterno, così come connotata da questa Corte (ex multis, S.U. Cass. 13916/06).

Con il primo motivo del ricorso, l’Agenzia ha lamentato “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4; dell’art. 118 disp. att. c.p.c. nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4)”. In forza di quanto stabilito dalla normativa in epigrafe, la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa e l’estrema concisione della motivazione in diritto determinerebbero la nullità della sentenza del giudice tributario, allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni a fondamento del dispositivo.

Nel caso di specie, la scarna affermazione integrante la motivazione della sentenza risulterebbe, in sè considerata, totalmente incomprensibile nella sua genericità, proprio perchè del tutto disancorata dai singoli rilievi dell’Ufficio.

Pertanto, si sottopone all’Ecc.ma Corte di Cassazione il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.: “dica la S.C. se, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 6, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. nonchè dell’art. 1, comma 2, e art. 36, sentenza che non contiene l’esposizione dei fatti rilevanti della causa (fondamento della pretesa tributaria concretatasi nell’atto impugnato e deduzioni in fatto ed in diritto delle parti) e la cui motivazione si esaurisca in un’affermazione del tutto generica, priva di qualsivoglia riferimento ai singoli rilievi operati dall’Ufficio”.

Il ricorso merita accoglimento.

La sentenza impugnata si sostanzia nelle seguenti proposizioni:

“l’avere, però, recepito acriticamente tutti i dati che sono stati raccolti (…) non può costituire operazione condivisibile, dovendosi ritenere tali dati meri indizi raccolti da organi non fiscali”. E’ giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non vi è motivo, qui, per discostarsi che il principio desumibile dalle norme di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. – secondo il quale la mancata esposizione in sentenza dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza, allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo – è applicabile anche al nuovo rito tributario, sì come disciplinato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, in forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nell’art. 1 comma 2 del cit. decreto (Cass. 1944/01).

In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 – secondo cui la sentenza deve contenere, fra l’altro, la “concisa esposizione dello svolgimento del processo” e “la succinta esposizione dei motivi di fatto e di diritto” – nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c. (sicuramente applicabile al rito tributario in forza del generale rinvio operato dall’art. 1, comma 2, del citato decreto delegato), la mancata esposizione in sentenza dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa e l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza, allorchè rendono impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo. Non adempie, inoltre, il dovere di motivazione il giudice del gravame che si richiami per relationem alla sentenza impugnata, di cui condivida le argomentazioni, senza dar conto di aver valutato criticamente sia il provvedimento censurato, sia le censure proposte (ex multis, Cass. 3547/02).

Con il secondo motivo, l’odierna ricorrente ha denunciato “omessa o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.

La commissione di appello avrebbe del tutto omesso di prendere in considerazione le deduzioni dell’Ufficio, non pronunciandosi, quindi, sulla valenza probatoria da attribuirsi ai cosiddetti rapportini di presenza e all’abnorme consumo di acqua minerale rilevato dai verificatori INPS ed INAIL presso lo stabilimento di (OMISSIS); elementi probatori, questi, che, se debitamente valutati dalla commissione d’appello, avrebbero condotto all’accoglimento delle ragioni erariali, ove si consideri che i predetti rapportini di presenza avrebbero natura di confessione stragiudiziale resa ad un terzo (l’Agip S.p.A., impresa appaltante), ex art. 2735 c.c. e, come tali, essi, unitamente al dato dell’abnorme consumo di acqua minerale, avrebbero dato corpo alle presunzioni gravi, precise e concordanti, ex art. 2729 c.c., a sostegno della pretesa fiscale. Del pari carente sarebbe la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ometterebbe di pronunciarsi sulla questione della natura da attribuirsi, ai fini fiscali, alle somme corrisposte dalla società a due dipendenti: vale a dire, se fossero da considerarsi un’indennità di trasferimento o di trasferta. Infine, con il terzo motivo, l’Agenzia ha dedotto la “violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis e dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

I giudici di seconde cure avrebbero confermato la sentenza della C.T.P. sul presupposto dell’acritica ricezione di dati raccolti da organi non fiscali. Così decidendo, la C.T.R. avrebbe omesso di considerare che l’atto impositivo impugnato sarebbe consistito in un avviso di accertamento parziale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis che avrebbe facoltà di essere emesso, tra le altre ipotesi, proprio sulla base delle segnalazioni effettuate da pubbliche amministrazioni o enti pubblici.

Nel novero delle segnalazioni qualificate, a cui farebbe riferimento la norma, rientrerebbe anche il suddetto “verbale di accertamento in vigilanza congiunta INPS/INAIL di Caltanissetta”, il quale, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., costituirebbe, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis e dell’art. 2697 c.c. una prova documentale pienamente idonea a sostenere la pretesa erariale.

Pertanto, si sottopone all’Ecc.ma Corte di Cassazione il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.: “dica la S.C. se il verbale di accertamento in vigilanza congiunta INPS/INAIL di Caltanissetta in data 28 febbraio 2002 sia annoverabile tra le “segnalazioni effettuate (…) da pubbliche amministrazioni o enti pubblici” idonee a consentire l’emissione di avviso di accertamento parziale ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis e dell’art. 2697 c.c.”.

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento dei rimanenti.

Consegue l’accoglimento del primo motivo del ricorso, l’assorbimento dei rimanenti, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della C.T.R. Lombardia.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i rimanenti. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della C.T.R. Lombardia.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

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