Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10560 del 04/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/06/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 04/06/2020), n.10560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 6771/2012 proposto da:

WATTSUD LAVORAZIONI ELETTROMECCANICHE DI PRECISIONE s.p.a., a socio

unico (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rapp.te p.t.,

inizialmente rapp.to e difeso per procura a margine del ricorso

dall’avv. Michele Di Fiore, successivamente sostituito, per procura

notarile del (OMISSIS), rep. (OMISSIS), allegata alla memoria ex

art. 378 c.p.c., dall’avv. Giuditta Merone, elettivamente

domiciliati in Roma alla via Angelo Emo n. 106, presso lo studio

dell’avv. Castaldo;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato,

elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 37/28/11 depositata in data 1 febbraio 2011

della Commissione tributaria regionale di Napoli;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 17 gennaio 2020 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Tommaso Basile che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’avv. G. Merone per il ricorrente e l’avv. G. Rocchitta per il

controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 37/28/11 la Commissione tributaria regionale di Napoli rigettava l’appello proposto dalla Wattsud Lavorazioni Elettromeccaniche di Precisione s.p.a., a socio unico, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Napoli ne aveva rigettato il ricorso contro il provvedimento di diniego dell’istanza in autotutela di annullamento di un avviso di accertamento non impugnato e relativo ad Irpeg ed Ilor dell’anno 1996.

La CTR, premesso che nel giudizio proposto contro il rifiuto di esercizio di autotutela può esercitarsi un sindacato relativo alla sola legittimità dell’atto e non alla fondatezza della pretesa tributaria, salvo che l’atto di rifiuto dell’annullamento d’ufficio non contenga una conferma della fondatezza della pretesa, osservava nel merito che nessuna censura poteva essere mossa riguardo all’operato dell’Ufficio, in quanto l’esercizio del potere di annullamento rientrava nelle sue facoltà, per cui, se aveva ritenuto di non aderire alla richiesta formulata, doveva avere avuto validi motivi che, comunque, non erano sindacabili dalla Commissione.

Avverso tale sentenza la società propone ricorso per cassazione affidato ad otto motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate mediante controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., con contestuale nomina di nuovo difensore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, e del principio di diritto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il giudizio tributario ha natura impugnatoria e quindi si estende al merito del rapporto tributario, anche nel caso in cui l’atto impugnato sia un provvedimento adottato in sede di autotutela (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4).

2. Con il secondo motivo, la ricorrente evidenzia l’illogicità e la contraddittorietà della sentenza impugnata (art. 360 c.p.c., n. 5), avendo la CTR prima affermato che il giudice tributario può giudicare la legittimità del provvedimento di autotutela e poi concluso che il relativo potere non è soggetto ad alcun sindacato, potendo l’Amministrazione sempre far valere una buona ragione per rigettare l’istanza del contribuente.

3. Il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia e per ultrapetizione (art. 360 c.p.c., n. 4), avendo la CTR sostanzialmente affermato che il diniego di autotutela è sempre e comunque legittimo, omettendo di fatto di pronunciare sulla richiesta del contribuente; inoltre la controversia verteva solo sui motivi del rigetto dell’istanza e non sull’esistenza dei presupposti per domandare l’autotutela.

4. Con il quarto motivo, la società si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 4), avendo la CTR adottato una statuizione a sorpresa, omettendo di assegnare, sulla questione rilevata d’ufficio, un termine per consentire l’esercizio del diritto di difesa.

5. Il quinto motivo censura la violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, nonchè l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), avendo la CTR erroneamente concluso che il provvedimento impugnato è sempre e comunque legittimo anche in caso di motivazione apparente o totalmente omessa. Inoltre la CTR avrebbe omesso di esaminare tutte le ragioni per le quali era stato domandato l’annullamento del provvedimento di diniego di autotutela.

6. Il sesto motivo lamenta l’omessa pronuncia sulla richiesta di rimessione in termini ex art. 184 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 4), richiesta che era stata formulata riguardo alla possibilità di poter impugnare, entro un nuovo termine, tutti gli atti impositivi notificati al legale rappresentante della società, che, al momento della notifica, si trovava in una situazione di incapacità di intendere e di volere.

