Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10553 del 04/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/06/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 04/06/2020), n.10553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24666-2014 proposto da:

EQUITALIA CENTRO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DELLE QUATTRO FONTANE

161, presso lo studio dell’avvocato SANTE RICCI, rappresentata e

difesa dagli avvocati GIUSEPPE PARENTE, MAURIZIO CIMETTI, giusta

procura in calce;

– ricorrente –

contro

C.C.D., C.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 367/2014 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 26/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. ALDO CRISCUOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato MORETTI per delega dell’Avvocato

PARENTE che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.D. e C.C.D., nella qualità di eredi di C.G.A., impugnavano, con separati ricorsi, la comunicazione di avviso della procedura di fermo amministrativo del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 86, notificata per il mancato pagamento da parte del de cuius di alcune cartelle esattoriali per crediti, tributari e non, contratti dallo stesso personalmente e quale socio della Studio Dani di C. G. & C. S.n.c..

I contribuenti denunciavano l’omessa notifica delle cartelle di pagamento, non allegate al preavviso di fermo amministrativo, assumendo di non essere debitori delle somme contestate per avere ceduto la quota societaria del padre. La Commissione Tributaria Provinciale di Modena, con sentenza n. 1/02/10, previa riunione dei due procedimenti originati dai separati ricorsi dei fratelli C., dichiarava il proprio parziale difetto di giurisdizione con riferimento ai crediti previdenziali, per il resto affermando l’inammissibilità per tardività dei ricorsi riuniti.

I contribuenti proponevano appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna che, con sentenza n. 367/04/14, accoglieva il gravame sul presupposto della tempestività dei ricorsi, evidenziando il difetto di notifica delle cartelle di pagamento nei confronti dei ricorrenti, come rilevabile dalla documentazione versata in atti.

Equitalia Centro S.p.A. ricorre per la cassazione della sentenza svolgendo cinque motivi. Le parti intimate non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19, 21 e 22, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere i giudici di appello dichiarato la tardività ed inammissibilità di ogni contestazione relativa alle cartelle di pagamento, con conseguente possibilità per i contribuenti di impugnare il preavviso di fermo solo per vizi propri, avendo ricevuto, quali eredi di C.G., la notifica delle intimazioni di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, sia per i debiti personali del padre sia per i debiti sociali. Le intimazioni di pagamento sarebbero state notificate dall’Agente della Riscossione in data 11-12.2.2009, per cui il termine per proporre impugnazione avverso i suddetti atti sarebbe scaduto il 12-13.4.2009, con la conseguenza che ogni eccezione e contestazione doveva ritenersi insanabilmente preclusa.

Il motivo è inammissibile. Si legge nella parte in fatto della sentenza impugnata che Equitalia, resistendo in giudizio, ha eccepito che i ricorrenti, nella qualità di eredi di C.G., avrebbero ricevuto la notifica delle intimazioni di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, sia per i debiti personali del padre sia per i debiti sociali. Solo a seguito del mancato pagamento, l’Agente della Riscossione ha provveduto alla iscrizione del fermo amministrativo. Su tale eccezione difensiva, la Commissione Tributaria Regionale nella motivazione della sentenza impugnata non si è pronunciata in alcun modo. La censura, proposta dalla ricorrente come violazione di legge, in concreto integra un error in procedendo, in particolare il vizio di omessa pronuncia su questioni dedotte dalle parti (nella specie, omessa declaratoria di inammissibilità delle contestazioni relative alle cartelle di pagamento per definitività della pretesa a seguito della notifica delle presupposte intimazioni ai contribuenti).

L’erronea qualificazione del vizio come violazione di legge ne determina l’inammissibilità, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, “Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge” (Cass. n. 10862 del 2018; Cass. n. 4036 del 2014; Cass. S.U. n. 17931 del 2013). Equitalia, nello sviluppo illustrativo del mezzo, non ha neppure sostenuto “la nullità” della decisione derivante dalla relativa omissione, ma si è limitata ad argomentare sulla violazione di legge.

Il quinto ed il secondo motivo di ricorso vanno logicamente esaminati in quest’ordine.

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 65, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, ai sensi della norma citata, sussiste l’obbligo degli eredi, in tale qualità, di comunicare all’Amministrazione le proprie generalità ed il decesso del contribuente loro dante causa. Pertanto, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria non sia a conoscenza della morte del contribuente in seguito alla mancata comunicazione da parte degli eredi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, e tale notizia non sia pervenuta in nessun altro modo all’Ufficio, quest’ultimo è legittimato a notificare l’atto impositivo al contribuente defunto presso il domicilio fiscale del medesimo. In particolare, la ricorrente deduce, senza essere smentita, che nella fattispecie gli eredi non hanno mai comunicato all’Agenzia delle Entrate il decesso del contribuente e che pertanto l’Agente della Riscossione avrebbe correttamente notificato le cartelle al contribuente defunto presso il suo ultimo domicilio.

