Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10532 del 07/05/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 10532 Anno 2013
Presidente: PREDEN ROBERTO
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso 18524-2009 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

2013

Ministro pro-tempore, AGENZIA DEL DEMANIO, in persona

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del Direttore pro-tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;

Data pubblicazione: 07/05/2013

- ricorrenti –

p.
contro

ASPRA FINANCE S.P.A., società appartenente al Gruppo
Bancario Unicredit, e per essa, quale mandataria, la
UNICREDI CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A. (già Unicredito

crediti), in persona del legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ALBERICO II 33, presso lo studio dell’avvocato LUDINI
ELIO, che la rappresenta e difende, per delega a
margine del controricorso;
– controri corrente –

CORSO LUCIANA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
G. PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato POMPA
VINCENZO, che la rappresenta e difende, per delega in
calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controri corrente e ricorrente incidentale
non chè contro

MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., CIARLANTE MATILDE (in
proprio e nella qualità di erede di Stipa Vincenza e
Ciarlante Pietro), ADINOLFI GIUSEPPE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 4654/2009 del TRIBUNALE di ROMA,
depositata il 02/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;

Gestione Crediti s.p.a. -Bnca per la gestione dei

uditi gli avvocati Paolo GENTILI dell’Avvocatura
Generale dello Stato, Elio LUDINI, Giovanni SALONIA per
delega dell’avvocato Vincenzo Pompa;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale dott.
Carlo DESTRO, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio
proposero opposizione di terzo all’esecuzione sostenendo che i beni
oggetto dell’esecuzione non potevano essere pignorati in quanto
appartenenti allo Stato, per essere stati confiscati ai sensi della legge n.
575 del 1965, con provvedimento del tribunale di Roma del 14.6.2000

Capitalia Service 3.V. srl e Luciana Corso si costituirono contestando la
fondatezza dell’opposizione.
Gli altri opposti, regolarmente citati, non si costituirono.
Il tribunale, con sentenza del 2.3.2009 (n. 4654-09), rigettò l’opposizione.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio hanno
proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi illustrati da
memoria.
Resistono con controricorso Aspra Finance spa e per essa, quale
mandataria, Unicredit Credit Management Bank spa e Luciana Corso, che
ha anche proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Fissata la trattazione del ricorso per l’udienza del 6.12.2011, la Terza
Sezione civile della Corte ha emesso ordinanza interlocutoria ( n. 2340)
depositata il 17.2.2012, di rimessione degli atti al Primo Presidente per
l’eventuale assegnazione della causa alle sezioni unite.
Il Primo Presidente ha provveduto in tal senso.
Unicredit Credit Management Bank spa quale mandataria di Aspra Finance
spa ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La questione di diritto posta dall’ordinanza di rimessione.
La Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a decidere
l’impugnazione proposta dall’Amministrazione, ha rimesso gli atti al primo
Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della Corte,
rilevando che il tema dei rapporti tra ipoteca e confisca penale, solo in
epoca recente, aveva formato oggetto di esaustiva disciplina (contenuta
4

divenuto definitivo.

nel d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159), mentre per le controversie
anteriormente insorte, esistevano numerosi contrasti di giurisprudenza su
molteplici aspetti della disciplina, ed in particolare:
a) sulle condizioni che debbono sussistere perché l’ipoteca sia opponibile
allo Stato;
b) se la competenza a risolvere il conflitto tra creditore ipotecario e Stato
spetti al giudice penale o civile;

ipotecario; vale a dire se spetti al terzo, che intenda conservare il diritto
reale di garanzia, provare la propria estraneità al sodalizio mafioso;
ovvero se spetti allo Stato, per opporsi all’esercizio di tale diritto, provare
la mala fede del terzo.
La prima delle questioni, tra loro strettamente connesse, è di ordine
sostanziale.
Si tratta di stabilire se la confisca di un bene immobile disposta secondo le
leggi “antimafia” estingua o meno le ipoteche iscritte su quell’immobile.
Le altre due questioni, di ordine processuale, riguardano le forme
attraverso le quali deve trovare composizione il conflitto tra lo Stato
confiscante ed il terzo titolare di un diritto reale di garanzia sui beni
confiscati.
L’ordinanza interlocutoria ha ricostruito il panorama normativo e
giurisprudenziale sui temi in discussione.
Ha, infatti, rilevato che il tema della prevalenza dell’ipoteca iscritta
anteriormente al sequestro ed alla confisca preventiva penale è stato
esaminato, sia dalla giurisprudenza penale, sia da quella civile della Corte
di cassazione, con risultati che divergono sensibilmente.
La giurisprudenza penale è, da tempo, consolidata sul principio per il
– quale, in tema di confisca, quale misura di prevenzione patrimoniale, ex
art. 2 ter L. n. 575 del 1965, sussiste a carico del terzo – titolare di un
diritto reale di garanzia sul bene oggetto del provvedimento di confisca di
prevenzione – l’onere di dimostrare di avere positivamente adempiuto con
diligenza agli obblighi di informazione e di accertamento e, quindi, di avere
maturato un affidamento incolpevole, sulla base di una situazione di
oggettiva apparenza, relativamente alla effettiva posizione del soggetto
nei cui confronti si acquisisce il diritto di garanzia.
5

c) a chi spetti provare l’eventuale buona o mala fede del terzo creditore

Ai fini dell’opponibilità del diritto di garanzia reale, quindi, non è sufficiente
che l’ipoteca sia stata costituita, mediante iscrizione nei pubblici registri
immobiliari, anteriormente alla trascrizione del sequestro ex art. 2-ter L.
n. 575 del 1965 (ed a maggiore ragione del provvedimento di confisca),
ma è, altresì, richiesta l’inderogabile condizione che il creditore ipotecario
si sia trovato in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole,
dovendo individuarsi in quest’ultimo requisito la base giustificativa della

adottato dal giudice della prevenzione a norma della legislazione
antimafia.
Quanto all’onere probatorio, la stessa giurisprudenza penale (S.U. 28
aprile 1999 n. 9 e successive conformi, ad es. Cass. 21.11.2007 n. 45572;
Cass. 16.6.2009 n. 32648), nel rilevare la sostanziale identità finalistica
fra il sistema della L. n. 575 del 1965 e quello relativo alla confisca, quale
misura di sicurezza applicabile per il delitto di usura, ha affermato che,
anche nel caso della confisca preventiva penale, sono i terzi che vantino
diritti reali a dovere provare i fatti costitutivi della pretesa fatta valere
sulla cosa confiscata; prova che deve essere fornita davanti al giudice
della misura di prevenzione in sede di incidente di esecuzione (v. anche
Cass. 18.3.2008 n. 16709).
Ciò significa che l’onere probatorio, a carico del terzo, ha ad oggetto la
dimostrazione del suo affidamento incolpevole, ingenerato da una
situazione di oggettiva apparenza, che rende scusabile l’ignoranza, l’errore
o il difetto di diligenza.
Precisando, peraltro, che il terzo creditore dovrà dimostrare di avere
positivamente adempiuto con diligenza agli obblighi di informazione e di
accertamento sulla effettiva posizione del soggetto nei cui confronti ha
acquisito il diritto di garanzia, a fronte di una misura patrimoniale di
prevenzione.
In sede civile la questione è risolta diversamente.
La giurisprudenza civile della Corte di legittimità, infatti, (se si esclude
Cass. 12.11.1999 n. 12535), è attestata sul principio per il quale il
provvedimento di confisca, pronunciato ai sensi dell’ art. 2 ter della legge
575 del 1965, nei confronti di un indiziato di appartenenza a consorteria
mafiosa, camorristica o similare, non può pregiudicare i diritti reali di
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tutela del terzo di fronte al provvedimento autoritativo di confisca,