7. Il settimo motivo evidenzia l’omessa pronuncia sull’eccezione di incostituzionalità, ex art. 53 Cost., del recupero dei costi in presenza di una documentazione giustificativa degli stessi, prodotta dal contribuente tardivamente ma senza colpa (art. 360 c.p.c., n. 4), e l’omessa valutazione di prove e documenti in violazione dell’art. 116 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 4): la società ricorrente ripropone la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, per contrasto con gli artt. 24 e 53 Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità di tutela giurisdizionale, quando il termine di impugnazione sia scaduto per forza maggiore.

8. L’ottavo motivo riguarda l’omessa valutazione di prove ed indizi in violazione dell’art. 116 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 4), avendo la CTR omesso di valutare gli elementi probatori volti a dimostrare che la documentazione fiscale non era stata prodotta tempestivamente (e il ricorso avverso l’avviso non era stato possibile) a causa dell’incapacità di intendere e di volere del legale rappresentante della società, cui gli atti erano stati notificati.

9. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili, benchè la motivazione della CTR debba essere corretta.

9.1. Giova premettere che la fattispecie prospettata dalla società ricorrente trae origine da un avviso di accertamento conseguente ad una richiesta di documentazione, rivolta dall’Ufficio alla contribuente, relativa ai costi sostenuti dalla società nell’anno 1996 ed i cui atti erano stati notificati nelle mani del legale rappresentante della società che, in stato di incapacità di intendere e di volere, non aveva dato seguito alla richiesta di esibizione ed aveva omesso di impugnare il successivo avviso.

9.2. Nominato un nuovo legale rappresentante, la società aveva provveduto a trasmettere la documentazione all’Ufficio e, posto che dalla documentazione emergeva, a dire della contribuente, la prova della legittimità dei costi recuperati a tassazione, veniva proposta istanza di annullamento in via di autotutela, istanza che però veniva rigettata dall’Ufficio sul rilievo che le patologie del legale rappresentante, documentate dalla società, erano attestate da un certificato medico di oltre tre anni successivi alla notifica dell’atto.

9.3. La CTP rigettava il ricorso avverso il diniego, osservando che tale diniego era impugnabile solo per vizi sopravvenuti. La CTR, a sua volta, ha respinto l’appello, evidenziando che il potere di diniego rientra nelle facoltà discrezionali dell’Amministrazione, insindacabili in sede giurisdizionale.

9.4. Il ricorso proposto dalla società avverso tale statuizione, tuttavia, non evidenzia in alcun modo l’esistenza del presupposto fondamentale dalla quale dipende l’ammissibilità del ricorso avverso gli atti di diniego in autotutela.

9.5. Secondo quando condivisibilmente affermato da Cass. n. 21146/18 “Nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente”.

9.6. Nello stesso senso Cass. n. 24032/19 secondo cui “Il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell’annullamento dell’atto tributario divenuto definitivo è consentito, ma nei limiti dell’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute, dovendo invece escludersi che possa essere accolta l’impugnazione dell’atto di diniego proposta dal contribuente il quale contesti vizi dell’atto impositivo che avrebbe potuto far valere, per tutelare un interesse proprio, in sede di impugnazione prima che divenisse definitivo”.

9.7. Nel caso in esame nè la contribuente ha esplicitato, nè è concretamente ravvisabile, alcuna ragione per la quale l’annullamento del provvedimento di diniego avrebbe dovuto rappresentare per l’Amministrazione finanziaria una necessità, originata dall’esigenza di evitare una lesione ad un interesse di natura generale, superabile soltanto mediante la rimozione dell’atto.

9.8. Pertanto, se non risulta condivisibile la motivazione adottata dalla CTR, nella parte in cui sostanzialmente nega la facoltà di impugnazione del provvedimento di diniego di rimozione in autotutela dell’accertamento tributario divenuto definitivo, nondimeno la decisione di rigetto del ricorso adottata dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, risulta conforme a diritto e deve perciò essere corretta solo nella motivazione, perchè la ricorrente non ha neppure provveduto ad illustrare quali siano le ragioni di interesse generale in conseguenza delle quali l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto procedere alla rimozione dell’accertamento tributario emesso nei suoi confronti, e divenuto definitivo.

10. Le considerazioni che precedono impongono la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

11. Le spese del giudizio di legittimità seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Pone le spese del giudizio di legittimità a carico della ricorrente, liquidandole in Euro 22.000 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

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