Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1056 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6323-2019 proposto da:

BUILDING SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO AURELIO

CHILLEMI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato BIAGIO PARMALIANA;

– controricorrente –

contro

UNICALCESTRUZZI SPA, C.P., CA.PI.,

C.F. nato nell’anno (OMISSIS), M.E., MU.CA.,

C.F. nato nell’anno (OMISSIS), PROCURATORE GENERALE

PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 19/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 15/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con decreto in data 22 marzo 2018, ravvisava l’inammissibilità della proposta di concordato presentata da (OMISSIS) s.r.l., dichiarando, con sentenza n. 3/2018 in pari data, il suo fallimento su istanza di Unicalcestruzzi s.p.a. e dei lavoratori Ca.Pi., C.F. ((OMISSIS)), C.P., M.E., Mu.Ca. e C.F. ((OMISSIS));

2. la Corte d’appello di Messina, a seguito del reclamo presentato da (OMISSIS) s.r.l., condivideva, fra l’altro, la valutazione del Tribunale in merito all’inidoneità del piano alla realizzazione della causa concreta del concordato e a consentire al ceto creditorio di esprimere in modo informato il proprio consenso sul merito della proposta;

3. per la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo, depositata in data 15 gennaio 2019, ha proposto ricorso (OMISSIS) s.r.l. prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l.;

gli intimati Unicalcestruzzi s.p.a., Ca.Pi., C.F. ((OMISSIS)), C.P., M.E., Mu.Ca. e C.F. ((OMISSIS)) e Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Messina non hanno svolto difese;

la società ricorrente e il fallimento controricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. va premesso in limine – e con riferimento all’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per carenza di capacità di agire e di legittimazione della (OMISSIS) s.r.l. sollevata dalla procedura controricorrente – che la dichiarazione di fallimento, pur attribuendo in generale al curatore, ex art. 43 L.Fall., la legittimazione a proporre o a proseguire le azioni aventi a oggetto rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, non preclude al fallito la possibilità di introdurre personalmente il reclamo avverso la dichiarazione di fallimento, nel senso espressamente previsto dall’art. 18 L.Fall., comma 1;

in caso di fallimento di società di capitali dunque l’amministratore di società di capitali è legittimato a presentare reclamo non solo iure proprio, quale interessato alla dichiarazione di fallimento, ma anche (e in primo luogo) in virtù del potere di rappresentanza legale della compagine rivestito prima della dichiarazione di fallimento;

5.1 il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 160,161 e 162 L.Fall. con riferimento al contenuto e ai limiti del controllo giudiziale sulla fattibilità del piano concordatario e sull’effettiva realizzabilità della causa concreta del procedimento: la Corte d’appello, perpetuando l’errore già commesso dal giudice di primo grado, si sarebbe addentrata – in tesi di parte ricorrente – nell’analisi della probabilità di realizzo della liquidità necessaria al soddisfacimento dei creditori e avrebbe disconosciuto la concreta possibilità di vendita degli immobili e di riscossione dei crediti in tempi ragionevoli e prestabiliti per dedurne l’inidoneità del piano; ciò in quanto il medesimo piano e la relativa attestazione non offrivano al ceto creditorio i necessari elementi di giudizio per poter valutare la realizzabilità del programma, la cui attuazione sarebbe stata rimessa a elementi futuri e incerti sulla cui verificazione non era possibile esprimere alcun giudizio;

in questo modo la Corte territoriale avrebbe dimostrato di non aver compreso i principi che aveva premesso alla propria valutazione, giacchè aveva svolto un giudizio sulla fattibilità economica intriso di valutazioni prognostiche opinabili e comportanti un margine di errore, quando invece doveva limitarsi a valutare se il piano si rivelasse irrealizzabile prima facie, lasciando poi ai creditori la scelta se dargli o meno credito; e nel fare questo la Corte di merito non solo aveva spostato l’obiettivo del potere giurisdizionale di controllo sulla fattibilità del piano concordatario dalla prospettiva funzionale rispetto alla causa concreta a una prospettiva puramente informativa rispetto ai creditori, ma era giunta erroneamente a ritenere che gli eventi attesi dal piano, per essere compatibili con una corretta e adeguata informazione dei creditori, non devono essere rimessi a eventi futuri e incerti, senza tener conto delle indicazioni dei tempi di vendita e riscossione compiute dalla compagine debitrice;

5.2 il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1353,1362 e ss. c.c., degli artt. 161 e 162L.Fall., con riferimento alla qualificazione del piano concordatario come piano condizionato in quanto rimesso a eventi futuri e incerti: la Corte d’appello, riferendo la valutazione di inammissibilità al piano anzichè alla proposta, avrebbe fatto applicazione dell’istituto della condizione sospensiva, malgrado lo stesso, concernendo il negozio giuridico e la sua efficacia, sia inapplicabile al piano concordatario, che, pur essendo un documento economico programmatico con proiezione attuativa pluriennale ed essendo perciò esposto a innumerevoli incertezze e al rischio di eventi ostativi, non comporta alcuna conseguenza in termini di efficacia rispetto alle obbligazioni che nascono a carico del debitore dalla proposta concordataria a seguito della sua omologazione;

la Corte di merito avrebbe così trattato la vendita degli immobili come un evento futuro ed incerto che costituiva un fattore condizionante gli effetti giuridici del piano piuttosto che come semplice fattore di rischio;