garanzia costituiti sui beni oggetto del provvedimento ablativo, in epoca
anteriore all’instaurazione del procedimento di prevenzione, in favore di
terzi estranei ai fatti che abbiano dato luogo al procedimento medesimo,
senza che possa farsi distinzione in punto di competenza del giudice adito,
tra giudice penale e giudice civile, essendo il diritto reale limitato de quo,
un diritto che si estingue per le sole cause indicate dall’ art. 2878 c.c. (v.
per tutte Cass. 29.10.2003 n. 16227; conf. Cass 16.1.2007 n. 845, con

sede di procedura esecutiva forzata immobiliare; ed, in ordine alla natura
derivativa dell’acquisto da parte dello Stato per effetto della confisca, v. da
ultimo, Cass. 5.10.2010 n. 20664).
Quanto, poi, alla questione di natura processuale relativa all’individuazione
del giudice competente – se quello penale, in sede di incidente di
esecuzione, o quello civile, in sede di opposizione all’esecuzione -, si è
rilevato che la soluzione non univoca dei conflitti descritti nasce da una
normativa spesso lacunosa, e, comunque, di settore.
In ordine all’onere probatorio, infine, va sottolineato che le sezioni civili
della Corte di cassazione non sono mai state chiamate a pronunciarsi in
modo diretto sui criteri di ripartizione dell’onere della prova tra Stato
confiscante e creditore garantito da ipoteca sul bene confiscato.
Alcuni accenni, peraltro, si rinvengono come obiter dictum ad es. in Cass.
16.1.2007 n. 845 che ha affermato che l’omessa consultazione delle
conservatorie dei registri immobiliari prima di acquistare l’immobile
confiscato è condotta incompatibile con lo stato soggettivo di buona fede.

2. La Confisca. Quadro normativo
La confisca è l’atto col quale lo Stato acquisisce senza corrispettivo i beni
di un privato.
Il nostro ordinamento prevede numerose ipotesi di confisca.
La distinzione principale è quella tra confisca penale e amministrativa
(non si cita in questa sede quella internazionale, perché irrilevante ai
nostri fini).
La prima ha come finalità quella di prevenire o reprimere la commissione
di reati; la seconda è l’effetto della commissione di illeciti amministrativi e
può avere anch’essa finalità preventive o repressive.
7

riferimento alla posizione dell’aggiudicatario – acquirente di un bene in

Nell’ambito del diritto penale si distingue ulteriormente la confisca come
misura successiva alla commissione di un reato e la confisca “preventiva”.
La prima costituisce una misura di sicurezza reale (art. 240 c.p.), che
segue la commissione del reato e presuppone la condanna; la seconda
costituisce una misura di prevenzione patrimoniale, che non esige
l’accertamento della commissione di un reato, ma soltanto la sussistenza

2.1. Le Norme sovranazionali.
Il diritto comunitario
La confisca penale (con finalità sia sanzionatoria che preventiva) è presa in
considerazione sia da norme comunitarie, sia da convenzioni internazionali
ratificate dall’Italia.
Tra le prime vanno ricordate la Decisione Quadro 2005/212/GAI del
Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e
proventi di reato.
Tale atto stabilisce [art. 3, comma 2, lettera (c)] che ciascuno Stato
membro “adotta le misure necessarie a consentire la confisca (…)
perlomeno:
quando un giudice nazionale, sulla base di fatti circostanziati, è
pienamente convinto che il bene in questione sia il provento di attività
criminose della persona condannata, (…) oppure quando si stabilisce che il
valore del bene è sproporzionato al reddito legittimo della persona
condannata e un giudice nazionale, sulla base di fatti circostanziati, è
pienamente convinto che il bene in questione sia il provento di attività
criminose della persona condannata stessa”.
Il comma 3 dell’art. 3 cit., facoltizza altresì gli Stati membri a prevedere la
“confisca totale o parziale dei beni acquisiti da persone con le quali [il
prevenuto] ha le relazioni più strette e dei beni trasferiti a una persona
giuridica su cui la persona in questione, che agisce da sola o in
collegamento con persone con le quali essa ha relazioni più strette,
esercita un controllo”.
Il successivo art. 4, tuttavia, soggiunge che “ciascuno Stato membro
adotta le misure necessarie ad assicurare che le persone cui si applicano le

8

di sufficienti indizi della loro provenienza illecita.

disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 dispongano di effettivi mezzi giuridici a
tutela dei propri diritti”.
La decisione-quadro è stata recepita dalla quasi totalità dei Paesi europei,
anche se con misure delle quali si è segnalato un grado assai diverso di
efficacia.
In questa ottica, il 12 marzo 2012, la Commissione europea ha presentato
al Parlamento una proposta di direttiva (2012/0036/COD), relativa al

La proposta di direttiva – nell’ottica di contrasto alla criminalità organizzata
– consente la confisca anche in assenza di una condanna penale (art. 5) ed
impone l’adozione di norme che consentano la confisca anche nei confronti
dei terzi (art. 6).
In particolare, l’art. 8 della proposta di direttiva prevede al comma 1 che
ciascuno Stato membro adotti “le misure necessarie a garantire che, al

fine di salvaguardare i propri diritti, le persone colpite dai provvedimenti
disciplinati nella presente direttiva godano del diritto a un ricorso effettivo
e che gli indagati godano del diritto a un giudice imparziale”, ed al comma
6 che quando la confisca colpisca beni di un terzo “questi o il suo difensore

sono informati del procedimento che può portare ad un provvedimento di
confisca di tali beni e possono partecipare al procedimento nella misura
necessaria a preservare efficacemente i diritti dell’interessato. Tale
persona gode quanto meno del diritto di essere ascoltata, del diritto di
porre domande e del diritto di fornire prove prima che sia adottato un
provvedimento definitivo di confisca”.

