Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10534 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. I, 21/04/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – rel. Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15249/2019 proposto da:

D.T., elettivamente domiciliato in Milano, Via Raffaello

Bertieri, n. 1, presso lo studio dell’Avv. Leonardo Bardi, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 30/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/12/2020 da Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale ordinario di Torino, con decreto del 30/11/2018, ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino senegalese D.T. avverso il provvedimento di diniego del riconoscimento della protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale in data 14/12/2017 (notificato il 14/02/2018).

Il richiedente ha chiesto in via principale il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ed, in via subordinata, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. A sostegno della domanda ha dichiarato di aver lavorato come falegname insieme al padre ma, dopo la morte di quest’ultimo, si sono innescate delle rivalità con i cugini i quali volevano vendere il negozio di falegnameria che, invece, egli voleva tenere per sè almeno per il tempo necessario ad ultimare alcuni lavori di cui aveva già acquistato la commessa. A seguito delle liti e di una rissa intervenuta, con conseguente ferimento dello zio, egli è stato denunciato per lesioni; circostanza che lo ha indotto a lasciare il proprio Paese.

Il Tribunale ha ritenuto non credibile la vicenda narrata, in quanto presenta molteplici contraddizioni, anche in merito ai dati anagrafici, tra le versioni rese in occasione delle duplici audizioni davanti la C.T.. Inoltre, essa si presenta superficiale, costellata di contraddizioni temporali e priva di elementi che inducano a ritenere che una parte della famiglia abbia effettivamente svolto un ruolo persecutorio nei suoi confronti, tale da costituire motivo per il riconoscimento dei una forma di protezione. Non vi è comunque prova alcuna della effettiva pendenza di un procedimento penale a carico del richiedente.

Alla luce di tali elementi è stato negato il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Tantomeno, è risultata integrata la diversa ipotesi di danno grave di cui del medesimo art. 14, lett. c). Premesso che non vi è certezza in merito al luogo di nascita e di effettiva provenienza, dato che il richiedente ha indicato zone diverse, va evidenziato che le fonti internazionali acquisite ai fini dell’esame della domanda attestano che il Senegal non è caratterizzato da una situazione di violenza indiscriminata e diffusa derivante da conflitto armato.

Da ultimo, è stato negato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, posto che dalla documentazione sanitaria allegata (esami cardiologici del (OMISSIS)) non emergono patologie gravi che possano essere adeguatamente curate solo in Italia (è menzionato un soffio sistolico asintomatico). In merito alla integrazione lavorativa, la documentazione relativa allo svolgimento dell’attività di bracciante agricolo, per la durata di tre mesi nel (OMISSIS), non ha rilievo decisivo ai fini della concessione della protezione richiesta, in ragione del carattere transitorio del rapporto.

Avverso il decreto del Tribunale il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione.

Il Ministero intimato si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, considerato che, in mancanza della videoregistrazione dell’audizione davanti la C.T., il giudice del merito avrebbe dovuto fissare l’udienza di comparizione delle parti nella forma di audizione del ricorrente, funzionale ad una più attenta istruttoria, nonchè a superare la valutazione negativa di credibilità dei fatti narrati. Nel caso di specie, la comparizione delle parti non è stata utilizzata per consentire al ricorrente di argomentare il proprio vissuto.

1.1. Il motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità.

Ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, il giudice del merito, nel caso in cui manchi la videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi la C.T., è tenuto a fissare l’udienza di comparizione delle parti, non anche a disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) egli ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze od alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; b) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti (Cass., Sez. 1, n. 21584/2020; Cass., Sez. 1, n. 25439/2020).

Nel caso di specie, il Tribunale ha proceduto correttamente a fissare l’udienza di comparizione delle parti; circostanza, questa, che per quanto non espressamente menzionata nel decreto impugnato, si deduce implicitamente dal presente ricorso, nella parte in cui contesta che “la comparizione delle parti non è stata utilizzata per consentire al ricorrente di argomentare il proprio vissuto”. Infatti, il ricorrente non ha contestato la mancata fissazione dell’udienza di comparizione delle parti di cui all’art. 35-bis, bensì della specifica udienza volta ad ottenere una sua nuova audizione, senza specificare gli elementi in ordine ai quali avrebbe voluto fornire chiarimenti e, tantomeno, rendere noto se in sede di merito sia stata proposta istanza di rinnovazione dell’audizione. In difetto di tale allegazione si preclude a questa Corte la possibilità di verificare la fondatezza e decisività della censura.

2. Nel secondo e terzo motivo di ricorso, che vengono trattati congiuntamente, si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussioni tra le parti. Precisamente, il ricorrente ha rappresentato il rischio di poter subire un’ingiusta detenzione, ma su tali fatti il Tribunale ha omesso di pronunciarsi. Inoltre, deve rilevarsi che il Senegal si trova in una condizione di grave instabilità politica e sociale, come dimostra il conflitto insistente nella regione di provenienza del ricorrente.

2.1. Le censure non superano il vaglio di ammissibilità per le ragioni che seguono. Contrariamente a quanto affermato nei motivi di ricorso, il rischio prospettato dal ricorrente di poter subire un’ingiusta detenzione in caso di rimpatrio è stato preso in considerazione dal giudice del merito il quale, dal momento che tale circostanza non è stata comprovata da alcuna documentazione e che la vicenda narrata non è stata ritenuta credibile, ne ha escluso la fondatezza. Deve rilevarsi che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, ove le dichiarazioni dello straniero siano inattendibili, non è necessario procedere ad un approfondimento istruttorio officioso ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), poichè tali fattispecie, a differenza di quella di cui alla successiva lett. c), presuppongono che i rischi ai quali il richiedente sarebbe esposto in caso di rientro siano effettivi, cioè individuali e non configurabili in via meramente ipotetica o di supposizione (Cass., Sez. 1, n. 29/05/2020; Cass., Sez. 3, n. 11936/2020).

2.2. In merito alla asserita situazione di violenza indiscriminata esistente in Senegal, deve evidenziarsi che il ricorrente è venuto meno all’onere di indicare e specificare le fonti da cui ha tratto tale conclusione, al fine di permettere a questa Corte di valutare che, ove il giudice del merito ne avesse tenuto conto, l’esito del giudizio sarebbe stato diverso (Cass., Sez. 1, n. 21932/2020). D’altra parte, il Tribunale ha correttamente esercitato i propri poteri di cooperazione istruttoria, acquisendo informazioni da fonti internazionali accreditate ed aggiornate, sulla base delle quali ha escluso che il Senegal sia caratterizzato da una situazione di violenza generalizzata e diffusa di intensità tale da esporre a rischio la vita e l’incolumità di un civile per la sua sola presenza sul territorio.

In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese poichè il Ministero intimato si è costituito al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato par a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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