Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10550 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/04/2017, (ud. 13/04/2017, dep.28/04/2017),  n. 10550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20371/2015 R.G. proposto da:

FINCOS Alassio s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo

Scaparone e Cinzia Picco, elettivamente domiciliata presso lo studio

del Dott. Alfredo Placidi in Roma alla via Cosseria n. 2, per

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Alassio, rappresentato e difeso dall’Avv. Simone Contri,

elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte, per

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 95/4/15 depositata il 22 gennaio 2015;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2017

dal Consigliere Enrico Carbone;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale DE RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del

terzo motivo di ricorso, infondati gli altri;

Uditi gli Avv.ti Paolo Migliaccio su delega per la ricorrente e

Gianluca Contaldi su delega per il controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione tributaria regionale della Liguria respingeva l’appello proposto da FINCOS Alassio s.r.l. – subentrata a FINCOS Costruzioni Finanziaria s.p.a. – avverso la declaratoria di legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di FINCOS Costruzioni Finanziaria per l’imposta comunale sugli immobili relativa al Grand Hotel Alassio, annualità 2004.

In linea con la decisione di primo grado, il giudice del gravame riteneva che il diritto di superficie e il pertinente carico tributario decorressero fin dalla stipula delle convenzioni del 26 marzo 2001 e 20 gennaio 2003 con le quali il Comune di Alassio aveva affidato a CONICOS s.p.a. (poi rilevata da FINCOS Costruzioni Finanziaria) la riqualificazione della struttura alberghiera, concedendole di realizzarvi e gestirvi un parcheggio interrato e un centro talassoterapico.

Sempre in conformità al primo giudice, il giudice d’appello aggiungeva che il debito tributario non era stato oggetto di una valida specifica esenzione convenzionale e che corretta era stata la rideterminazione della base imponibile con abbattimento del 20% per incidenza dei lavori sul valore dell’area.

FINCOS Alassio ricorre per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria.

Il Comune resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1370 c.c., per aver il giudice d’appello interpretato le convenzioni inter partes nel senso che il diritto di superficie si sia costituito già alla stipula dei negozi, anzichè solo al collaudo dell’opera.

1.1. Il motivo è infondato.

Il diritto di superficie è il “diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà” (art. 952 c.c.); analogo, per natura e regime, il “diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui” (art. 955 c.c.).

Per come trascritte in ricorso, le predette convenzioni, all’art. 2, istituiscono tale “diritto di fare e mantenere” con effetto immediato, ciò che emerge dall’uso del verbo al modo indicativo (“concede e costituisce”); il collaudo dell’opera è indicato a fini differenti, quale dies a quo del termine di ottantacinque anni fissato per la gestione dell’opera.

L’interpretazione letterale non è punto incompatibile con le altre clausole negoziali: in particolare, con l’art. 20 delle convenzioni, che, riferendosi al “diritto di mantenere l’opera… per la durata di ottantacinque anni”, si limita a ribadire l’esistenza di un termine finale ex art. 953 c.c., senza nulla dire sul termine iniziale, quest’ultimo da riferire viceversa alla fattispecie complessiva (“fare”, prima di “mantenere”).

Posto al centro della decisione il canone testuale, quindi, il giudice d’appello non ha violato alcun altro criterio ermeneutico.

Si rammenta che il sindacato di legittimità sull’interpretazione del contratto non può investire il risultato interpretativo in sè, appartenente all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma può riguardare solo l’osservanza dei canoni ermeneutici legali e la coerenza della motivazione (Cass. 13 febbraio 2002, n. 2074, Rv. 552238; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465, Rv. 634161).

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52 per aver il giudice d’appello negato l’esistenza di una specifica valida esenzione convenzionale dal debito ICI.

2.1. Il motivo è inammissibile.

La ricorrente si sofferma sull’astratta legittimità dell’esonero pattizio dal debito tributario alla luce del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52 ma omette di riprodurre le clausole che tale esonero avrebbero concesso nella fattispecie concreta.

In tal modo, la ricorrente ha violato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, impedendo alla Corte di valutare la decisività del mezzo.

Riguardo alla quale, tuttavia, non può sottacersi che il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52 concerne la potestà regolamentare degli enti locali e non le mere fattispecie negoziali (per la nullità di deroghe convenzionali in materia tributaria, Cass. 30 maggio 2002, n. 7945, Rv. 554773; Cass. 9 novembre 2004, n. 21311, Rv. 578242).

3. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, e omesso esame di fatto decisivo, per non aver il giudice d’appello riconosciuto l’azzeramento della base imponibile derivante dagli oneri di adattamento del terreno e dai prezzi medi di aree analoghe.

3.1. Il motivo è inammissibile.

In aperta violazione del principio di autosufficienza, il ricorso non riproduce l’avviso di accertamento, sicchè resta impedito alla Corte di verificare lo sviluppo del calcolo d’imposta in rapporto ai parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5.

Quindi, non è possibile valutare la decisività del mezzo.

4. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Dichiara che la ricorrente ha l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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