La CEDU.
Il diritto comunitario positivo, in materia di confisca penale, va integrato
con i princìpi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e con
la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Infatti, nonostante che la CEDU non costituisca un organo dell’Unione,
secondo il Trattato di Amsterdam (ratificato e reso esecutivo con I.
16.6.1998 n. 209, ed entrato in vigore il 1.5.1999, oggi sostituito dal
Trattato di Lisbona), “i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione

europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
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congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea.

membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”
(così l’attuale art. 6, comma 3, del Trattato di Lisbona).
L’art. 1 del Protocollo n. 1 alla convenzione europea dei diritti dell’uomo
stabilisce che “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi
beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà, se non per causa
d’utilità pubblica e alle condizioni previste dalla legge e dai principi
generali del diritto internazionale.

le leggi reputate necessarie per regolamentare l’uso dei beni in conformità
all’interesse generale, o per assicurare il pagamento delle imposte e di
altri contributi o sanzioni”.
La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, chiamata più
volte a pronunciarsi sulla compatibilità con tale previsione della confisca
penale in generale, e della confisca “antimafia” in particolare, ha affermato
tre princìpi:
a) la confisca come misura di prevenzione, non solo non confligge con le
norme della CEDU, ma anzi è una misura indispensabile per contrastare il
crimine (sentenza 22 febbraio 1994,

Raimondo c. Italia,

in causa

Riela c. Italia,

in causa

12954/87; Decisione 4 settembre 2001,
52439/09).

b) la confisca deve essere, in ogni caso, conforme alle prescrizioni dell’art.
1, primo paragrafo, del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
Il che vuol dire che deve rispettare due limiti: deve essere irrogata sulla
base di una espressa previsione di legge; e deve realizzare il

giusto

equilibrio tra l’interesse generale e la salvaguardia del diritti dell’individuo
(sentenza 20 gennaio 2009, Sud Fondi s.r.l. c. Italia, in causa 75909/01).
Per la Corte inoltre non costituisce di per sé violazione né della CEDU, né
del Protocollo n. 1, l’inversione dell’onere della prova, in base al quale è il
prevenuto a dover dimostrare l’origine lecita dei beni di cui dispone
(Decisione 5 luglio 2001, Arcuri c. Italia, in causa 52024/99 che ha
affermato che “la presunzione d’innocenza non è assoluta”); che qualsiasi
ordinamento giuridico contempla delle presunzioni di fatto o di diritto, e
che queste ben possono essere utilizzate per ritenere di provenienza
illecita i beni di cui il prevenuto non sappia spiegare l’acquisto: fermo
restando, ovviamente, il diritto incoercibile del prevenuto a fornire con
IO

Le disposizioni precedenti non precludono il diritto degli Stati di approvare

ogni mezzo la prova contraria (sentenza 23 dicembre 2008,

Grayson e

Bamham c. Regno Unito, nelle cause riunite 19955/05 e 15085/06, §§ 40,
41 e 45 della motivazione).
La Corte, con riferimento all’ipotesi di confisca ai danni di un terzo, diverso
dal reo o dal prevenuto ha, in varie occasioni, affermato che il requisito del
giusto equilibrio è

rispettato quando al terzo proprietario dei beni

confiscati sia data la possibilità di un ricorso giurisdizionale (per es.

Le convenzioni internazionali.
Norme sulla confisca penale, e sulla tutela dei terzi che ne fossero colpiti,
sono contenute anche in diverse fonti di diritto internazionale, ed in
particolare:
a) la convenzione di Strasburgo dell’8 novembre 1990 sul riciclaggio, la
ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, ratificata con la I. 9
agosto 1993, n. 328, il cui art. 5 impone a ciascuno degli Stati aderenti di
adottare “tutte le misure legislative o di altra natura eventualmente
necessarie ad assicurare che coloro che siano interessati [dalla confisca]
dispongano di effettivi mezzi giuridici a tutela dei propri diritti”;
b) la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata
transnazionale, conclusa a Palermo il 12-15 dicembre 2000 (art. 12).
Le conclusioni che si possono trarre, da questo breve

excursus, si

sostanziano nelle seguenti proposizioni.
Il diritto comunitario ed i princìpi della CEDU (ricompresi nel diritto
comunitario ai sensi dell’art. 6 del Trattato di Lisbona): a) impongono agli
Stati membri l’adozione delle misure di prevenzione patrimoniali; b)
impediscono che l’adozione di misure di prevenzione patrimoniali possa
ledere di diritti dei terzi di buona fede; c) consentono, in materia di misure
di prevenzione patrimoniali, di addossare al terzo l’onere della prova della
buona fede.

2.2. L’Ordinamento Nazionale
Il nostro ordinamento prevede molteplici ipotesi di confisca.
La principale suddivisione è tra:
1) confisca quale misura di sicurezza reale;
11

Decisione 26 giugno 2001, C.M. c. Francia, in causa 28078/95).

2) confisca quale misura di prevenzione patrimoniale.
La confisca quale misura di sicurezza reale è una conseguenza del reato,
prevista in via generale dall’art. 240 c.p., con riferimento alle cose che
furono il prezzo, il prodotto od il profitto del reato.
Accanto a questa previsione generale, sia il codice penale, sia leggi
speciali, prevedono numerosissime ipotesi speciali di confisca.
Il codice penale, in particolare, prevede la confisca negli artt.:

internazionale o di eversione dell’ordine democratico);
– art. 322-ter c.p. (condanna per uno dei delitti di cui agli artt. 314-320
c. p.);

art. 416-bis, comma 7, c.p. (associazioni di tipo mafioso anche

straniere);
– art. 446 c.p. (condanna per taluno dei delitti preveduti negli articoli 439,
440, 441 e 442 c.p.);
– art. 474-bis c.p. (condanna per i delitti di cui agli articoli 473 e 474 c.p.);
– art. 544-sexies c.p. (condanna per i delitti previsti dagli articoli 544-ter,
544- quater e 544-quinquies c.p.);
– art. 600-septies c.p. (condanna per uno dei delitti contro la personalità
individuale di cui alla Sezione III, Capo I, Titolo XII, del Libro Secondo del
codice penale);
– art. 644, comma 6, c.p. (usura);
– art. 648-quater c.p. (condanna per i reati di Impiego di denaro, beni o
utilità di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.) o riciclaggio (art. 648 bis
c.p.);
– art. 722 c.p. (condanna per le contravvenzioni concernenti il gioco
d’azzardo);
– art. 733 c.p. (danneggiamento della cosa propria di pregio archeologico,
storico o artistico).
Vi sono, poi, le ipotesi di confisca penale previste dalla legislazione
speciale, ancora più numerose: in particolare, sono previste in materia di
stupefacenti, armi, contrabbando, reati ambientali, reati edilizi,
immigrazione, tutela del diritto d’autore, reati economici e finanziari.
Un cenno merita la confisca allargata prevista dall’art. 12 sexies I. n. 356
del 1992, introdotto con il D.L. n. 399 del 20 giugno 1994 convertito con
12

