Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1054 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4520-2019 proposto da:

F.M. nella qualità di Liquidatore della TECNOLOGY

INVESTMENT & PROPERTY SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati ROBERTO CRAVEIA, LUCA BAJ;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, PUBBLICO MINISTERO PRESSO

LA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BERGAMO, PUBBLICO

MINISTERO PRESSO LA PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA

CORTE D’APPELLO DI BRESCIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1967/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Bergamo, con decreto in data 16 gennaio 2018, ravvisava l’inammissibilità della proposta di concordato presentata da (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, dichiarando, con sentenza n. 8/2018 in pari data, il suo fallimento;

2. la Corte d’appello di Brescia, a seguito del reclamo presentato dalla società debitrice, rilevava la ritualità dello sviluppo processuale che aveva condotto alla constatazione dell’inammissibilità del concordato e alla dichiarazione dello stato di insolvenza, stanti la regolarità della convocazione per l’udienza dell’11 gennaio 2018 e della celebrazione dell’udienza;

la mancanza di certezza della rinuncia della B.C.C. di Carugate e Inzago ai propri crediti non soddisfatti dalle aste immobiliari imponeva inoltre, a giudizio dei giudici distrettuali, la presentazione tanto dell’attestazione prevista dall’art. 160 c.p.c., comma 2, quanto dell’obbligo di rispettare la condizione di ammissibilità di cui all’art. 160 L.Fall., comma 4;

il collegio del reclamo riteneva, infine, che la richiesta di fallimento presentata dal P.M. fosse stata in origine ritualmente presentata nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 7 L.Fall. e comunque altrettanto ritualmente ribadita ex art. 162 L.Fall., comma 2;

3. per la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo, depositata in data 20 dicembre 2018, ha proposto ricorso (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione prospettando tre motivi di doglianza;

gli intimati fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo e Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Brescia non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo di ricorso assume, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, la mancanza di motivazione su punti decisivi della controversia, in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine ai primi due motivi di gravame, ritenendo assorbente il vaglio del terzo motivo;

5. il motivo è inammissibile;

esso infatti assume l”‘omessa motivazione su punti decisivi della controversia” in termini di “mancata pronuncia…..in ordine ai primi due motivi di gravame” facendo riferimento ai canoni di cui al dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, piuttosto che a quello di cui al n. 4, pertinente al vizio di attività commesso dal giudice a quo;

ora, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purchè si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia;

pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che egli faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (v. Cass., Sez. U., 17931/2013, Cass. 24553/2013);

la mancata deduzione di una nullità derivante dall’omissione denunciata comporta l’inammissibilità della doglianza;

senza dire che le questioni asseritamente tralasciate in realtà sono state ritenute assorbite dalla decisione sul terzo motivo di ricorso;

il motivo non contrasta in alcun modo tale statuizione, limitandosi ad assumere in maniera del tutto generica che non ricorrevano i presupposti di un simile assorbimento;

ne discende un ulteriore profilo di inammissibilità, dato che l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si confrontino con la decisione impugnata e si concretino in una critica al suo contenuto argomentativo, tramite l’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata (Cass. 6587/2017, Cass. 13066/2007);

6. il secondo motivo di ricorso denuncia l’omessa, illogica e comunque contraddittoria motiva ione su punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5, ed in relazione alla condizione della proposta di concordato”: la società avrebbe introdotto la procedura concordataria prevedendo, quale condizione, che la banca unica creditrice chirografaria (sia per debiti aventi ab origine tale natura, sia per effetto del declassamento del proprio credito privilegiato) rinunciasse a ogni proprio ulteriore credito, al netto del ricavo nell’ambito dell’esecuzione immobiliare già pendente;

la Corte di appello, nel ritenere necessarie sia una relazione giurata sul minor realizzo possibile per il creditore privilegiato, ai sensi dell’art. 160 L.Fall., comma 2, sia la previsione del conseguimento della percentuale minima prevista dalla medesima norma, comma 4, per i creditori chirografari, avrebbe trascurato di considerare che la proposta di concordato può contenere una condizione e l’indicazione del termine entro cui la stessa deve verificarsi e, nel contempo, avrebbe offerto una motivazione illogica e contraddittoria, richiedendo simili condizioni pur dando atto della condizione apposta;

