Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10535 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. I, 21/04/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 21/04/2021), n.10535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8403/2019 proposto da:

C.B., elettivamente domiciliato in Modugno (BA), via Cavour n.

11, presso lo studio dell’avvocato Attilio Converso, che lo

rappresenta e lo difende giusta procura in calce al ricorso,

domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, Procuratore Repubblica Tribunale Bari;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Bari, C.B., cittadino del (OMISSIS), chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 444/2019, depositato il 22 gennaio 2019, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso C.B. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a sei motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi tre motivi di ricorso, C.B. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – non attendibile, e comunque inidonea a fondare una domanda di protezione internazionale, la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata a lasciare il Paese di origine, consistiti nella violenta aggressione subita dal padre, imam del villaggio, e dai fratellastri, per avere messa incinta una ragazza minorenne, figlia di un amico del padre.

1.2. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 della situazione socio-politica del Paese di origine.

1.3. I motivi sono inammissibili.

1.3.1. Il richiedente ha narrato di avere subito una violenta aggressione da parte del padre, imam del villaggio, e dei fratellastri, per avere messa incinta una ragazza minorenne, figlia di un amico del padre. Il Tribunale ha rilevato che, pur volendo ritenere attendibile la versione dei fatti allegata del richiedente, la vicenda narrata esula dalle ragioni che possono fondare una protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b), “trattandosi di “persecuzione” riconducibile a contrasti familiari e non ai motivi specificamente indicati dalla succitata normativa”.

1.3.1.1. Orbene, va osservato che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197; Cass., 28/06/2018, n. 17069). In difetto di allegazioni circa la sussistenza di ragioni tali da comportare – alla stregua della normativa sulla protezione internazionale – per il richiedente un pericolo di un grave pregiudizio alla persona, in caso di rientro in Patria, la vicenda narrata deve considerarsi, pertanto, di natura strettamente privata, come tale al di fuori dai presupposti per l’applicazione della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14. I c.d. soggetti non statuali possono, invero, considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave solo ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c) (cfr. Cass., 01/04/2019, n. 9043; Cass., 23/10/2020, n. 23281).

1.3.1.2. Nel caso concreto non risulta, per contro, neppure allegato nel giudizio di merito che l’istante si sia rivolto alle autorità pubbliche e non abbia ottenuto protezione alcuna. Ben al contrario – come si evince dall’impugnato decreto – a seguito dell’episodio di violenza subito dal ricorrente vi è stato un intervento della polizia a suo favore, che ha arrestato gli autori dell’aggressione. Ed i motivi di ricorso, sul punto, sono del tutto generici e contenenti valutazioni di merito.

1.3.2. Quanto alla protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c), va osservato che, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312; Cass., 22/05/2019, n. 13897; Cass., 21/10/2019, n. 26728; Cass., 20/05/2020, n. 9230; Cass., 30/06/2020, n. 13255).

Nel caso concreto, il Tribunale ha accertato – con ricorso a fonti internazionali aggiornate, citate nel provvedimento – che la regione di provenienza dell’istante è immune da situazioni di violenza indiscriminata derivanti da un conflitto armato interno o internazionale, e la censura non allega elemento alcuno – in ipotesi sottoposto al giudice di merito, e non considerato – idoneo ad inficiare siffatta valutazione, traducendosi in generiche deduzioni di principio circa il regime giuridico della forma di protezione in esame ed in allegazioni di merito.

2. Con il quarto e quinto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

2.1. Lamenta l’istante che il Tribunale non gli abbia concesso neppure la protezione umanitaria, pur sussistendo, nella specie, ragioni di vulnerabilità personale.

2.2. Il mezzo è inammissibile.

2.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019 – in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenzia situazione alcuna di vulnerabilità personale, trattandosi di vicende personali e familiari, e che l’istante non ha allegato neppure seri profili di integrazione sociale nel territorio italiano. Del resto il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente ha indotto il Tribunale a denegare la misura in esame, operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione – pressochè inesistente – raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019).

2.2.2. Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

3. Con il sesto motivo di ricorso, C.B. denuncia “violazione e falsa applicazione di legge e contraddittorietà della motivazione”.

3.1. Si duole il ricorrente della mancata ammissione al gratuito patrocinio, disattesa dal Consiglio dell’ordine degli avvocati e confermata dal Tribunale.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.2.1. In tema di patrocinio a spese dello Stato, invero, qualora il consiglio dell’ordine competente, ossia quello del luogo in cui ha sede il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato, non abbia accolto l’istanza, essa va riproposta al suddetto giudice di merito, ma non può essere riproposta in Cassazione. Infatti, la Corte di cassazione non provvede mai su tale istanza, atteso il combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 124 e art. 126, comma 3, che prevedono, al riguardo, la competenza del Consiglio dell’Ordine (Cass., 27/09/2019, n. 24111).

3.2.2 Per tali ragioni il mezzo va disatteso.

4. Il ricorso deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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