– art. 270-bis, comma 4, c.p. (associazioni con finalità di terrorismo anche

modificazioni dalla legge 501 del 1994 la cui principale novità consiste
nella rottura del nesso di pertinenzialità fra reato e ben confiscabili.
Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza la natura giuridica
della confisca allargata è quella di misura di sicurezza patrimoniale, atipica
e con funzione anche dissuasiva.
Ancòra, interviene la confisca per equivalente – di cui all’art. 10 del D.L.
92/2008 che ha introdotto il comma 2 ter dell’art. 12 sexies sopra citato del prodotto, profitto o prezzo del reato in relazione alle fattispecie
previste dal comma 2 dell’art. 12

sexies, qualora non sia possibile

procedere alla confisca allargata dei beni di valore sproporzionato.
Anche in sede di applicazione della confisca allargata ritornano i temi
relativi alla tutela dei terzi estranei al procedimento.
La variegata tipologia dello strumento della confisca dimostra il ruolo
sempre più centrale che l’istituto ha, via, via assunto quale misura di
contrasto della criminalità, in particolare della criminalità d’impresa, di
quella organizzata e di quella transnazionale.
Accanto alla confisca come sanzione o misura di sicurezza, in egual
misura, si è sviluppato l’istituto della confisca quale misura di prevenzione,
al fine di contrastare la criminalità organizzata.
In epoca moderna le prime misure di prevenzione per contrastare la
criminalità organizzata furono previste dalla c.d. “legge Pica” (I. 15 agosto
1863 n. 1409, recante “Procedura per la repressione del brigantaggio e dei
camorristi nelle Province infette”, la quale peraltro riprendeva in larga
parte misure già previste dalla legge sarda del 26 febbraio 1852 n. 1339),
successivamente istituzionalizzate e rese stabili, con molte modifiche, dalle
leggi di pubblica sicurezza del 20 marzo 1865 n. 2248, allegato B, (artt.
74-76), e 6 luglio 1871 n. 294.
Le misure di prevenzione patrimoniali nei confronti di persone sospettate
di appartenere ad organizzazioni criminali di tipo mafioso furono,
comunque, introdotte nel nostro ordinamento per la prima volta soltanto
con la I. 13 settembre 1982 n. 646, che modificò in tal senso la previgente
legge 31 maggio 1965 n. 575.
Stabiliva in particolare l’art. 2-ter, comma 3, di tale legge, che il Tribunale
poteva disporre “la confisca dei beni (…) dei quali non sia stata dimostrata
la legittima provenienza (…)”.
13

._

Nella sua originaria stesura, l’art.

2 ter I. cit. conteneva norme assai

scarne a tutela dei terzi proprietari o titolari di altro diritto reale sui beni
confiscati.
Stabiliva infatti il comma 5 del medesimo articolo che se i beni confiscati
appartenevano a terzi, costoro dovessero essere chiamati dal tribunale,
con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento, e potessero altresì,
anche con l’assistenza di un difensore, svolgere in camera di consiglio le

decisione sulla confisca.
Si trattava di una disciplina lacunosa, che pose innumerevoli problemi alla
giurisprudenza, tra i quali quello dell’apparente esclusione della tutela per i
titolari di diritti reali diversi dalla proprietà.
Tali previsioni furono integrate soltanto con l’art. 5, comma 1, lettera (Oa),
d.l. 4 febbraio 2010, n. 4, che ha aggiunto, all’art. 2 ter, comma 5, I.
575/65 il seguente periodo: “per i beni immobili sequestrati in quota
indivisa, o gravati da diritti reali di godimento o di garanzia, i titolari dei
diritti stessi possono intervenire nel procedimento con le medesime
modalità al fine dell’accertamento di tali diritti, nonché della loro buona
fede e dell’inconsapevole affidamento nella loro acquisizione. Con la
decisione di confisca, il tribunale può, con il consenso dell’amministrazione
interessata, determinare la somma spettante per la liberazione degli
immobili dai gravami ai soggetti per i quali siano state accertate le
predette condizioni. Si applicano le disposizioni per gli indennizzi relativi
alle espropriazioni per pubblica utilità. Le disposizioni di cui al terzo e
quarto periodo trovano applicazione nei limiti delle risorse disponibili per
tale finalità a legislazione vigente”.
Sotto questo aspetto, la I. n. 575 del 1965 contempla le posizioni dei terzi
acquirenti (della proprietà o del diritto di garanzia ipotecario), prevedendo
un loro possibile intervento nel procedimento penale, ma la disciplina non
contiene, nonostante le diverse innovazioni legislative, un organico
sistema di coordinamento tra gli interessi dello Stato ad acquisire il bene
con la confisca e la tutela delle posizioni dei terzi.
Un tale coordinamento non ha, neppure, investito il rapporto fra il
procedimento di prevenzione penale e la procedura esecutiva in corso.

14

loro deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della

Con successivo intervento legislativo – il d.l. 4.2.2010 n. 4, convertito in I.
31.3.2010 n. 50 e con il decreto legge 12.11.2010 n. 187, istitutivo
dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – sono stati delineati i
rapporti fra l’Agenzia e l’autorità giudiziaria, con l’introduzione di una
forma di tutela dei diritti reali di garanzia, prevedendo la facoltà, per il
giudice, di applicare un istituto analogo a quello disciplinato nel codice

2889 e SS. c.c.).
E’, quindi, intervenuta la I. 13.8.2010 n. 136 che ha delegato il Governo

per l’adozione di un decreto legislativo recante il codice delle leggi
antimafia e delle misure di prevenzione, che rafforza il potere acquisitivo
della confisca, con la prevalenza rispetto al diritto dei terzi, creditori
garantiti od acquirente.
E’ previsto, infatti:
1) che la confisca possa essere disposta in ogni tempo, anche se i beni
sono stati trasferiti o intestati fittiziamente a terzi;
2) l’improcedibilità delle azioni esecutive sul bene già sottoposto a
sequestro e la improseguibilità delle stesse azioni esecutive già a
seguito dell’esecuzione del sequestro;
3) la tutela del creditore in buona fede e del terzo proprietario (per il
quale è previsto non più un indennizzo, ma un vero e proprio diritto
per equivalente);
4) la verifica concorsuale dei crediti vantati dai terzi e garantiti dal
bene confiscato.
In attuazione della delega, è stato, quindi, emanato il decreto Legislativo
6.9.2011 n. 159 (Nuovo Codice Antimafia), entrato in vigore il
13.10.2011,11 cui titolo IV è dedicato alla” Tutela dei terzi e rapporti con le
procedure concorsuali “.
Successivamente, è stato emanato il decreto legislativo 15.11.2012 n.
218, in vigore dal 28.12.2012 recante disposizioni integrative e correttive
al decreto legislativo n. 159 del 2011.

15

civile per la liberazione delle ipoteche da parte del terzo acquirente ( artt.