7. il motivo è manifestamente infondato;

il giudice, nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo, ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, che si attua verificando l’effettiva realizzabilità della causa concreta (la quale, dovendo essere intesa come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile e dipende dal tipo di proposta formulata, pur inserendosi nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro; Cass., Sez. U., 1521/2013);

e la realizzabilità della causa concreta, per essere effettiva e non meramente immaginaria, non può che essere ancorata a dati certi e non ad avvenimenti futuri ed incerti di natura casuale ricollegati alla volontà di terze persone;

non si presta dunque a censura, sotto il profilo sostanziale e motivazionale, la valutazione della Corte di merito secondo cui le condizioni di ammissibilità della proposta di concordato dovevano essere considerate in rapporto alla situazione esistente al momento della presentazione della domanda, non potendo l’imprenditore giovarsi di condizioni auspicate ma non ancora avverate;

8. il terzo motivo di ricorso lamenta l’omessa, illogica e comunque contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3) e 5) ed in relazione alla udienza ex art. 173 L.Fall. – inammissibilità dell’istanza del Pubblico Ministero e conseguente omessa notifica al debitore dell’istanza di fallimento”: la Corte d’appello – in tesi di parte ricorrente avrebbe trascurato di considerare che la partecipazione all’udienza era stata resa impossibile per grave difetto del decreto che ne disponeva la fissazione;

un simile vizio avrebbe impedito al debitore di far rilevare in udienza che l’inammissibilità dell’originaria istanza del P.M. – di cui la Corte distrettuale aveva ravvisato la legittimità in ragione di una considerevole discrasia fra valore nominale dei titoli e valore reale accertato, malgrado gli stessi non fossero nel patrimonio della fallita e non avessero inciso sullo stesso – aveva consentito a quest’ultimo di instare oralmente in udienza per il fallimento su presupposti diversi, emersi in un procedimento a cui non aveva preso parte;

9. il motivo è inammissibile;

9.1 il ricorrente, pur deducendo la mancanza di alcuna informazione utile a individuare il luogo di convocazione all’interno del decreto che disponeva la fissazione dell’udienza per la discussione dell’istanza di fallimento, non ha riportato alcuna indicazione di elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale denunciato, onde consentire a questa Corte di apprezzare l’effettiva genericità del contenuto dell’avviso dell’udienza fatto al difensore ed effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale;

ora la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è sì anche giudice del fatto processuale e ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa al fine di valutare la fondatezza del vizio denunciato, purchè però lo stesso sia stato ritualmente indicato e allegato nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4; è perciò necessario, non essendo tale vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (si vedano in questo senso, fra molte, Cass. 2771/2017, Cass. 19410/2015);

occorreva pertanto che l’odierno ricorrente accompagnasse la denunzia del vizio con la riproduzione, diretta o indiretta, del contenuto dell’atto che sorreggeva la censura, dato che questa Corte non è legittimata a procedere a un’autonoma ricerca degli atti denunciati come viziati ma solo a una verifica del contenuto degli stessi;

in mancanza di una simile indicazione la doglianza in esame, sotto questo profilo, risulta giocoforza inammissibile per violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6;

9.2 la Corte d’appello ha rilevato, fra l’altro, che il Pubblico Ministero era venuto a conoscenza dell’insolvenza nell’ambito di un procedimento penale in cui era stata espletata una consulenza tecnica d’ufficio che faceva riferimento a una “situazione caratterizzata da un gravissimo squilibrio finanziario patrimoniale sulla base dei bilanci, degli estratti di ruolo e dei documenti allegati alla istanza medesima”, dovendosi di conseguenza ritenere legittima l’iniziativa assunta sin dall’origine; l’omessa impugnazione di tale ragione – autonoma e di per sè sufficiente, giuridicamente e logicamente, a giustificare la decisione adottata – rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni illustrate dalla Corte territoriale rispetto alla legittimazione del P.M., il cui esame, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza impugnata (v. Cass. 9752/2017);

10. in conclusione, in forza delle ragioni sopra illustrate, il ricorso deve essere respinto;

la mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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