Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10553 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. I, 21/04/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 21/04/2021), n.10553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11269/2019 r.g. proposto da:

I.F., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Laura

Barberio, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla

via del Casale Strozzi n. 31;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI PERUGIA depositato in data

01/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2021 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.F., nativo della (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., avverso il decreto del Tribunale di Perugia dell’1 marzo 2019, reso nel procedimento n. 1361/2018, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria; rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari). Il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato.

1.1. Quel tribunale ritenne che: i) il racconto reso dell’ I. innanzi alla Commissione Territoriale (circa il suo essere scappato dalla (OMISSIS) a causa della propria omosessualità e dei rischi che ivi avrebbe corso per tale sua condizione) non fosse attendibile, rivelandosi, piuttosto, “il tema della omosessualità… introdotto in modo surrettizio, quale precostituzione di una ragione di persecuzione che – vagliando il tenore ed il contenuto delle dichiarazioni – appare ricercatamente prospettata”; ii) non fosse necessario disporre l’audizione del richiedente protezione, perchè, “premesso che è stata fissata l’udienza per la comparizione delle parti e che, a quell’udienza, il procuratore ha depositato, anche usufruendo del termine concesso, documentazione attinente alla condizione personale del richiedente, senza indicare specifici elementi fattuali relativi alla versione del fatto già fornita in sede di audizione amministrativa, sui quali, eventualmente, avrebbe potuto svolgersi l’esame, non vi è ragione per procedere nuovamente all’audizione che, non potendo certamente essere condotta al fine di acquisire intuitivamente soggettivistici elementi di giudizio, finirebbe per risolversi – in punto di raccolta e cernita di elementi di fatto – in una non utile ripetizione di un atto già svolto…”; iii) non vi fosse nell'(OMISSIS), in (OMISSIS), una situazione di “conflitto armato interno” tale da produrre violenza indiscriminata; iv) non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo, recante “Error in iudicando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis (come introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazioni, dalla L. n. 46 del 2017), entrato in vigore il 18 agosto 2017, per mancata fissazione dell’udienza di comparizione del ricorrente e mancata audizione dello stesso, lesiva del diritto al contraddittorio e alla prova in difetto della videoregistrazione”, per non avere il tribunale celebrato “l’udienza di audizione del ricorrente pur in assenza della disponibilità della videoregistrazione”, si rivela inammissibile.

1.1. Invero, non solo il tribunale (che, come agevolmente emerge dal provvedimento impugnato, ha fissato l’udienza di comparizione, pur non disponendo l’audizione dell’istante) – come si è già anticipato nei “Fatti di causa” – ha puntualmente indicato le ragioni della non necessità di detta audizione, ma, in via assolutamente dirimente, rileva il Collegio che deve tenersi conto di quanto specificamente sancito, su tale problematica, dalla recente Cass. 11 novembre 2020, n. 25312, la quale: i) ha dato continuità all’orientamento formatosi sul testo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis per cui il giudice che sia investito del ricorso contro il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale può esimersi dall’audizione del richiedente se a quest’ultimo, nella fase amministrativa, sia stata data la facoltà di essere sentito ed il verbale del colloquio, ove avvenuto, sia stato reso disponibile (cfr. Cass. n. 15318 del 2020). Difatti, nel giudizio d’impugnazione innanzi all’autorità giudiziaria, ove sia mancata la videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla commissione territoriale, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia stata garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni o davanti alla commissione territoriale o, se necessario, innanzi al tribunale (cfr. Cass. n. 2917 del 2019; Cass. n. 5973 del 2019; Cass. n. 1088 del 2020); ii) ha precisato che la ripetuta interpretazione è conforme agli artt. 12, 14, 31 e 46 della direttiva 2013/32-UE, secondo l’interpretazione che ne ha dato la Corte di giustizia con la sentenza 26 luglio 2017, C348/16, Moussa Sacko, sicchè non è ravvisabile una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità, nell’omessa audizione personale del richiedente, poichè l’audizione comunque non si traduce in un incombente automatico neppure dinanzi all’affermata non credibilità del racconto. Vi è, semmai, il diritto della parte di richiedere l’audizione personale a fronte di specifiche circostanze di fatto che si intendano chiarire. Diritto cui si collega tuttavia il potere officioso del giudice di valutare la rilevanza di quelle circostanze nel complesso degli elementi acquisiti, ben potendo il giudice del gravame respingere la domanda di protezione internazionale che risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dagli atti e di quelli emersi attraverso l’audizione svoltasi nella fase amministrativa (cfr. Cass. n. 8931 del 2020, per quanto correlata a fattispecie soggetta al previgente D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35); iii) ha ricordato l’affermazione di Cass. n. 21584 del 2020, in cui, all’esito di ampia motivazione, è stato fissato il principio per cui “Nei giudizi in materia di protezione internazionale, il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile”; iv) ha opportunamente puntualizzato, proprio in relazione a quest’ultima decisione, che il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; nel senso che il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza. Tale onere nella specie non risulta adempiuto, nè, in contrario, appare decisivo il richiamo alla documentazione medica che, in quella occasione si sarebbe potuta prendere in considerazione, emergendo dal tenore letterale del provvedimento impugnato che il tribunale l’abbia comunque esaminata.

