Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10556 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/04/2021, (ud. 08/10/2020, dep. 21/04/2021), n.10556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4687-2015 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., (già SERIT SICILIA S.P.A.), Agente della

Riscossione per la Provincia di Messina, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GERMANO GIUSEPPE GARAO;

– ricorrente –

contro

ISTITUTI L.R.B. V. S.R.L.;

– intimata –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO, EMANUELE DE ROSE;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 1744/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 22/12/2014 R.G.N. 1424/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza in data 22 dicembre 2014, la Corte di Appello di Messina ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto estinti i crediti portati dagli atti di intimazione opposti, per essere spirato, al momento della notificazione delle intimazioni di pagamento (novembre 2006), il termine di prescrizione quinquennale decorrente dalla notificazione (ottobre 2000 e gennaio 2001) delle cartelle di pagamento non opposte ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5;

2. per la Corte di merito l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo, non opposto ai sensi della L. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5 cit., era soggetta al termine di prescrizione quinquennale proprio dei crediti contributivi e non poteva ritenersi soggetta, a prescrizione decennale, la pretesa contributiva cristallizzata nel titolo paragiudiziale, ex art. 2953 c.c.;

3. avverso tale sentenza Riscossione Sicilia s.p.a. ha proposto ricorso affidato a due motivi, al quale non ha opposto difese la s.r.l. Istituti V. LRB;

4. l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., ha conferito solo delega in calce alla copia notificata del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

5. con il primo motivo, deducendo plurime violazioni di legge, si assume l’erronea applicazione del termine di prescrizione quinquennale anzichè decennale;

6. il motivo è infondato alla luce di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, con la sentenza n. 23397 del 2016, cui si intende dare continuità;

7. la sentenza citata ha affermato che soltanto un atto giurisdizionale può acquisire autorità ed efficacia di cosa giudicata e che il giudicato, dal punto di vista processuale, spiega effetto in ogni altro giudizio, tra le stesse parti per lo stesso rapporto, e dal punto di vista sostanziale rende inoppugnabile il diritto in esso consacrato, tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all’inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito, mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi della originaria domanda (vedi, per tutte: Cass., 12 maggio 2003, n. 7272; Cass., 24 marzo 2006, n. 6628);

8. consegue a tale principio che, se nell’arco dei cinque anni dalla notifica della cartella non si procede alla riscossione coattiva o non viene notificato un atto interruttivo della prescrizione, il credito si prescrive ed è strumento idoneo a far valere l’intervenuta prescrizione anche l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. (in combinato disposto con l’art. 618-bis c.p.c., in materia di previdenza), che tende a contestare l’an dell’esecuzione, ed è noto che tra i vizi che giustificano il ricorso all’art. 615 c.p.c. vi sia proprio l’intervenuta prescrizione del credito successiva alla formazione del titolo;

9. in particolare, l’eventuale decorrenza del termine per l’esperimento dell’azione di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, come precisato dalla citata sentenza delle Sezioni Unite, non rende incontrovertibile, come per i provvedimenti giurisdizionali non impugnati, la cartella esattoriale ma preclude soltanto la possibilità di contestare vizi di merito o di forma relativi al titolo e cioè alla cartella esattoriale, lasciando all’interessato la possibilità, ove ve ne siano i presupposti, di esperire l’azione di opposizione all’esecuzione per far valere la prescrizione, che costituisce un vizio successivo alla formazione del titolo;

10. sempre le Sezioni Unite citate hanno affermato che la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, del pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la conversione del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. (disposizione applicabile soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella, atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato);

11. lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dal 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010) (v., fra le più recenti, Cass. n. 2528 del 2020);

12. è inammissibile l’ulteriore motivo con il quale, deducendo violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 75 disp. Att. c.p.c., si denuncia la mancata distinzione, nella sentenza impugnata, tra diritti ed onorari;

13. questa Corte di cassazione (v., fra le altre, Cass. n. 15363 del 2016) ha affermato che in tema di spese processuali è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che si limiti alla generica denuncia della mancata distinzione, nella sentenza impugnata, tra diritti ed onorari secondo la disciplina delle tariffe professionali applicabili ratione temporis alla fattispecie, atteso che, in assenza di deduzioni sui concreti pregiudizi subiti dalla mancata applicazione di tale distinzione, la censura non dimostra l’esistenza di un interesse ad ottenere una riforma della decisione (v., fra le più recenti, Cass. nn. 19000 e 19068 del 2020);

14. nessun provvedimento sulle spese deve adottarsi per non avere le parti intimate svolto attività difensiva;

15. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, Adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

 

 

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