2.3. La legge 24 dicembre 2012, n. 228 ( legge di stabilità 2013)
Nella pendenza del giudizio in esame, è stata emanata la legge 24
dicembre 2012, n. 228 [recante “Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)”] che

ha introdotto importanti novità in materia di sequestro, confisca, gestione
ed alienazione dei beni nella disponibilità di appartenenti ad organizzazioni
mafiose.

I temi oggi devoluti all’esame delle Sezioni Unite, relativi alla sorte dei
diritti vantati dal creditore garantito da ipoteca su un bene colpito da una
misura di prevenzione c.d. “antimafia”, sono affrontati dai commi 194-205
dell’art. 1 I. 228/12, che disciplinano i rapporti ed i conflitti tra lo Stato
confiscante di beni nella disponibilità della criminalità organizzata, da un
lato, ed i creditori garantiti da ipoteca iscritta sui suddetti beni, i creditori
pignoranti ed i creditori intervenuti nel giudizio di esecuzione forzata,
dall’altra.
Queste norme, per la rilevanza degli effetti che provocano sul giudizio in
corso, saranno oggetto di esame preliminare di queste Sezioni Unite.

Le novità.
La legge 24 dicembre 2012, ai commi 194-205, ha dettato una disciplina
tendenzialmente organica vòlta a regolare i rapporti tra creditori ipotecari
e pignoranti e Stato, con riferimento alle procedure di confisca non
soggette alla disciplina del “codice delle misure di prevenzione”- d.lgs.
159/11, entrato in vigore il 13 ottobre 2011.
La nuova disciplina si applica, quindi, alle misure di prevenzione disposte
prima di tale data.
Con riferimento alle procedure di confisca soggette alla I. 575/65, la nuova
legge distingue, in primo luogo, due ipotesi: a seconda che il
provvedimento di confisca sia stato emesso o no alla data del 1.1.2013.
Per le procedure nelle quali, alla data del 1.1.2013, sia già avvenuta la
confisca, le legge distingue, poi, ulteriormente, i casi in cui il bene
confiscato sia stato assoggettato a procedura esecutiva, ma non sia stato
ancora aggiudicato o trasferito, e quelli in cui sia avvenuto, invece, il
trasferimento o l’aggiudicazione, anche in via provvisoria.
16

Tali norme sono contenute nell’art. 1, commi da 189 a 205, della legge.

Se alla data del 1.1.2013 i beni oggetto della procedura di prevenzione
sono già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati, la nuova legge
stabilisce che:
1) nessuna azione esecutiva potrà essere iniziata o proseguita sui beni
suddetti;
2) i pesi e gli oneri

iscritti o trascritti prima della confisca si

estinguono;

potranno far valere le proprie ragioni nei confronti dell’Agenzia, ma
solo a determinate condizioni, e cioè:
a) l’iscrizione dell’ipoteca, la trascrizione del pignoramento o
l’intervento nel processo esecutivo devono essere avvenuti prima
della trascrizione del sequestro di prevenzione;
b) per ottenere il pagamento dei propri crediti tali creditori debbono
presentare una istanza entro il termine di decadenza del 30 giugno
2013;
c) l’istanza va proposta al “giudice dell’esecuzione presso il tribunale
che ha disposto la confisca”, il quale provvede su di essa con
provvedimento impugnabile ai sensi dell’art. 666 c.p.p.;
d) l’Agenzia forma quindi il “piano di pagamento” dei creditori ammessi
e procede ai pagamenti, che non potranno complessivamente
eccedere la minor somma tra il ricavato della vendita ed il 70% del
valore del bene;
e) contro il piano di riparto dell’Agenzia è ammessa opposizione al
giudice civile, nelle forme di cui all’art. 737 c.p.c.;
f)

Il tribunale provvede in composizione monocratica con decreto non
reclama bile.

Nella seconda ipotesi, invece, vale a dire se alla data del 1.1.2013 è già
avvenuto il trasferimento o l’aggiudicazione nell’ambito di una esecuzione
forzata, ovvero se il bene da confiscare consiste in una quota di proprietà
indivisa già pignorata, restano fermi gli effetti dell’esecuzione o
dell’aggiudicazione.
Nel caso, infine, in cui alla data del 1° gennaio 2013, i beni ipotecati o
sottoposti ad esecuzione forzata non siano ancora stati confiscati, si
applicheranno le stesse misure previste per quelli che alla data del
17

3) i creditori ipotecari, pignoranti od intervenuti nell’esecuzione

1.1.2013 siano già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati, con l’unica
differenza che il termine di decadenza di 180 giorni, entro il quale i
creditori debbono presentare la domanda di ammissione del credito,
decorrerà dal passaggio in giudicato del provvedimento che dispone la
confisca.

3. La decisione di questa Suprema Corte.

innovato significativamente il controverso tema del rapporto fra
procedimento esecutivo e misure di prevenzione patrimoniale di cui
all’art. 2 ter L. n. 575 del 1965, fissando regole stringenti e chiarificatrici
dei reciproci rapporti, in un’ottica di saldatura con la disciplina prevista dal
codice delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs. 159 del 2011.
Sotto questo profilo possono, quindi, dirsi superate le divergenti visioni del
problema, affrontato dal diritto vivente.
La normativa introdotta pone delicati problemi interpretativi, anche di
diritto intertemporale.
L’art. 1 comma 194 testualmente recita “A decorrere dall’entrata in vigore
della presente legge, sui beni confiscati all’esito dei procedimenti di
prevenzione per i quali non si applica la disciplina dettata dal libro I del
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non possono essere iniziate
o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive.”.
Dall’analisi della norma si ricava che l’inibitoria delle azioni esecutive
riguarda esclusivamente i beni confiscati; con la conseguenza che i
pignoramenti sul patrimonio sequestrato non possono essere sospesi e
proseguono sino all’eventuale misura ablatoria definitiva.
Una tale interpretazione è avallata da argomenti di ordine letterale e
sistematico.
Il riferimento della norma al divieto di azioni esecutive per i soli

“beni

confiscati” esclude che l’inibitoria possa riguardare le procedure mobiliari
ed immobiliari pendenti durante la fase del sequestro e fino alla confisca
definitiva.
Inoltre, il legislatore, all’art. 55 del Codice Antimafia, ha espressamente
richiamato il divieto di azioni esecutive sui beni sequestrati.

