Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10562 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/04/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 21/04/2021), n.10562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1031-2020 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO N 38,

presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ope legis in

ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 6431/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/10/2019 R.G.N. 1957/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 24.10.2019, respingeva il gravame proposto da F.L., cittadino (OMISSIS) della regione di (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato il ricorso del predetto avente ad oggetto il riconoscimento della protezione internazionale nelle tre forme relative allo status di rifugiato, alla protezione sussidiaria ed, in subordine, al riconoscimento del diritto al permesso per motivi umanitari, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte distrettuale rilevava che l’appellante aveva riproposto le ragioni formulate in primo grado sostenendo che era stato costretto a fuggire dal (OMISSIS) nel 2011, dopo che era stato rapito dai ribelli e condotto in un campo di addestramento dal quale era riuscito ad evadere, ma che, tuttavia, nelle conclusioni dell’atto di gravame, aveva reiterato solo la domanda di riconoscimento della protezione cd. umanitaria, in ragione delle condizioni di instabilità nella (OMISSIS) a causa del conflitto tra forze governative e ribelli e delle condizioni di vulnerabilità socio economica per la giovane età ed il lavoro svolto in Italia come bracciante agricolo;

3. il Collegio osservava che lo stesso appellante aveva riconosciuto che, secondo le fonti informative più accreditate, gli scontri armati nella (OMISSIS) erano divenuti negli ultimi anni “saltuari” grazie alla tregua raggiunta tra i movimenti indipendentisti e lo stato guidato dal Presidente M.S.; evidenziava che la condizione socio economica del F. non era dissimile da quella degli abitanti della zona di provenienza e non implicava una situazione di particolare vulnerabilità idonea a giustificare la tutela cd. umanitaria, pure a fronte del lavoro svolto in Italia; richiamava Cass. 4455/2018 a fondamento dell’operato giudizio comparativo;

4. di tale decisione domanda la cassazione il F., affidando l’impugnazione a tre motivi;

5. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea c.p.c., cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo, è dedotta nullità della sentenza di appello per omessa motivazione (ipotesi di motivazione solo apparente) in ordine alle critiche mosse dall’appellante alla statuizione del giudice di prime cure;

2. con il secondo motivo, il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 difetto di motivazione, travisamento dei fatti, assumendo l’assoluta assenza di istruttoria in merito alle condizioni, anche socio-economiche del paese di origine, che determina una motivazione apparente; sostiene che le affermazioni relative all’assenza di rischi per il ricorrente per il caso di suo rientro in patria sono assolutamente apodittiche e destituite di fondamento;

3. con il terzo motivo, il ricorrente lamenta omessa valutazione dell’applicabilità della protezione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, assumendo che non possa essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine, o che vi possa correre gravi rischi, anche in relazione alle previsioni di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 38, comma 1 alla L. n. 110 del 2017, che ha introdotto il reato di tortura, ed ai principi generali di cui all’art. 10 Cost. e art. 3 CEDU; si duole dell’omessa applicazione dell’art. 10 Cost., dell’omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza, dell’omesso esame delle fonti informative circa la situazione socio economica del Paese e dell’erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2;

4. il primo motivo è generico e peraltro una motivazione idonea alla comprensione dell’iter logico giuridico argomentativo sotteso alla decisione sussiste:

4.1. è noto che la motivazione meramente apparente che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico – giuridico alla base del decisum. E’ stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 22232 del 2016), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017) oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. n. 20112 del 2009);

4.3. tali carenze, che l’odierna parte ricorrente assume sulla base di considerazioni del tutto generiche ed assertive, non sono riscontrabili nella sentenza in esame, della quale è agevolmente riscontrabile il percorso argomentativo che ha indotto la Corte distrettuale a respingere il gravame;

5. anche il secondo motivo è genericamente articolato e non si indicano le fonti informative alternative rispetto a quelle indicate nella decisione: al riguardo, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 2020);

5.1. peraltro, quanto alle fonti informative utilizzate per valutare la situazione esistente in (OMISSIS), la Corte di appello ha rispettato l’onere, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, di specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alla parte la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (in tali termini, cfr. Cass. n. 13449 del 2019; v. pure 13897 del 2019);

5.2. nella specie, come già evidenziato, non sono indicate in modo adeguato fonti informative alternative e ci si limita a formulare critiche affatto generiche;

6. la prima parte delle censure formulate nel terzo motivo è inammissibile perchè il giudice del gravame ha precisato che l’appellante ha limitato la domanda alla sola richiesta di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari e non vi è confutazione di tale affermazione;

6.1. per il resto il ricorrente ha posto richiamo a norme in tema di espulsione dello straniero, che non trovano spazio applicativo alla fattispecie scrutinata;

6.2. in ogni caso, è principio affermato da questa Corte quello alla cui stregua “in materia di protezione internazionale dello straniero, l’istituto del divieto di espulsione o di respingimento previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 impone al giudice di pace, in sede di opposizione alla misura espulsiva, di esaminare e pronunciarsi sul concreto pericolo, prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e/o degradanti in caso di rimpatrio nel paese di origine, in quanto la norma di protezione introduce una misura umanitaria a carattere negativo, che conferisce al beneficiario il diritto a non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale, qualora tale condizione venga positivamente accertata dal giudice” (cfr. Cass. n. 3898/11);

6.3. il ricorrente non allega, tuttavia, nulla di specifico in termini di pericolo di vita o di ragioni personali;

6.4. per quanto invece pertinente rispetto all’ambito del devolutum, il giudice del merito ha argomentatamente escluso la carenza dei presupposti per la protezione umanitaria in applicazione dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, valutando il profilo della vulnerabilità nei sensi prospettati dal ricorrente (situazione socio politica del paese di provenienza) come estraneo all’ambito del giudizio necessario agli indicati fini e comparando la condizione raggiunta in Italia con quella del paese di provenienza ha escluso una situazione di vulnerabilità (cfr. Cass. S.U. n. 29459/2019 cit.) con idonea valutazione rimessa al giudice di merito;

7. in base alle esposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;

8. nulla va statuito sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo il Ministero svolto alcuna attività difensiva;

9. le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale non sono annoverate tra quelle esentate dal contributo unificato di cui al D.P.R. n. n. 115 del 2002, artt. 9 e 10 sicchè al rigetto o, come nella specie, all’inammissibilità del corrispondente ricorso per cassazione consegue il raddoppio di detto contributo (cfr. Cass. 8.2.2017 n. 3305).

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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