2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono rubricati, rispettivamente, “Error in iudicando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, art. 8, lett. d), artt. 11 e 14; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, sulla credibilità del ricorrente – omessa considerazione della documentazione medica depositata”, ed “Error in iudicando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c); del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, relativi all’obbligo di cooperazione istruttoria incombente sul Giudice della protezione internazionale sulla situazione attuale in (OMISSIS) – in particolare sul rischio di trattamenti inumani e degradanti nei confronti degli omosessuali in (OMISSIS)”. Si censurano la ritenuta inattendibilità dell’ I. ed il mancato riconoscimento, in favore di quest’ultimo, della protezione sussidiaria, anche tenuto conto della sua omosessualità.

2.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perchè connesse, si rilevano complessivamente insuscettibili di accoglimento.

2.1.1. Invero, il tribunale perugino ha ampiamento esposto le ragioni per cui ha ritenuto il racconto del richiedente protezione inattendibile (cfr. amplius, pag. 7-9 del decreto impugnato) pure in relazione alla ivi asserita sua omosessualità, opinando, in proposito che “il tema della omosessualità pare… introdotto in modo surrettizio, quale precostituzione di una ragione di persecuzione che – vagliando il tenore ed il contenuto delle dichiarazioni appare ricercatamente prospettata”.

2.1.2. Va dunque ricordato che la giurisprudenza di legittimità ha, ancora recentemente (cfr. Cass. n. 17536 del 2020; Cass. n. 18446 del 2019), chiarito che: i) la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (cfr., ex multis, Cass. n. 6191 del 2020, in motivazione; Cass. n. 32064 del 2018; Cass. n. 30105 del 2018), il quale deve ponderare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in Cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (tutte fattispecie qui insussistenti), dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr., nel medesimo senso, Cass. n. 18550 del 2020; Cass. n. 17539 del 2020; Cass. n. 13578 del 2020, la quale ha anche puntualizzato che spetta “al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza”; Cass. n. 3340 del 2019). Deve, peraltro, rimarcarsi che: i-a) nella specie, la semplice lettura del decreto oggi impugnato, nella parte in cui ha negato l’attendibilità dell’odierno ricorrente, presenta una motivazione ampiamente in linea con il minimo costituzionale sancito da Cass. SU, n. 8053 del 2014; i-b) non costituiscono “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014). Nella specie, il tenore letterale del decreto impugnato (cfr. pag. 9) denota chiaramente che il tribunale abbia comunque esaminata la “documentazione medica e psicologica” ivi prodotta dall’istante; ii) in tema di riconoscimento della protezione sussidiaria, il principio secondo il quale, una volta che le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori investe le domande formulate ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) predetto decreto (cfr. Cass. n. 15794 del 2019; Cass. n. 4892 del 2019), rispetto ai quali, quindi, nemmeno rileverebbe l’accertamento della concreta situazione socio-politica della (OMISSIS).

