Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10550 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. I, 21/04/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 21/04/2021), n.10550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8449/2019 r.g. proposto da:

S.G., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Carmela

Grillo, presso il cui studio elettivamente domicilia in Perugia,

alla via E. Toti n. 32;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI PERUGIA depositato in data

05/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2021 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.G., nativo del (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi, avverso il decreto del Tribunale di Perugia del 5 febbraio 2019, reso nel procedimento n. 2794/2018, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria; rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari). Il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato.

1.1. Quel tribunale ritenne inattendibile il racconto del richiedente, del quale considerò superflua l’ulteriore audizione spiegandone le ragioni, e, comunque, che non vi fossero i presupposti per il riconoscimento delle invocate forme di protezione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il terzo motivo di ricorso, il cui esame deve logicamente precedere quello delle altre censure, denuncia “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, e dell’art. 6 C.E.D.U, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per non avere il tribunale disposto l’audizione dell’odierno ricorrente malgrado il fatto che la videoregistrazione del colloquio davanti alla Commissione Territoriale non fosse disponibile. Esso si rivela inammissibile.

1.1. Invero, non solo, il tribunale – come si è già anticipato nei “Fatti di causa” – ha puntualmente indicato le ragioni della non necessità di detta audizione, ma, in via assolutamente dirimente, rileva il Collegio che deve tenersi conto di quanto specificamente sancito, su tale problematica, dalla recente Cass. 11 novembre 2020, n. 25312, la quale: i) ha dato continuità all’orientamento formatosi sul testo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis per cui il giudice che sia investito del ricorso contro il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale può esimersi dall’audizione del richiedente se a quest’ultimo, nella fase amministrativa, sia stata data la facoltà di essere sentito ed il verbale del colloquio, ove avvenuto, sia stato reso disponibile (cfr. Cass. n. 15318 del 2020). Difatti, nel giudizio d’impugnazione innanzi all’autorità giudiziaria, ove sia mancata la videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla commissione territoriale, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia stata garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni o davanti alla commissione territoriale o, se necessario, innanzi al tribunale (cfr. Cass. n. 2917 del 2019; Cass. n. 5973 del 2019; Cass. n. 1088 del 2020); li) ha precisato che la ripetuta interpretazione è conforme agli artt. 12, 14, 31 e 46 della direttiva 2013/32-UE, secondo l’interpretazione che ne ha dato la Corte di giustizia con la sentenza 26 luglio 2017, C348/16, Moussa Sacko, sicchè non è ravvisabile una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità, nell’omessa audizione personale del richiedente, poichè l’audizione comunque non si traduce in un incombente automatico neppure dinanzi all’affermata non credibilità del racconto. Vi è, semmai, il diritto della parte di richiedere l’audizione personale a fronte di specifiche circostanze di fatto che si intendano chiarire. Diritto cui si collega tuttavia il potere officioso del giudice di valutare la rilevanza di quelle circostanze nel complesso degli elementi acquisiti, ben potendo il giudice del gravame respingere la domanda di protezione internazionale che risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dagli atti e di quelli emersi attraverso l’audizione svoltasi nella fase amministrativa (cfr. Cass. n. 8931 del 2020, per quanto correlata a fattispecie soggetta al previgente D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35); iii) ha ricordato l’affermazione di Cass. n. 21584 del 2020, in cui, all’esito di ampia motivazione, è stato fissato il principio per cui “Nei giudizi in materia di protezione internazionale, il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile”; iv) ha opportunamente puntualizzato, proprio in relazione a quest’ultima decisione, che il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; nel senso che il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza. Tale onere nella specie non risulta adempiuto.

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, poi, sono rubricati, rispettivamente, “Errata applicazione e/o interpretazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e degli artt. 6 e 13 C.E.D.U. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” e “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Vengono censurati la ritenuta inattendibilità del S. ed il mancato riconoscimento, in favore di quest’ultimo, dello status di rifugiato o, quanto meno, della protezione sussidiaria.

2.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perchè connesse, si rilevano complessivamente inammissibili.

2.1.1. Invero, il tribunale perugino ha ampiamento esposto le ragioni per cui ha ritenuto il racconto del richiedente protezione inattendibile in ragione della sua genericità e contraddittorietà, altresì chiarendo, in ogni caso, che “la vicenda riferita dal ricorrente, anche ove ritenuta credibile, attiene a questioni di diritto penale interno e non ha nessun collegamento obiettivo con la situazione generale del Paese” (cfr. amplius, pag. 7-9 del decreto impugnato).