18

Non v’è dubbio che la disciplina introdotta dalla legge di stabilità abbia

Ne deriva che il riferimento operato dal citato comma 194 alla sola
confisca rafforza la conclusione della impossibilità di bloccare, durante la
fase del sequestro, tutte le azioni esecutive.
La nuova disciplina, che si applica – come già detto – ai procedimenti di
prevenzione ancòra disciplinati dalla I. n. 575 del 1965, pone come
spartiacque la data dell’ 1.1.2013, a seconda che il provvedimento di
confisca sia stato emesso prima o dopo tale data.

ulteriore, a seconda che a tale data il bene confiscato sia stato
assoggettato a procedura esecutiva, ma non sia stato ancora aggiudicato o
trasferito, ovvero sia avvenuto, invece, il trasferimento o l’aggiudicazione,
anche in via provvisoria.
E’ con riferimento a questo dato temporale – che consente il permanere o
meno degli effetti dell’esecuzione forzata (o dell’aggiudicazione) – che
assume rilevanza determinante la nuova disciplina andando a comporre i
temi che la giurisprudenza aveva diversamente risolto, e che il giudice
dell’esecuzione sarà tenuto ad esaminare.
Infatti, sui beni oggetto della procedura di prevenzione che alla data del
1.1.2013 siano già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati,

“non

possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive”
(comma 194 I. n. 228 del 2012) e “gli oneri e pesi iscritti o trascritti (sui
beni di cui al comma 194) anteriormente alla confisca sono estinti di
diritto” (comma 197 I. n. 228 del 2012).
Con tale disposizione sembrano avviarsi a soluzione i problemi posti
dall’ordinanza interlocutoria.
In particolare, il legislatore sembra avere risolto, nel senso della
prevalenza della misura di prevenzione patrimoniale, il quesito relativo ai
rapporti ipoteca-confisca, indipendentemente dal dato temporale, con
conseguente estinzione di diritto degli oneri e pesi iscritti o trascritti.
Nessun dubbio che la norma faccia riferimento anche all’ipoteca, al
sequestro conservativo ed al pignoramento ricompresi tra i pesi e gli oneri
dei quali è affermata l’estinzione.
Ma, quel che pare anche avere avuto soluzione è la natura dell’acquisto del
bene confiscato da parte dello Stato che, a seguito dell’estinzione di diritto
dei pesi e degli oneri iscritti o trascritti prima della misura di prevenzione
19

Per i beni confiscati prima di tale data, la normativa compie una selezione

della confisca acquista un bene non più a titolo derivativo, ma libero dai
pesi e dagli oneri, pur iscritti o trascritti anteriormente alla misura di
prevenzione.
In sostanza, superando la condivisa opinione della giurisprudenza civile e
penale sulla natura derivativa del titolo di acquisto del bene immobile da
parte dello Stato a seguito della confisca, il legislatore ha inteso
ricomprendere questa misura nel solco delle cause di estinzione

Alla stregua di tale normativa, dunque, in ogni caso, la confisca prevarrà
sull’ipoteca.
La salvaguardia del preminente interesse pubblico, dunque, giustifica il
sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di
godimento o di garanzia, ammesso, ora, ad una tutela di tipo risarcitorio.
Il bilanciamento dei contrapposti interessi viene, quindi, differito ad un
momento successivo, allorchè il terzo creditore di buona fede chiederà attraverso l’apposito procedimento – il riconoscimento del suo credito.
La legge n. 228 del 2012 (comma 198) amplia la platea dei soggetti
legittimati all’azione ricomprendendovi: 1) i creditori muniti di ipoteca
iscritta sui beni anteriormente alla trascrizione del sequestro di
prevenzione; 2) i creditori che prima della trascrizione del sequestro di
prevenzione hanno trascritto un pignoramento sul bene; 3) i creditori che,
alla data dell’i gennaio 2013 (entrata in vigore della legge), sono
intervenuti nell’esecuzione iniziata con il pignoramento indicato sub 2).
Quanto ai presupposti per il riconoscimento del credito, sono quelli previsti
dall’art. 52 d.lgs. n. 159/1141, con ciò trovando applicazione i principii
della buona fede, ovvero della non strumentalità del credito all’attività
illecita.
/ limiti del riconoscimento del diritto sono fissati nel minor importo tra il 70
% del valore del bene ed il ricavato dall’eventuale liquidazione dello stesso
bene (commi 203 e 206), in stretto parallelismo con il disposto dell’art. 57
d.lgs. n. 159/2011 che prevede un analogo limite.
I termini per agire sono fissati a pena di decadenza.
La competenza è attribuita – dal comma 199 – al ” giudice dell’esecuzione
presso il tribunale che ha disposto la confisca”.

20

dell’ipoteca disciplinate dall’art. 2878 c.c..

Nonostante il non corretto riferimento al “giudice dell’esecuzione “, è
intuitivo e deriva dalla stessa interpretazione giurisprudenziale, che
s’intende indicare, quale giudice competente, il tribunale – misure di
prevenzione.
E ciò perché in materia di misure di prevenzione, il giudice dell’esecuzione
è lo stesso tribunale che ha disposto la confisca; appunto, il tribunale misure di prevenzione.

tribunale del luogo che ha disposto la confisca”.
Quanto al procedimento di ammissione del credito – di natura tipicamente
concorsuale – , il richiamo alle norme del D.Lgs n. 159 del 2011 (artt. 52
e 58) conferma l’intento legislativo di risolvere – almeno tendenzialmente in modo complessivamente unitario le multiformi vicende normative
relative alle misure di prevenzione patrimoniali.
L’ammissione è subordinata, unitamente all’accertamento della
sussistenza e dell’ammontare del credito, alla ricorrenza della condizione
di cui all’art. 52, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 159 del 2011, vale a dire che il
credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce
il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in
buona fede il nesso di strumentalità.
Ed, ai sensi del terzo comma del medesimo articolo,

nella valutazione

della buona fede, il tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei
rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta
dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di
particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonchè, in caso
di enti, alle dimensioni degli stessi.
Va rilevato che con tale ultima disposizione il legislatore fissa dei
parametri di giudizio di cui il giudice deve tener conto al momento della
valutazione probatoria.
Tali parametri sono obbligatori, ma non sono né esclusivi, né vincolanti.
In altri termini, il giudice deve obbligatoriamente tener conto di tali
parametri, ma può considerare altri parametri non menzionati dal
legislatore, e può anche motivatamente disattendere i parametri indicati
dal legislatore.