5.3 con il terzo motivo la ricorrente si duole dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in quanto la Corte distrettuale non avrebbe considerato al fine della valutazione della realizzabilità della causa concreta del concordato il contenuto dell’attestazione, al cui interno erano presenti tutte le informazioni necessarie in merito all’analisi delle singole partite creditorie e rispetto alla correttezza e alla compatibilità delle modalità e dei tempi di esecuzione del concordato in relazione alla cessione degli immobili ed alla riscossione dei crediti;

6. i motivi, scrutinabili congiuntamente perchè tutti vertenti sul comune denominatore dell’individuazione dei poteri di controllo del Tribunale rispetto alla proposta concordataria, sono manifestamente fondati;

6.1 la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 9061/2017, Cass. 4915/2017, Cass. 4790/2018, Cass. 645/2019), nel solco delle indicazioni date in precedenza dalle Sezioni Unite (Cass., Sez.U., 1521/2013) ed al fine di chiarirne la portata, ha inteso precisare che: i) il controllo di legittimità, da attuarsi mediante la diretta verifica dell’effettiva realizzabilità della causa concreta, intesa come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, dipende dal tipo di proposta formulata, seppur inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore e all’assicurazione di un qualche soddisfacimento dei creditori; li) la verifica di fattibilità, proprio in quanto correlata al controllo della causa concreta del concordato, comprende necessariamente anche un giudizio di idoneità, che va svolto rispetto all’assetto di interessi ipotizzato dal proponente in rapporto ai fini pratici che il concordato persegue; iii) il controllo sulla fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del piano, può essere svolto nei limiti nella verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabili caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi; iv) in questa prospettiva funzionale rientra nel sindacato di pertinenza del giudice la proposta concordataria ove totalmente implausibile, mentre è riservata ai creditori solo la valutazione di convenienza di una proposta plausibile;

dunque, una cosa è la radicale e manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, aspetto che il Tribunale deve apprezzare al fine di verificare se lo specifico assetto previsto dall’imprenditore sia idoneo al superamento della crisi d’impresa, un’altra è la verosimiglianza dell’esito del piano e la valutazione della sua convenienza, perchè il primo profilo riguarda una valutazione fatta al momento della presentazione della proposta e investe la originaria plausibilità della stessa in termini manifesti, mentre il secondo profilo attiene alle prospettive finali di effettivo conseguimento dei risultati auspicati dall’imprenditore;

il giudice di merito, per non travalicare dal controllo sostanziale della sostenibilità del piano nell’ambito del merito della proposta che non gli compete, deve perciò non tanto verificare l’inserimento di indicazioni o condizioni di salvaguardia che rendano più che ragionevole il conseguimento del risultato economico promesso, ma piuttosto appurare, addentrandosi nella verifica della congruità logica ed economica dei passaggi attuativi del programma tramite un puntuale e approfondito controllo di tutti gli elementi disponibili, se nella proposta presentata e nel piano posto a base della stessa siano presenti elementi idonei a compromettere – secondo una valutazione di eclatante probabilità da effettuarsi con prognosi ex ante compiuta nelle fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione – il conseguimento dello scopo pratico che il concordato si ripromette di perseguire;

in sostanza, dato che il concetto di causa concreta inserisce un elemento funzionale all’interno del concetto di fattibilità, è rimesso al giudice il compito di sgombrare il campo da prospettive di soddisfazione che abbiano una consistenza meramente illusoria;

6.2 la sentenza impugnata, innanzitutto, richiama impropriamente l’istituto della condizione negoziale e lo applica a un procedimento in cui il superamento della crisi da parte dell’imprenditore e il riconoscimento in favore dei creditori di una sia pur minimale consistenza del credito in tempi di realizzazione ragionevolmente contenuti vengono realizzati attraverso l’esecuzione di una proposta che, consistendo in un atto programmatico delle attività necessarie al reperimento della liquidità necessaria, implica giocoforza un rischio in termini di successo economico ma non condiziona affatto – nei termini di cui agli artt. 1353 e ss. c.c. – la sua efficacia al conseguimento di tale risultato;

la decisione, inoltre, ritiene necessaria “una concreta probabilità di verificazione in tempi ragionevoli” degli eventi futuri previsti in piano e in questa logica censura la mancata indicazione di “concrete circostanze (quali ad es. concrete proposte di acquisto o esistenza di trattative avanzate) che lascino supporre come probabile la vendita dei beni”;

una simile valutazione, tuttavia, non investe la manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, ma assume la consistenza di una prognosi sul futuro successo economico del piano;

prognosi che, peraltro, la Corte di merito ha compiuto pretendendo la dimostrazione (tramite la produzione di concrete proposte di acquisto o la prova dell’esistenza di trattative avanzate) di un grado di probabilità talmente alto da assumere la consistenza di una manifesta attitudine;

in questo modo la Corte di merito ha travalicato il limite del proprio sindacato sulla proposta concordataria, spingendosi ad esaminare la probabilità di successo economico del piano ed addirittura pretendendo “una concreta probabilità di verificazione” dello stesso;

una simile valutazione non è coerente con i principi fissati dalla giurisprudenza di questa Corte in precedenza illustrati e deve necessariamente essere rivista in una prospettiva che si limiti ad analizzare la manifesta inettitudine del piano presentato a raggiungere gli obiettivi prefissati, lasciando poi che i creditori si facciano carico della valutazione della probabilità di successo economico del piano e dei rischi ad esso inerenti;

7. rimane assorbito il quarto motivo di ricorso;

8. la sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Messina in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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