Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10563 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/04/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano P. – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1446-2016 proposto da:

V.F., già titolare dell’omonima ditta individuale,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 35, presso lo

studio dell’avvocato MICHELA ANTINUCCI, rappresentato e difeso

dall’avvocato SIMONE ZANI;

– ricorrente –

contro

AQUILA ENERGIE S.P.A., (già B.C. S.P.A.), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE MARESCIALLO PILSUDSKI 118, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO STANIZZI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANDREA DEL RE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 602/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 21/10/2015 R.G.N. 889/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto;

udito l’Avvocato SIMONA LATINI, per delega Avvocato SIMONE ZANI;

udito l’Avvocato ANTONIO STANIZZI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Ritenuto:

che, con sentenza del 21 ottobre 2015, la Corte d’Appello di Firenze confermava la decisione resa dal Tribunale di Firenze e rigettava la domanda proposta dalla B.C. S.p.A. (ora Aquila Energie S.p.A.) nei confronti di V.F., avente ad oggetto il riconoscimento quali cause di risoluzione di diritto ex art. 1456 c.c. del contratto di comodato gratuito in virtù del quale il V. gestiva un impianto di distribuzione di carburanti nella disponibilità della Società degli inadempimenti da questa contestati al V. in via stragiudiziale con lettera del 24.2.2012;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistente gli inadempimenti della controparte consistenti nella pratica dell’overpricing e nella ingiustificata interruzione dei rifornimenti e dell’erogazione del carburante alla clientela in alcune specifiche giornate (condotta così qualificata dagli artt. 6 e 7) tipizzati nel contratto inter partes come cause di risoluzione del contratto (art. 15) e legittimo da parte della Società l’essersi avvalsa della clausola risolutiva espressa, inammissibile in quanto nuova la richiesta valutazione della congruità della penale convenuta, legittima la statuizione in ordine alle spese attribuite in prime cure;

che per la cassazione di tale decisione ricorre il V., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società ora ridenominata Aquila Energie S.p.A.;

che la Società controricorrente ha poi depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONI

Ritenuto che:

con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1456 c.c. in relazione agli artt. 1341 e 1342 c.c., lamenta la non conformità a diritto dell’inserimento in contratto di una clausola risolutiva espressa genericamente riferita all’inadempimento del complessivo contenuto obbligatorio del contratto in difetto di approvazione per iscritto della clausola da ritenersi vessatoria;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del contratto inter partes 15.7.2002, dell’art. 112 c.p.c. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione dell’intervenuta proroga tacita del contratto in difetto di disdetta evidentemente presupponendo l’inefficacia risolutiva della clausola invocata; che nel terzo motivo si deduce la violazione della tariffa forense di cui al D.M. n. 55 del 2014 con riferimento alla statuizione della Corte territoriale in ordine alla legittimità della pronunzia resa in prime cure in punto spese di lite;

che il primo motivo deve ritenersi infondato alla luce dell’orientamento di questa Corte (cfr. Cass., sez. III, 27.1.2009, n. 1950, citata nello stesso ricorso) per cui “per la configurabilità della clausole risolutiva espressa le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, restando estranea alla norma dell’art. 1456 c.c. la clausola redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto” da cui discende l’ulteriore principio per cui la clausola medesima, ove convenuta a fronte dell’inadempimento di una obbligazione determinata, non deve essere approvata per iscritto a norma dell’art. 1341 c.c. in quanto non qualificabile come vessatoria (cfr. Cass. 28.6.2010, n. 15365) e ciò avendo la Corte territoriale dato puntualmente conto in motivazione dell’essere stata nella specie la clausola in questione convenuta a fronte dei due specifici inadempimenti dati dall’overpricing e dall’ingiustificata interruzione dei rifornimenti alla clientela in determinate giornate;

che parimenti infondato risulta il secondo motivo mantenendo la clausola in questione efficacia risolutiva del contratto anche a fronte dell’intervenuta proroga tacita del contratto medesimo, legittimandosi così la pronunzia della Corte territoriale in ordine all’irrilevanza dell’accertamento di quel dato;

che infondato è altresì il terzo motivo, atteso che, alla luce della tariffa forense invocata, il valore medio comprensivo di tutte le fasi relativamente ad una causa di lavoro di valore indeterminabile a complessità bassa è pari esattamente a Euro 8.815,00 ovvero alla somma attribuita a titolo di spese di lite all’odierno ricorrente allora soccombente;

che il ricorso va dunque rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

che sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, ove spettante (conformemente all’orientamento di cui a Cass., SS.UU., 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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