Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10549 del 28/04/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. trib., 28/04/2017, (ud. 13/04/2017, dep.28/04/2017),  n. 10549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi iscritti al n. 9748/2015 R.G. proposti da:

CONICOS s.p.a. e FINCOS Alassio s.r.l., rappresentate e difese dagli

Avv.ti Paolo Scaparone e Cinzia Picco, elettivamente domiciliate

presso lo studio del Dott. Alfredo Placidi in Roma alla via Cosseria

n. 2, per procure a margine dei ricorsi;

– ricorrenti –

contro

Comune di Alassio;

– intimato –

avverso le sentenze della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 1034/6/14 e n. 1035/6/14 depositate il 2 ottobre 2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2017

dal Consigliere Enrico Carbone;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento

del terzo motivo di ricorso, infondati gli altri;

Udito l’Avv. Paolo Migliaccio su delega per le ricorrenti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

In parziale accoglimento dei ricorsi proposti da CONICOS s.p.a. e FINCOS Costruzioni Finanziaria s.p.a., la Commissione tributaria provinciale di Savona parzialmente annullava con separate pronunce (n. 5/1/10 e n. 6/1/10) l’avviso di accertamento emesso nei confronti delle due società per l’imposta comunale sugli immobili relativa al (OMISSIS), annualità 2003, per l’effetto riducendo la base imponibile del 20%.

Con distinte sentenze (n. 1034/6/14 e n. 1035/6/14), la Commissione tributaria regionale della Liguria respingeva l’appello del Comune di Alassio e accoglieva parzialmente l’appello incidentale delle società contribuenti, per l’effetto riducendo l’imponibile del 50%.

Il giudice d’appello riteneva che il diritto di superficie e il pertinente carico tributario decorressero fin dalla stipula delle convenzioni del 26 marzo 2001 e 20 gennaio 2003 con le quali il Comune di Alassio aveva affidato a CONICOS s.p.a. (poi rilevata da FINCOS Costruzioni Finanziaria s.p.a.) la riqualificazione della struttura alberghiera, concedendole di realizzarvi e gestirvi un parcheggio interrato e un centro talassoterapico.

Il giudice del gravame precisava che il debito tributario non era stato oggetto di una valida esenzione convenzionale, ma riduceva ulteriormente l’imponibile per l’incidenza dei lavori sul valore dell’area.

Con atti successivi, CONICOS s.p.a. e FINCOS Alassio s.r.l. (quest’ultima subentrata a FINCOS Costruzioni Finanziaria s.p.a.) hanno proposto ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria.

Il Comune di Alassio è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo dei ricorsi denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1370 c.c., per aver il giudice d’appello interpretato le convenzioni inter partes nel senso che il diritto di superficie si sia costituito già alla stipula dei negozi, anzichè solo al collaudo dell’opera.

1.1. Il motivo è infondato.

Il diritto di superficie è il “diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà” (art. 952 c.c.); analogo, per natura e regime, il “diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui” (art. 955 c.c.).

Per come trascritte nei ricorsi, le predette convenzioni, all’art. 2, istituiscono tale “diritto di fare e mantenere” con effetto immediato, ciò che emerge dall’uso del verbo al modo indicativo (“concede e costituisce”); il collaudo dell’opera è indicato a fini differenti, quale dies a quo del termine di ottantacinque anni fissato per la gestione dell’opera.

L’interpretazione letterale non è punto incompatibile con le altre clausole negoziali: in particolare, con l’art. 20 delle stesse convenzioni, che, riferendosi al “diritto di mantenere l’opera… per la durata di ottantacinque anni”, si limita a ribadire l’esistenza di un termine finale ex art. 953 c.c., senza nulla dire sul termine iniziale, quest’ultimo da riferire viceversa alla fattispecie complessiva (“fare”, prima di “mantenere”).

Posto al centro della decisione il canone testuale, quindi, il giudice d’appello non ha violato alcun altro criterio ermeneutico.

Si rammenta che il sindacato di legittimità sull’interpretazione del contratto non può investire il risultato interpretativo in sè, appartenente all’àmbito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma può riguardare solo l’osservanza dei canoni ermeneutici legali e la coerenza della motivazione (Cass. 13 febbraio 2002, n. 2074, Rv. 552238; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465, Rv. 634161).

2. Il secondo motivo dei ricorsi denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, R.D. n. 827 del 1924, art. 49, per aver il giudice d’appello negato l’esistenza di una valida esenzione convenzionale dal debito ICI.

2.1. Il motivo è infondato.

Le società contribuenti ritengono di essere state esonerate dal debito ICI per effetto dell’art. 5 delle convenzioni, ma il testo negoziale – riprodotto nelle sentenze d’appello – neppure menziona tale imposta, riguardando tutt’altri oneri.

Resta pertanto senza deroga la soggettività passiva a fini ICI del titolare del diritto di superficie (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 1), ove pure fosse ammissibile una deroga convenzionale in materia tributaria (contra, a lume dell’art. 49 r.d. 827/1924, Cass. 30 maggio 2002, n. 7945, Rv. 554773; Cass. 9 novembre 2004, n. 21311, Rv. 578242).

Il giudice d’appello ha affrontato direttamente il profilo dell’invalidità dell’esenzione convenzionale, mentre avrebbe dovuto arrestarsi prima, constatando che nella specie non v’è stata alcuna esenzione convenzionale: in tal senso la sua motivazione viene corretta a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

3. Il terzo motivo dei ricorsi denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, per non aver il giudice d’appello riconosciuto l’azzeramento della base imponibile derivante dagli oneri di adattamento del terreno.

3.1. Il motivo è inammissibile.

In aperta violazione del principio di autosufficienza, i ricorsi non riproducono l’avviso di accertamento, sicchè resta impedito alla Corte di verificare lo sviluppo del calcolo d’imposta in rapporto ai parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5.

Quindi, non è possibile valutare la decisività del mezzo.

4. I ricorsi devono essere respinti; nulla sulle spese, in difetto di costituzione dell’intimato.

PQM

Rigetta i ricorsi.

Dichiara che le ricorrenti hanno l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA