Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10562 del 13/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/05/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 13/05/2011), n.10562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGINI Carlo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

MARCONI ESPARTERO SRL IN LIQUIDAZIONE, SORIT SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 40/2005 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 21/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GIACOBBE DANIELA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il giorno 12.7.2006 è stato notificato alla “Marconi Espartero srl”.

in liquidazione, ed alla SORIT spa un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata 21.6.2005), che ha accolto l’appello della medesima Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 141/06/2002, che aveva parzialmente accolto (per quanto concerne le sanzioni) il ricorso della parte contribuente avverso cartella di pagamento per imposte relative agli anni dal 1992 al 1993.

Non ha svolto attività difensiva in questo grado di giudizio la parte intimata.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 23.2.2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento/rigetto del ricorso 2. I fatti di causa.

A seguito di sentenza n. 531/06/1999 della CTR di Perugia che aveva confermato la legittimità degli avvisi di accertamento per IRPEG- ILOR relative agli anni 1991-1993, l’Amministrazione ha iscritto a ruolo le somme dovute a titolo di maggiori imposte, accessori e sanzioni, queste ultime computate nella misura massima prevista dalla norma sanzionatrice. Il ricorso proposto dalla società contribuente contro detta cartella (anche nel contesto della concessionaria per la riscossione SORIT spa) è stato accolto limitatamente all’aspetto delle sanzioni (per le quali la CIP adita disponeva l’integrale annullamento dell’iscrizione a ruolo), sul presupposto che l’Amministrazione – nel computarle – non avesse tenuto conto della “continuazione”, come disciplinata dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12. L’appello interposto dall’Agenzia contro la predetta sentenza è stato accolto dalla CTR di Perugia, che ha rideterminato in Euro 3.968.025.64 l’ammontare delle sanzioni stesse.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che – dovendosi convenire con la tesi di parte appellante secondo cui la Commissione adita in primo grado avrebbe dovuto determinare l’ammontare delle sanzioni e non limitarsi a disporre l’annullamento dell’iscrizione a ruolo ed avendo l’Agenzia appellante espressamente richiesto la rideterminazione delle sanzioni stesse in applicazione dell’istituto del cumulo giuridico – le sanzioni dovessero appunto determinarsi nell’ammontare di Euro 3.968.025.64.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con unico (complesso) motivo d’impugnazione e -dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 3.968.025,64 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo ed unico motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli art. 112 c.p.c.; del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

La ricorrente Agenzia assume che i giudici di appello – pur avendo parzialmente accolto l’appello dell’Agenzia stessa – hanno assunto come criterio di commisurazione quello minimo edittale previsto dalla norma sanzionatrice (pari ad una volta l’importo della maggiore imposta accertata, mentre la misura massima irrogata equivaleva a due volle detto importo), così violando il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, atteso che la parte ricorrente non aveva proposto alcuna specifica eccezione in merito alla commisurazione della sanzione, limitandosi invece a chiedere l’applicazione dell’istituto del cumulo giuridico.

Nè il giudicante avrebbe potuto pronunciarsi d’ufficio, poichè in materia di “vizio sostanziale dell’atto impugnato” necessita la proposizione di un espresso motivo di impugnazione, posto nell’esclusiva disponibilità della parte interessata.

La ricorrente assumeva ancora che la sentenza risultava “palesemente priva di motivazione, nella parte in cui il giudicante aveva dichiarato di avere tenuto presenti i minimi edittali”.

Il primo dei due profili di censura sopra riassunti (tra loro logicamente autonomi), e cioè quello relativo alla violazione dell’art. 112 sotto il profilo della correlazione tra il chiesto e il pronunciato, è infondato.

Infatti, la stessa parte ricorrente ha dato atto nel ricorso introduttivo di questo grado di giudizio che il capo del provvedimento impositivo riguardante la sanzione irrogata era stato fatto espressamente oggetto di impugnazione da parte della società contribuente, sia sotto il profilo della mancata applicazione del principio di specialità (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 19), sia sotto il profilo della mancata applicazione della “continuazione (D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12).

Quest’ultima censura – in particolare – è evidentemente finalizzata ad ottenere una rideterminazione dell’ammontare della sanzione, sicchè non vi è dubbio che rientrasse nella piena discrezionalità del giudice adito la nuova conformazione della sanzione non solo in relazione ai criteri normativi di determinazione ma anche in relazione al suo concreto ammontare. Non vi è quindi ragione per cui si possa ritenere che il giudicante fosse coartato al rispetto di un criterio di commisurazione improntato al livello massimo, criterio che – peraltro – la ricorrente Agenzia non chiarisce se come e perchè dovrebbe palesemente risultare adottato da parte della procedente Amministrazione in ragione dello stesso contenuto del provvedimento impositivo.

In definitiva, la violazione prospettata risulta non coerente con i principi tante volte insegnati da questa Corte. Per tutte Cass. Sez. L, Sentenza n. 14424 del 04/1 l/2000:”Non è ravvisatale il vizio di ultra o extrapetizione nella sentenza che, in sede di opposizione a ordinanza/ingiunzione, condanni il ricorrente al pagamento di una somma diversa (e minore) rispetto a quella riportata nell’ordinanza ingiunzione opposta, giacchè il suddetto vizio è ravvisatale solo quando venga alterato uno degli elementi obiettivi dell’azione, attribuendo o negando alla parte un bene diverso da quello richiesto e non compreso nemmeno implicitamente nella domanda, ovvero sostituendo l’azione proposta con un’altra fondata su fatti differenti o su una diversa causa petendi (in termini più generali anche Sez. 3, Sentenza n. 258 del 12/01/1999).

Quanto poi al profilo dell’asserito vizio di motivazione, basta qui evidenziare che la Agenzia ricorrente non individua alcun fatto (come necessario, in considerazione della tipologia del vizio denunciato) rispetto al quale sarebbe stato omesso l’esame da parte del giudicante, e neppure chiarisce quale sarebbe il ruolo decisivo di detto fatto ai fini della regolazione delle questioni litigiose. La ricorrente si limita infatti ad affermare che il giudice di appello non avrebbe specificato “le ragioni a fondamento di tale scelta”, nell’atto di applicare le sanzioni previste dal D.Lgs. n. 472 del 1997 art. 12.

Ciò implica che anche questo secondo aspetto di impugnazione, siccome inammissibile, non possa trovare accoglimento.

Nulla sulle spese, poichè la parte intimata non si è costituita.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso dell’Agenzia. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2011

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