Il motivo è fondato.

Nella sentenza impugnata, dopo l’affermazione secondo la quale “esaminando la documentazione allegata non risulta alcuna notifica fatta nei confronti degli appellanti”, si legge ancora che “di contro, le cartelle allegate hanno come intestazione il defunto C.G. o la s.n.c. cancellata Studio Dani”.

Dagli atti non risulta che gli eredi di C.G. comunicarono all’Amministrazione l’avvenuto decesso del predetto, e non è contestato che le cartelle presupposte al preavviso di fermo amministrativo furono notificate al defunto presso il suo ultimo domicilio. Questa Corte ha chiarito che, nell’ipotesi di decesso del contribuente, la notifica degli atti impositivi o della riscossione, ove l’evento sia noto all’Ufficio, deve essere compiuta, a pena di nullità insanabile della notifica e degli atti stessi, nei confronti degli eredi personalmente e nominativamente nel domicilio fiscale di ciascuno di essi, oppure, qualora questi non abbiano tempestivamente provveduto alla comunicazione prescritta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, presso l’ultimo domicilio del “de cuius” collettivamente ed impersonalmente (Cass. n. 13760 del 2009). Quando invece non risulta in alcun modo portato a conoscenza dell’Ufficio non solo il nominativo e il domicilio fiscale degli eredi ma neppure il decesso del de cuius, l’Ufficio non può che inviare l’atto al contribuente (del quale ignora il decesso) presso l’ultimo domicilio dello stesso.

Col secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e della L. n. 890 del 1982, art. 14, e ar. 148 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, censurando la decisione impugnata nella parte in cui i giudici di appello sostengono che le notifiche delle cartelle al defunto C.G. ed alla cancellata s.n.c. Studio Dani erano “per di più” manchevoli di relata.

La ricorrente si duole innanzitutto del fatto che i giudici d’appello non abbiano considerato che le cartelle di pagamento relative ai debiti tributari erano state tutte notificate a mezzo del servizio postale – ad eccezione di due (n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS)) – e, in particolare, deduce che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, stabilisce chiaramente le modalità imposte dalla legge per la notifica a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ossia che la cartella deve essere notificata in plico chiuso e che, ai fini del perfezionamento della stessa, è sufficiente che l’avviso di ricevimento sia sottoscritto da una delle persone indicate dal comma successivo o dal portiere. Tenuto conto della correlazione tra il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e la L. n. 890 del 1982, art. 14, la notifica della cartella esattoriale deve pertanto essere considerata valida con il semplice invio in plico chiuso mediante spedizione di raccomandata con avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario, senza l’adempimento di ulteriori formalità.

La censura è fondata.

La più recente giurisprudenza di questa Corte (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene) ha infatti affermato che la notificazione della cartella di pagamento può essere eseguita anche mediante invio, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, e in detta ipotesi la stessa si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica in quanto l’avvenuta effettuazione della notificazione, su istanza di soggetto legittimato, e la relazione tra la persona cui è stato consegnato l’atto ed il destinatario della medesima costituiscono oggetto di un’attestazione dell’agente postale assistita dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., (v. cass. n. 4275 del 2018 e vedi anche tra le altre cass. n. 29642 del 2019).

3. Con il terzo e con il quarto motivo si denuncia omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Entrambe le censure sono inammissibili perchè, a prescindere da ogni altra considerazione, fanno riferimento ad un paramentro normativo non più in vigore, posto che il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), non prevede più l’omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la controversia bensì l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Un ulteriore profilo di inammissibilità emerge inoltre in relazione al quarto motivo di ricorso laddove la ricorrente deduce che i giudici di appello sarebbero incorsi in un “evidente errore di fatto” per non essersi avveduti che dagli atti emergeva che la società Studio Dani di C. G. & C. s.n.c. era stata cancellata dal registro delle imprese in data (OMISSIS), quindi in data successiva alla notificazione delle cartelle di pagamento: nei suddetti termini risulta infatti configurabile la denuncia di un errore di fatto revocatorio, non già del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, quale che sia il testo di riferimento del suddetto articolo.

Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte dichiara inammissibili il primo, terzo e quarto motivo di ricorso, accoglie il secondo e il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il primo, terzo e quarto motivo di ricorso, accoglie gli altri, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA