Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10564 del 20/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10564 Anno 2016
Presidente: DOGLIOTTI MASSIMO
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso 3748-2015 proposto da:
NAKANO YOKO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GIACOMO BONI 15, presso lo studio dell’avvocato ELENA
SAMBATARO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI
LENTINI, giusta mandato in calce al ricorso;
– ricorrente –

contro
BANCA POPOLARE SOCIETÀ’ COOPERATIVA, in persona del
Presidente del Consiglio di Gestione e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIAVE 52, presso
lo studio dell’avvocato RENATO CARCIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato M A URIZIO DI 131 .NI h, D 1 .”1 TO, giwta procura
-.

margine del controricorso;
– controricorrente –

a.

Data pubblicazione: 20/05/2016

nonchè contro
BANCA POPOLARE DI LODI SPA;

intimata

avverso la sentenza n. 453/2014 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA
S CALDAFERRI;

In fatto e in diritto
1. E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata, la
seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati,
rilevato che loko Nakano ha proposto ricorso per cassazione della
sentenza, depositata il 19 marzo 2014, con la quale la Corte d’appello
di Palermo ha, in riforma della sentenza di primo grado impugnata da
Banco Popolare società cooperativa, rigettato la domanda, proposta
dalla odierna ricorrente, di risarcimento danni da risoluzione del
contratto di mutuo e revoca degli affidamenti in violazione dei canoni
di correttezza e buona fede;
che Banco Popolare società cooperativa resiste con controricorso;
considerato che la Corte distrettuale ha riformato la sentenza con la
quale il Tribunale di Agrigento aveva ritenuto Banco Popolare
responsabile, nella misura del 50%, del danno derivato a Ioko Nakano
dalla cessazione della sua attività commerciale, per l’assorbente motivo
che -al contrario di quanto affermato dal Tribunale- non ha ritenuto
sussistente il necessario nesso di causalità tra la revoca degli
affidamenti e la cessazione dell’attività anzidetta;

Ric. 2015 n. 03748 sez. M1 – ud. 12-02-2016
-2-

PALERMO de131/01/2014, depositata il 19/03/2014;

che con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza
per

violazione

degli

artt.

115,

169

cod.proc •ci v

77

disp.att.cod.proc.civ. e dell’art.111 Cost.: lamenta che la corte
distrettuale, evidenziando che il fascicolo di primo grado di essa
appellata non era stato prodotto agli atti, avrebbe omesso di

ritiro del fascicolo di parte stesso, né nel fascicolo di ufficio di primo
grado né in quello di appello, il che —secondo la giurisprudenza di
questa corte di legittimità- avrebbe imposto di disporre opportune
ricerche tramite Cancelleria e in caso di esito negativo di concedere ad
essa appellata un termine per la ricostruzione del proprio fascicolo di
parte, e soltanto ove tale termine fosse scaduto infruttuosamente la
corte distrettuale avrebbe potuto pronunciare nel merito senza
considerare i documenti precedentemente prodotti dalla parte stessa,
senz’altro decisivi per giungere ad un convincimento opposto a quello
espresso nella sentenza di appello;
che con il secondo, connesso, motivo la ricorrente denuncia il vizio di
cui all’art.360 comma 1 n.5 cod.proc.civ., lamentando che la corte
territoriale abbia, in conseguenza della violazione che precede, omesso
di esaminare un punto decisivo, cioè il rapporto causale tra la condotta
in mala fede della banca ed il danno lamentato, rapporto che i
documenti contenuti nel fascicolo di parte (segnatamente una lettera
inviata da una fornitrice che, a seguito della revoca dei fidi e del
pignoramento subiti dalla Nakano, aveva richiesto il pagamento
immediato della merce e l’azzeramento del rapporto commerciale) e gli
atti del giudizio di primo grado (in particolare la comparsa di
costituzione di uno dei difensori della Nakano, che avrebbe tra l’altro
evidenziato la pretesa di interessi usurari da parte della banca, che
sarebbe stata peraltro confermata dal c.t.u. nominato in primo grado)
Ric. 2015 n. 03748 sez. M1 – ud. 12-02-2016
-3-