21

Questa conclusione è avallata anche dal comma 203 che fa riferimento “al

In sostanza, il legislatore impone al giudice un parziale protocollo logico
nel ragionamento probatorio.
Va poi aggiunto che le nuove norme, e quelle richiamate, non contengono
previsioni espresse in termini di prova; vale a dire, a chi spetti provare la
buona fede e l’affidamento incolpevole.
Deve ritenersi che l’elaborazione giurisprudenziale negli anni maturata,
soprattutto nell’ambito penale, e la veste sostanziale di attore nel

convergano nell’addossare a quest’ultimo la prova positiva delle condizioni
per l’ammissione al passivo del suo credito.
Tale conclusione è conformA al canone ermeneutico dell’intenzione del
legislatore (art. 12 preleggi).
Si suppone che il legislatore razionale – quando emana una legge conosca il diritto vivente. Ora, se il legislatore nel disciplinare una materia
non innova le soluzioni che costituiscono l’approdo interpretativo della
giurisprudenza, vuol dire che le recepisce: cioè le fa normativamente
proprie.
In questo senso, gli ulteriori dubbi posti dall’ordinanza di rimessione
sembrano avviati verso una risposta univoca.
Il diniego di ammissione del credito è, quindi, impugnabile ex art. 666
c. p. p..
Si applicano le disposizioni di tale articolo, ad eccezione del comma 7, che
attribuisce al giudice la possibilità di sospendere l’esecuzione
dell’ordinanza.
Infatti, si prevede espressamente che la proposizione dell’impugnazione
non sospende gli effetti dell’ordinanza di accertamento (comma 200).
E, sotto questo profilo, pur menzionando genericamente l’impugnazione, il
richiamo all’art. 666, comma 6 c.p.p., individua nel solo ricorso per
cassazione il mezzo per reagire alla mancata ammissione.
Il decreto con cui sia stata rigettata definitivamente la richiesta è, poi,
comunicato, ai sensi dell’art. 9 d.lgs. n. 231/07, alla Banca d’Italia,
nell’ottica di un potenziamento dei suoi poteri di controllo e vigilanza,
nell’ipotesi in cui il decreto di rigetto riguardi un istituto di credito, la cui
assenza di buona fede può agganciarsi a potenziali concessioni di credito
di dubbia trasparenza, come rilevato anche dalla giurisprudenza.
22

procedimento giurisdizionale di ammissione, che assume il creditore,

Competente a conoscere delle opposizioni – proposte dai creditori
concorrenti – al piano di riparto (pagamento) predisposto dall’Agenzia
sarà, invece, il giudice civile del luogo dove ha sede il tribunale che ha
disposto la confisca.
E ciò per il richiamo che il comma 203 fa agli articoli 737 e seguenti del
codice di procedura civile in quanto compatibili.
Il tribunale provvede in composizione monocratica.

Un cenno ai procedimenti già definiti con provvedimento irrevocabile
La legge n. 228 del 2012 nulla dice al riguardo, ma deve ritenersi che, in
base ai principi generali, una volta esauriti i mezzi di tutela, il rigetto
definitivo della richiesta avanzata non possa essere

bypassato

dall’applicazione della nuova normativa.
Questo per due ordini di ragioni.
Il primo di natura processuale: lo

ius superveniens,

di fronte alla

definitività della posizione giuridica accertata ed all’esaurimento della
tutela già fornita dall’ordinamento, non consente una nuova e diversa
disamina della fattispecie; diversamente, si avrebbe un mezzo di tutela
straordinario, positivamente non disciplinato.
Il secondo motivo è di ordine sistematico, nel senso che le nuove
disposizioni hanno sostanzialmente riconosciuto il previgente orientamento
giurisprudenziale, in tal senso orientato.
Un’ultima notazione.
La legge di stabilità che ha dato – almeno sulla carta – soluzione ai
problemi che si sono dibattuti per anni in ordine ai rapporti fra confisca,
quale misura di prevenzione patrimoniale, e garanzie di natura
patrimoniale iscritte o trascritte sui beni oggetto della stessa, e tutela dei
terzi, non ha colto l’occasione per regolamentare anche le conseguenze
della confisca disciplinata dall’art. 12 sexies I. n. 356 del 1992, che, per la
sua natura e per le sue caratteristiche, è destinata ad incidere anche sui
terzi estranei al procedimento.
In questa ottica, però, la L. 24.12.2012 n. 228, si è limitata alla pur
opportuna modifica dell’art. 12 sexies, comma 4 bis, I. n. 356/1992,
unificando la disciplina dell’amministrazione e della destinazione per tutti i
beni sequestrati e confiscati.
23

Contro il decreto del tribunale non è ammesso reclamo.

La novella, infatti, ha esteso l’applicazione delle norme contenute nel
Codice Antimafia anche alla suddetta tipologia di confisca.
L’Agenzia Nazionale coadiuva l’autorità giudiziaria nell’amministrazione e
nella custodia dei beni sequestrati fino al provvedimento conclusivo
dell’udienza preliminare e, successivamente a tale provvedimento,
amministra i beni medesimi secondo le modalità previste dal d.lgs
159/2011, restando comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato

La modifica si pone nell’ottica di una complessiva razionalizzazione di tutti
i procedimenti di sequestri patrimoniali, avviata con l’art. 30 del Codice
Antimafia che ha previsto la prevalenza del sequestro e della confisca di
prevenzione su quella disposta in sede penale.

4. L’esame dei ricorsi. L’eccezione di inammissibilità del ricorso
principale.
Alla luce dei principii ora enunciati vanno ora esaminati i ricorsi principale ed incidentale – proposti.
In via preliminarézreft4e, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del
ricorso principale sollevata dalla ricorrente incidentale Luciana Corso per”
nullità della notificazione del ricorso per cassazione ai litisconsorti
necessari, Monte dei Paschi di Siena spa e Adinolfi Giuseppe, creditori
procedenti o intervenuti, risultati contumaci nell’unico grado del giudizio di
opposizione del terzo all’esecuzione, ove – come nella fattispecie – risulti
richiesta od eseguita presso il procuratore domiciliatario – o domicilio
eletto – nel procedimento di esecuzione forzata”.
Il ricorso principale è stato notificato alle dette parti, contumaci sulla base
delle risultanze del giudizio di merito, che aveva dichiarato che ” gli altri
opposti ( fra i quali Monte dei Paschi di Siena spa e Giuseppe Adinolfi),
regolarmente citati, non si costituivano”.
Il ricorso principale è stato notificato regolarmente agli intimati.
In particolare, il Monte dei Paschi di Siena ha ricevuto la notificazione del
ricorso per cassazione in data 31.7.2009, come risulta dalla cartolina di
ritorno regolarmente depositata in atti.
Quanto alla posizione dell’Adinolfi, deve ricordarsi, in primis, che l’art. 330,
comma 1, c.p.c. va interpretato nel senso che l’impugnazione, quando non
24

alle restituzioni e al risarcimento del danno.

sia stata preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata (ovvero
se non contenga l’elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza), può
essere notificata alla parte in uno qualsiasi dei luoghi indicati nella citata
disposizione, presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o
nel domicilio eletto per il giudizio, a scelta della parte impugnante,
dovendosi escludere che la norma prescriva un tassativo ordine di
successione dei luoghi indicati (Cass. 31.7.2007 n. 16925; Cass.

n. 15123).
Su tali basi, deve ritenersi che la notificazione effettuata all’Adinolfi presso
il domicilio eletto (nella esecuzione) ” nella esecuzione …… ..” è corretta,
posto che risulta effettuata in uno dei luoghi che ha rapporto con il
destinatario ai sensi dell’art. 330, primo comma c.p.c., e non ai sensi
dell’art. 479 c.p.c., a nulla, sotto tale profilo, rilevando la dizione sopra
riportata – oltretutto soltanto indicata nella richiesta di notificazione – che
nella esecuzione l’Adinolfi fosse rappresentato dall’avv. Antonio Cascella
che aveva eletto domicilio ” presso lo studio dell’avv. Maria Giuseppina Lo
Iudice in Roma ”
E ciò perché nulla fa pensare – in difetto di prova al riguardo – che
l’Adinolfi, contumace nel giudizio di primo grado, conclusosi con la
sentenza impugnata in questa sede – che ha dato atto della regolarità della
notificazione agli altri intimati (compreso l’Adinolfi ) – abbia inteso limitare
il mandato al proprio difensore, e quindi la facoltà di quest’ultimo di
eleggere domicilio, al solo processo esecutivo.