2.1.3. Quanto, invece, alla fattispecie di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, menzionato art. 14, lett. c la corrispondente doglianza si rivela inammissibile perchè il provvedimento oggi impugnato ha comunque esaminato la situazione fattuale ed operato la ricostruzione della realtà socio-politica del Paese di provenienza del richiedente, compiutamente indicando le fonti internazionali consultate (Rapporto EASO 2018, da considerarsi sufficientemente aggiornato in relazione alla data di deliberazione – 21 febbraio 2019 – del provvedimento predetto) ed ha escluso che l'(OMISSIS), in (OMISSIS), sia caratterizzati dalla presenza di un conflitto armato (invece esistente in altre zone del Paese) generatore di una situazione di violenza tanto diffusa ed indiscriminata da interessare qualsiasi persona ivi abitualmente dimorante. L’ I., peraltro, nemmeno ha indicato, su questo specifico aspetto (irrilevanti essendo quelle riportate in ricorso, che, investono, invece, la negativa condizione degli omosessuali in (OMISSIS): il tribunale, infatti, come si è già detto, ha giudicato inattendibile il richiedente protezione in ordine alla sua riferita omosessualità), fonti attendibili, precedentemente sottoposte all’attenzione del menzionato giudice, da cui attingere un convincimento differente da quello di quest’ultimo.

2.1.4. A tanto deve solo aggiungersi che l’asserito mancato approfondimento circa la “situazione degli omosessuali in (OMISSIS)”, su cui ancora insiste il ricorrente nella sua memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., ivi invocando il “Rapporto COI (OMISSIS), 28 gennaio 2019”, si rivela privo di decisività, posto che il giudice di merito, come si è già anticipato, ha puntualmente descritto le ragioni della ritenuta inattendibilità dell’ I. quanto alla sua condizione di omosessuale.

3. Il quarto motivo, rubricato “Error in iudicando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 TUI e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, relativo ai presupposti per il riconoscimento di protezione umanitaria – omessa considerazione di fatto decisivo (condizione di giovanissima età del richiedente asilo, integrazione e certificazione medica e psicologica)”, contesta il mancato riconoscimento della protezione cd. umanitaria. Esso, da scrutinarsi alla stregua della disciplina, qui applicabile ratione temporis, previgente al D.L. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 132 del 2018 (cfr. Cass., SU, n. 29459 del 2019) è inammissibile.

3.1. Invero, – una volta ritenuta inattendibile dal tribunale la condizione di omosessualità dell’odierno ricorrente – manca totalmente della necessaria allegazione sia della specifica vulnerabilità personale (esclusa dal tribunale) sia delle condizioni di vita nel Paese di origine da valutare comparativamente al livello di integrazione raggiunto in Italia. Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte richiede, infatti, il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale (cfr. Cass. n. 23778 del 2019; Cass. n. 1040 del 2020; Cass. n. 24026 del 2020), escludendo che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari possa essere riconosciuto solo in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza del richiedente – poichè si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, bensì quella del suo Paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. 17072 del 2018; Cass. n. 9304 del 2019) – nè considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (cfr. Cass., SU, nn. 29459-29461 del 2019; Cass. n. 4455 del 2018; Cass. n. 630 del 2020; Cass. n. 24026 del 2020).

3.2. Deve osservarsi, altresì, che secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito (nella specie la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, perchè l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ove si tratti di un apolide. Il Paese di transito potrà tuttavia rilevare (dir. UE n. 115 del 2008, art. 3) nel caso di accordi comunitari o bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale Paese (cfr. Cass. n. 13565 del 2020; Cass. n. 9185 del 2020; Cass. nn. 31676 e 2861 del 2018).

3.3. In definitiva, le doglianze sviluppate nel secondo, terzo e quarto motivo di ricorso riguardano, sostanzialmente, il complessivo governo del materiale istruttorio (quanto alla sussistenza, o meno, della prova dei presupposti per la invocata protezione sussidiaria ed umanitaria), senza assolutamente considerare che la denuncia di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010; Cass., SU. n. 10313 del 2006), non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonchè le più recenti Cass. n. 8758 del 2017 e Cass., SU, n. 34476 del 2019).

4. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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