considerare che nella fattispecie non vi era alcuna annotazione del

avrebbero senz’altro consentito di verificare, in uno con il danno in sé
derivante dagli interessi usurari riscossi;
che con il terzo motivo la ricorrente lamenta, sotto il profilo della
violazione dell’art.1375 e dell’art.2043 cod.civ., che non si sia tenuto
conto della violazione del principio solidaristico di eseguire il contratto

ritenuto che il primo motivo sia privo di fondamento, atteso che la
mancata annotazione del ritiro del fascicolo di parte di primo grado
avrebbe la rilevanza indicata in ricorso solo ove risultasse che tale
fascicolo fosse stato regolarmente depositato dall’appellata al momento
della sua costituzione nel giudizio di secondo grado, come previsto
dagli artt.165 comma 1 e 166 cod.proc.civ., applicabili anche al giudizio
di appello a norma dell’art.347 cod.proc.civ. (ex multis: Cass.n.78/07;
S.U.n.3033/13): di tale deposito, tuttavia, nel ricorso nulla si dice, sì
che, in difetto di allegazione e prova dell’assolvimento di tale onere, la
nullità denunciata non pare sussistere;
che anche il secondo motivo appare infondato, sia perché l’omesso
esame da parte della corte distrettuale dei documenti prodotti dalla
odierna ricorrente in primo grado dovrebbe, per quanto detto,
imputarsi alla omissione della ricorrente, sia perché la corte stessa non
pare aver mancato di giustificare sotto più profili il suo convincimento
in ordine alla mancanza di prova del contestato nesso di causalità,
esaminando tra l’altro anche il contenuto –come evidenziato dalla
stessa Nakano- della citata lettera della fornitrice, che ha giudicato
inidoneo, nella situazione già in atto da tempo di difficoltà della
impresa gestita dalla Nakano, a fornire la prova necessaria, senza che il
ricorso appaia fornire sul punto indicazioni specifiche in senso
contrario, né in ordine ad ulteriori fatti decisivi e controversi che non
siano stati esaminati nella sentenza (il riferimento al pagamento di
Ric. 2015 n. 03748 sez. M1 – ud. 12-02-2016
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secondo buona fede;

interessi usurari appare del tutto generico, non risultando né come tale
circostanza sia stata ricompresa dalla Nakano nella citazione
introduttiva del giudizio di primo grado tra i fatti costituenti la causa

petendi del chiesto risarcimento, né se e come fosse stata in tal senso
considerata dal giudice di primo grado ed eventualmente riproposta

che il terzo motivo appare inammissibile, per difetto di interesse,
involgendo una questione rettamente ritenuta dalla corte distrettuale
assorbita nella statuizione relativa alla mancanza del nesso di casualità,
idonea a sostenere autonomamente la decisione di rigetto qui
impugnata;
ritiene pertanto che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio
a norma dell’art.380 bis cod.proc.civ. per ivi, qualora il collegio
condivida i rilievi che precedono, essere rigettato.”
2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, letta la memoria
depositata dalla ricorrente, condivide integralmente le considerazioni
esposte nella relazione, non superate dalle repliche contenute nella
memoria atteso che: a)il fatto processuale cui il ricorrente riferisce un
vizio in procedendo deve, in base alla relativa indicazione contenuta in
ricorso, giustificare la denuncia del vizio, non potendo il giudice di
legittimità supplire alle carenze di detta indicazione facendo ricorso
all’esame diretto degli atti, che ha la funzione di verificare un vizio
correttamente denunciato (cfr.ex multis Cass.S.U.n.8077/12);
b)inapprezzabile per la sua genericità è l’affermazione che la
riscossione da parte della banca di interessi usurari costituisca “un fatto

acquisito alla causa”.
Il rigetto del ricorso mpone dunque, con la conseguente condanna
della ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano come in
dispositivo.
Ric. 2015 n. 03748 sez. MI – ud. 12-02-2016
-5-

dalla medesima in appello ex art.346 cod.proc.civ.);

.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in
favore della parte resistente delle spese di questo giudizio, in 4.100,00
(di cui € 100,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di
legge.

della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2016
reside

Dà inoltre atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R.n.115/2002,

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