Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10546 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/04/2017, (ud. 12/04/2017, dep.28/04/2017),  n. 10546

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3944-2013 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA APPIA NUOVA 96,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO ROLFO, che lo rappresenta e

difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NETTUNO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA CICERONE 28, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI MONTELLA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PIETRO DI BENEDETTO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 125/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 05/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROLFO che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato MONTELLA che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. C.C. impugnava con distinti ricorsi gli avvisi di accertamento notificati dalla Nettuno Servizi s.r.l. in materia di Ici per gli anni 2002, 2003, 2004 e 2006 relativi a due distinte unità immobiliari. La commissione tributaria provinciale di Roma, previa riunione dei ricorsi, li rigettava con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale del Lazio sul rilievo che il contribuente era tenuto a pagare l’imposta in quanto proprietario dei beni che risultavano accatastati; inoltre le condizioni per la riduzione dell’imposta al 50% per i fabbricati non abitabili era limitata al periodo in cui sussistevano le condizioni stesse che avrebbero dovuto essere accertate, su richiesta, dall’Ufficio Tecnico Comunale.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a quattro motivi illustrati con memoria. Resiste con controricorso il Comune di Nettuno, subentrato a Nettuno Servizi s.r.l..

3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1, 2 e 8. Sostiene che ha errato la CTR nel ritenere che la mera circostanza della iscrizione degli immobili in catasto costituisse il presupposto dell’imposizione tributaria. Ciò in quanto i giudici di appello avrebbero dovuto tenere conto del fatto che negli anni per i quali era stato chiesto il pagamento dell’imposta gli immobili non erano stati ultimati ed erano, quindi, inagibili. Un tanto era dimostrato dal fatto che era stata prodotta una perizia giurata effettuata nel 1992 da cui si evinceva che gli immobili non erano ultimati pur essendo stati accatastati.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1992, art. 62 all’art. 324 c.p.c. ed all’art. 2909 c.c.. Sostiene la rilevanza del giudicato esterno perchè con sentenza della commissione tributaria di Roma, passata in giudicato, era stato accertato che l’Ici per l’anno 2005 non era dovuta per l’inagibilità in quel periodo degli immobili per cui è causa.

5. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR ha omesso di considerare gli elementi addotti dal contribuente atti a provare l’inagibilità degli immobili. Trattavasi, in particolare, della denuncia di accatastamento del 1987 e della perizia giurata effettuata nel 1992 da cui si evinceva che gli immobili non erano ultimati pur essendo stati accatastati.

6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2697 c.c.. Sostiene che il Comune non ha assolto l’onere della prova circa la sussistenza dei presupposti per la debenza dell’imposta.

7. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1 prevede che presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa. L’art. 2 prevede che, ai fini impositivi, per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano. Infine l’art. 8 prevede che l’imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. Il ricorrente sostiene che la CTR avrebbe dovuto considerare che mancava il presupposto impositivo perchè gli immobili erano di fatto non utilizzati dato che i lavori di costruzione non erano stati ancora ultimati, benchè i fabbricati risultassero regolarmente accatastati. Tuttavia il motivo di ricorso si appalesa generico perchè il ricorrente non ha dedotto elementi significativi a sostegno del suo assunto, dovendosi escludere che la perizia giurata redatta nel 1992 assuma valenza probatoria in ordine alla inagibilità degli immobili nel periodi di imposta per cui è causa, trattandosi di accertamento dello stato dei luoghi che è avvenuto dieci anni prima.

8. Il secondo motivo è parimenti infondato. Il ricorrente assume che si sarebbe formato il giudicato esterno in relazione all’ICI relativa all’anno 2005 e riferita ai medesimi beni ed ai vari anni di imposta in contestazione. Il contribuente ha, infatti, dedotto la sussistenza della sentenza n. 483/06/09 emessa dalla CTP di Roma con la quale è stato accertato che gli immobili per cui è causa non erano agibili nell’anno 2005.

Ora, va dato conto dei principi desumibili da pregresse pronunce delle SS.UU. della Corte di Cassazione, la quale ha avuto modo di affermare il principio secondo cui “Quando i giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale norma agendi cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta”. Inoltre “nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata.” (Cass. SS. UU. n.13916/2006; Cass. n. 23032/2015; Cass. n. 8658/2001, n. 6883/2001).

Nel caso in esame, avuto riguardo al contenuto della sentenza n. 483/06/09 emessa dalla CTP di Roma, difetta il presupposto dell’identità degli accertamenti di fatto riguardo a punto comune alle controversie. Il tributo di cui si discute non è inquadrabile nell’ambito di un unico rapporto di durata, ma il suo presupposto fattuale si pone in relazione ad un elemento, l’inagibilità degli immobili, il cui accertamento fattuale non può che essere peculiare allo specifico periodo temporale che attiene all’atto impositivo (nelle fattispecie in esame l’anno 2005), atteso che eventuali lavori di ristrutturazione che hanno impedito l’uso possono essersi protratti solo in tale anno (cfr. Cass. n. 20257 del 09/10/2015; Cass. n. 13498 del 01/07/2015; Cass. n. 18923 del 16/09/2011). Dunque l’aver la CTP accertato con sentenza passata in giudicato che il C. nell’anno 2005 non aveva facoltà di utilizzare gli immobili non può fare stato con riferimento anche ad annualità diverse.

9. Il terzo motivo è infondato per le ragioni espresse con riguardo al primo motivo, data l’irrilevanza della perizia giurata redatta nel 1992.

10. Il quarto motivo è parimenti infondato, dovendosi considerare che è onere del contribuente fornire la prova della sussistenza dei presupposti per l’esenzione dall’imposta dovuta in relazione a fabbricati iscritti in catasto.

11. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al Comune di Nettuno le spese processuali che liquida in Euro 3.000,00 oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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