Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10552 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. I, 21/04/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 21/04/2021), n.10552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9847/2019 r.g. proposto da:

A.C., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato

Carmela Grillo, presso il cui studio elettivamente domicilia in

Perugia, alla via E. Toti n. 32.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI PERUGIA depositato in data

19/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2021 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.C., nativo del (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi, avverso il decreto del Tribunale di Perugia del 19 febbraio 2019, reso nel procedimento n. 1101/2018, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria; rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari). Il Ministero dell’Interno ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

1.1. Quel tribunale ritenne che: i) il racconto reso dall’ A. innanzi alla Commissione Territoriale (circa il suo essere scappato dal (OMISSIS) in seguito a false notizie diffusesi circa una sua omosessualità, per la quale era pure stato arrestato) fosse inattendibile perchè assolutamente generico, oltre che inverosimile quanto alla motivazione, da lui fornita con il ricorso, circa i fatti che avrebbero generato la falsa notizia della sua omosessualità; ii) non fosse necessario disporre l’audizione del richiedente protezione, “non residuando margini di dubbio alla luce delle dichiarazioni già rese dal C. innanzi alla commissione territoriale e tenuto conto della mancanza di diverse e ulteriori allegazioni nel ricorso introduttivo. Invero, non essendo stati introdotti nuovi temi di indagine, nè essendo stati indicati aspetti della sua storia personale meritevoli di maggiore approfondimento, una nuova audizione risulta essere adempimento superfluo, che finirebbe per costituire una inutile ripetizione di quella già svolta dinanzi alla Commissione”; iii) non vi fosse in (OMISSIS) una situazione di “conflitto armato interno” tale da produrre violenza indiscriminata; iv) non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della “costituzione” dell’intimato Ministero dell’Interno, tardivamente effettuata con un atto, denominato appunto “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosene il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (cfr. Cass. n. 5400 del 2006). Anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c. (introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. n. 196 del 2016), alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dagli artt. 370 e 366 c.p.c., nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (cfr. Cass. n. 10813 del 2019; Cass. n. 16261 del 2012; Cass. n. 5586 del 2011).

2. Tanto premesso, il quarto motivo di ricorso, il cui esame deve logicamente precedere lo scrutinio degli altri, reca “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, ma anche violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3”, per non avere il tribunale disposto l’audizione dell’odierno ricorrente malgrado il fatto che la videoregistrazione del colloquio davanti alla Commissione Territoriale non fosse disponibile. Lo stesso si rivela inammissibile.

2.1. Invero, non solo, il tribunale – come si è già esposto nei “Fatti di causa” – ha puntualmente indicato le ragioni della non necessità di detta audizione, ma, in via assolutamente dirimente, rileva il Collegio che deve tenersi conto di quanto specificamente sancito, su tale problematica, dalla recente Cass. 11 novembre 2020, n. 25312, la quale: i) ha dato continuità all’orientamento formatosi sul testo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis per cui il giudice che sia investito del ricorso contro il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale può esimersi dall’audizione del richiedente se a quest’ultimo, nella fase amministrativa, sia stata data la facoltà di essere sentito ed il verbale del colloquio, ove avvenuto, sia stato reso disponibile (cfr. Cass. n. 15318 del 2020). Difatti, nel giudizio d’impugnazione innanzi all’autorità giudiziaria, ove sia mancata la videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla commissione territoriale, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia stata garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni o davanti alla commissione territoriale o, se necessario, innanzi al tribunale (cfr. Cass. n. 2917 del 2019; Cass. n. 5973 del 2019; Cass. n. 1088 del 2020); ii) ha precisato che la ripetuta interpretazione è conforme agli artt. 12, 14, 31 e 46 della direttiva 2013/32-UE, secondo il significato che ne ha dato la Corte di giustizia con la sentenza 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko, sicchè non è ravvisabile una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità, nell’omessa audizione personale del richiedente, poichè l’audizione comunque non si traduce in un incombente automatico neppure dinanzi all’affermata non credibilità del racconto. Vi è, semmai, il diritto della parte di richiedere l’audizione personale a fronte di specifiche circostanze di fatto che si intendano chiarire. Diritto cui si collega tuttavia il potere officioso del giudice di valutare la rilevanza di quelle circostanze nel complesso degli elementi acquisiti, ben potendo il giudice del gravame respingere la domanda di protezione internazionale che risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dagli atti e di quelli emersi attraverso l’audizione svoltasi nella fase amministrativa (cfr. Cass. n. 8931 del 2020, per quanto correlata a fattispecie soggetta al previgente D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35); iii) ha ricordato l’affermazione di Cass. n. 21584 del 2020, in cui, all’esito di ampia motivazione, è stato fissato il principio per cui “Nei giudizi in materia di protezione internazionale, il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile”; iv) ha opportunamente puntualizzato, proprio in relazione a quest’ultima decisione, che il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; nel senso che il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza. Tale onere nella specie non risulta adempiuto.

3. Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono rubricati, rispettivamente, “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 10 Cost., nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) ed e), ed omesso esame di un fatto decisivo”, “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), ed omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si censurano il mancato riconoscimento, in favore dell’ A., dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, anche tenuto conto del suo essere stato arrestato sulla falsa notizia della sua omosessualità e dell’ostilità manifestatagli dal suo ambiente familiare e da quello sociale.

3.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perchè connesse, si rilevano complessivamente insuscettibili di accoglimento.

3.1.1. Invero, il tribunale perugino ha ampiamento esposto le ragioni per cui ha ritenuto il racconto del richiedente protezione affatto inattendibile (cfr. amplius, pag. 5 del decreto impugnato) pure in relazione alla ivi riferita notizia della sua falsa omosessualità.

3.1.2. Va ricordato, dunque, che la giurisprudenza di legittimità, ancora recentemente (cfr. Cass. n. 29163 del 2020; Cass. n. 23983 del 2020; Cass. n. 17536 del 2020; Cass. n. 18446 del 2019), ha chiarito che: i) la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (cfr., ex multis, Cass. n. 6191 del 2020, in motivazione; Cass. n. 32064 del 2018; Cass. n. 30105 del 2018), il quale deve ponderare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lettera c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in Cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (tutte fattispecie qui insussistenti), dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr., nel medesimo senso, Cass. n. 18550 del 2020; Cass. n. 17539 del 2020; Cass. n. 13578 del 2020, la quale ha anche puntualizzato che spetta “al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza”; Cass. n. 3340 del 2019). Deve, peraltro, rimarcarsi che, nella specie, la semplice lettura del decreto oggi impugnato, nella parte in cui ha negato l’attendibilità dell’odierno ricorrente, presenta una motivazione ampiamente in linea con il minimo costituzionale sancito da Cass. SU, n. 8053 del 2014; ii) in tema di riconoscimento della protezione sussidiaria, il principio secondo il quale, una volta che le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori investe le domande formulate ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) predetto decreto (cfr. Cass. n. 15794 del 2019; Cass. n. 4892 del 2019), rispetto ai quali, quindi, nemmeno rileverebbe l’accertamento della concreta situazione socio-politica del (OMISSIS).

3.1.3. Quanto, invece, alla fattispecie di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, menzionato art. 14, lett. c la corrispondente doglianza si rivela inammissibile perchè l’ A. nemmeno ha indicato fonti attendibili, precedentemente sottoposte all’attenzione del menzionato tribunale, da cui attingere un convincimento differente da quello di quest’ultimo, come adeguatamente documentato quanto alle COI consultate e puntualmente indicate.

4. Il terzo motivo di ricorso, infine, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 cd. protezione umanitaria, ed omesso esame di un fatto decisivo”, in ordine alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, astrattamente riconoscibile ratione temporis (cfr. Cass., SU, n. 29459 del 2019), è inammissibile perchè – una volta ritenuta inattendibile dal tribunale la condizione di omosessualità dell’odierno ricorrente – manca totalmente della necessaria allegazione sia della specifica vulnerabilità personale sia delle condizioni di vita nel Paese di origine da valutare comparativamente al livello di integrazione raggiunto in Italia. Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte richiede, infatti, il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale (cfr. Cass. n. 23778 del 2019; Cass. n. 1040 del 2020; Cass. n. 24026 del 2020), escludendo che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari possa essere riconosciuto solo in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza del richiedente – poichè si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, bensì quella del suo Paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. 17072 del 2018; Cass. n. 9304 del 2019) – nè considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (cfr. Cass., SU, nn. 29459-29461 del 2019; Cass. n. 4455 del 2018; Cass. n. 630 del 2020; Cass. n. 24026 del 2020).

5. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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