2.1.2. Va dunque ricordato che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito, ancora recentemente (cfr. Cass. n. 29163 del 2020; Cass. n. 23983 del 2020; Cass. n. 17536 del 2020; Cass. n. 18446 del 2019), che: i) la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (cfr., ex multis, Cass. n. 6191 del 2020, in motivazione; Cass. n. 32064 del 2018; Cass. n. 30105 del 2018), il quale deve ponderare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in Cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (tutte fattispecie qui insussistenti), dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr., nel medesimo senso, Cass. n. 18550 del 2020; Cass. n. 17539 del 2020; Cass. n. 13578 del 2020, la quale ha anche puntualizzato che spetta “al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza”; Cass. n. 3340 del 2019). Deve, peraltro, rimarcarsi che, nella specie, la semplice lettura del decreto oggi impugnato, nella parte in cui ha negato l’attendibilità dell’odierno ricorrente, presenta una motivazione ampiamente in linea con il minimo costituzionale sancito da Cass. SU, n. 8053 del 2014; ii) in tema di riconoscimento della protezione sussidiaria, il principio secondo il quale, una volta che le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori investe le domande formulate ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) predetto decreto (cfr. Cass. n. 15794 del 2019; Cass. n. 4892 del 2019), rispetto ai quali, quindi, nemmeno rileverebbe l’accertamento della concreta situazione socio-politica del (OMISSIS).

2.1.3. Quanto, invece, alla fattispecie di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, menzionato art. 14, lett. c, la corrispondente doglianza si rivela inammissibile posto che è volta a sollecitare, sul punto, una diversa valutazione fattuale rispetto a quella operata dal tribunale, il quale ha pure dato conto, ampiamente, delle fonti internazionali aggiornate consultate (cfr. pag. 8-9 del decreto impugnato).

2.1.4. In proposito, infatti, è sufficiente rimarcare che: i) come puntualizzato da Cass. n. 29056 del 2019, “qualora la parte non abbia offerto alcuna informazione precisa, pertinente ed aggiornata sulle condizioni del Paese di origine – e, cioè, informazioni idonee a supportare la valutazione di credibilità e la valutazione del rischio – la acquisizione d’ufficio delle COI costituisce attività integrativa che sana (…) l’inerzia della parte, e quindi non diminuisce le garanzie processuali del soggetto, anzi le amplia, nè lede in alcun modo i suoi diritti. In virtù del dovere di cooperazione il giudice verifica, infatti, se sussista una chance, alla luce della COI come sopra assunte, di accoglimento dell’istanza di protezione, quale che sia poi in concreto l’esito della causa. Nessun vulnus concreto al diritto di difesa si può in questo caso prospettare se il giudice non sottopone preventivamente le COI assunte d’ufficio al contraddittorio, purchè renda palese nella motivazione a quali COI ha fatto riferimento, onde consentire, eventualmente, la critica in fase di impugnazione, nel merito o sulla legittimità della procedura di acquisizione. Diverso è il caso in cui la parte abbia esplicitamente indicato COI, aggiornate e pertinenti, specificamente riferite al rischio che è stato dedotto, indicandone la fonte, la data e prendendo posizione sulle condizioni del Paese di origine, sulla loro incidenza nella posizione individuale del richiedente, e su come le COI indicate consentano di ritenere il racconto attendibile, nonchè concreto ed attuale il rischio dedotto. In tal caso, ove in ipotesi il giudice ritenga di utilizzare altre COI, di fonte diversa o più aggiornate, che depongono in senso opposto a quelle offerte dal richiedente, egli dovrà sottoporle preventivamente al contraddittorio, perchè diversamente si arrecherebbe, in concreto, un irredimibile vulnus al diritto di difesa”; il) il S. non specifica se le diverse fonti oggi richiamate (di una delle quali – il sito (OMISSIS) – nemmeno riporta lo specifico contenuto, così impedendo a questa Corte di valutarne la decisività; l’altra, invece – rapporto della Commissione nazionale per il diritto di asilo – del tutto sfornita di qualsivoglia riferimento temporale) in ricorso fossero state, o meno, sottoposte all’attenzione del tribunale al fine di indurlo ad un diverso esito del processo.

3. Il quarto motivo di ricorso, infine, rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari”, astrattamente riconoscibile ratione temporis (cfr. Cass., SU, n. 29459 del 2019), è inammissibile perchè la relativa censura tende a sollecitare, sul punto, una diversa valutazione fattuale rispetto a quella operata dal tribunale, il quale ha escluso la sussistenza di situazione di vulnerabilità del ricorrente ed ha negato che, per la protezione in questione, potesse essere sufficiente la documentata partecipazione ad attività di volontariato all’interno di un programma di lavori socialmente utili (cfr. pag. 10 del decreto impugnato).

3.1. La doglianza, peraltro, manca totalmente della necessaria allegazione sia della specifica vulnerabilità personale sia delle condizioni di vita nel Paese di origine da valutare comparativamente al livello di integrazione raggiunto in Italia. Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte richiede, infatti, il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale (cfr. Cass. n. 23778 del 2019; Cass. n. 1040 del 2020; Cass. n. 24026 del 2020), escludendo che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari possa essere riconosciuto solo in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza del richiedente – poichè si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, bensì quella del suo Paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. 17072 del 2018; Cass. n. 9304 del 2019) – nè considerando, isolatamente ed astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (cfr. Cass., SU, nn. 29459-29461 del 2019; Cass. n. 4455 del 2018; Cass. n. 630 del 2020; Cass. n. 24026 del 2020).

4. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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