4.1. Ricorso principale e ricorso incidentale.
Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano la violazione e falsa
applicazione degli articoli 2 bis, 2 ter, 2 nonies e 2 undecies della legge
575/1965 e degli articoli 823, 2808, 2878 e 2913 c. c. in relazione all’art.
360, n. 3 c.p.c..
Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione
dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c..
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli
articoli 2 bis, 2 ter, 2 nonies e 2 undecies della legge 575/1965, degli

25

18.10.2004 n. 20392; Cass. 26.8.2004 n. 17003; v. anche Cass. 4.7.2007

articoli 823, 2808, 2878 e 2913 c.c., nonché dell’articolo 665 c.p.p., in
relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c..
Con il quarto motivo si denuncia

la violazione e falsa applicazione

dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
Con unico motivo la ricorrente incidentale denuncia la

violazione delle

norme sul procedimento, art. 360 n° 4 c.p.c. in relazione agli art.li 112,
137 e 138, 619 e 616 c.p.c., segnatamente per la mancata verifica

effettuarsi personalmente a tutte le parti del processo esecutivo.
Per la sua pregiudizialità va esaminato, per primo, il ricorso incidentale.
L’odierna ricorrente incidentale contesta che l’atto di citazione del terzo nei
confronti del Monte dei Paschi di Siena e di Giuseppe Adinolfi, intervenuto
l’uno e procedente l’altro, sarebbe stata effettuata presso il solo domicilio
eletto dai medesimi creditori e non personalmente; di qui la nullità della
sentenza impugnata.
Il motivo non è fondato.
Il giudice del merito ha, nella sentenza impugnata, dato atto che “Gli altri
opposti, regolarmente citati, non si costituivano”.
Sotto questo profilo, quindi, è da escludere una mancata verifica officiosa
della notificazione dell’atto di citazione in opposizione del terzo,

come

contestato dalla ricorrente incidentale.
Peraltro, nei processi a litisconsorzio necessario – quale è quello di
opposizione di terzo – se una delle parti, nel giudizio di primo grado, resta
contumace, non importa stabilire se le altre possano o meno sollevare la
questione della validità, nullità od inesistenza giuridica della notificazione
effettuata in confronto di quella, perché il giudice deve, in ogni caso,
porsela di ufficio, in base a quanto previsto dall’art. 291, primo comma,
c.p.c..
Se il giudice non si pone la questione, o la risolve nel senso della validità come nella specie -, si avrà una sentenza che non potrà dirsi pronunciata
a contraddittorio non integro, perché la decisione della causa risulterà, pur
sempre, resa in confronto di tutti i legittimi contraddittori.
E, per questa ragione, la sentenza non potrà essere impugnata dalle parti
diverse dal contumace per far valere la nullità od inesistenza giuridica
della notificazione eseguita nei suoi confronti, nè la questione potrà essere
26

officiosa della notificazione dell’atto di citazione in opposizione del terzo da

rilevata di ufficio dal giudice, una volta che l’impugnazione sia stata
proposta – come nella specie – per diversi motivi dalle altre parti.
Spetterà al contumace, invece, far valere la supposta invalidità della
notifica e chiederne la dichiarazione, – nel caso in esame con un ipotetico
ricorso incidentale – domandando al giudice di prendere i provvedimenti
conseguenti circa la prosecuzione del processo (v. anche Cass. 5.4.2001 n.
5078).

uno dei contumaci, ma è stata sollevata dalla Corso, parte regolarmente
costituita nel giudizio di merito.

5. Ricorso principale
I motivi del ricorso principale, per l’intima connessione delle censure con
gli stessi svolte, sono esaminati congiuntamente.
Con gli stessi, i ricorrenti principali hanno rilevato l’erroneità della
sentenza impugnata che ha affermato la prevalenza del diritto di ipoteca
iscritto anteriormente al sequestro ed alla confisca, quali misure di
prevenzione, indipendentemente dall’accertamento relativo al creditore
garantito; e ciò per la pura e semplice anteriorità dell’iscrizione ipotecaria.
Sotto questo profilo, infatti, la disciplina codicistica dell’art. 2878 c.c. in
materia di ipoteca va necessariamente coordinata con la disciplina prevista
dalla legge n. 575 del 1965 in materia di misure di prevenzione, in modo
tale da assicurare, da un lato, l’effettivo raggiungimento dello scopo voluto
dalla misura di prevenzione della confisca – che è quello di eliminare dal
mercato un bene di provenienza illecita destinandolo ad iniziative di
interesse pubblico – ; dall’altro, tutelare i titolari di diritti di garanzia sul
bene che abbiano fatto affidamento, in buona fede, sulla situazione del
debitore, e che, come tali, non possono vedere pregiudicata la propria
situazione patrimoniale.
Osservano, poi, che la questione sottoposta alla Corte di merito
concerneva l’impignorabilità dell’immobile perchè acquisito al patrimonio
indisponibile dello Stato ai sensi della legge n. 575 del 1965, rilevando che
i terzi titolari di un diritto di garanzia sull’immobile, anche se iscritto
anteriormente al decreto di sequestro adottato dal tribunale per le misure
di prevenzione, possono far valere il loro diritto di garanzia su tale
27

Ma, nel caso in esame, la questione, in questa sede, non è stata posta da

immobile soltanto previa dimostrazione della loro buona fede davanti a
tale giudice.
La sussistenza o meno della buona fede – sottolineano i ricorrenti
principali – non è stata oggetto di accertamento da parte della Corte, che
ha legato la prevalenza dell’ipoteca sulla confisca esclusivamente al dato
temporale dell’anteriorità dell’iscrizione ipotecaria rispetto alla misura di
prevenzione, senza neppure motivare sulla ritenuta ricorrenza della buona

La materia è stata affrontata dalla legge 24.12.2012 n. 228 con le
conclusioni cui si è pervenuti con l’esame della detta normativa.
La nuova disciplina riguarda le misure di prevenzione disposte prima del
13 ottobre 201í, soggette, quindi, alla I. n. 575 del 1965.
Si applica, quindi, sulla base del principio tempus regit actum, al caso
all’esame di questa Corte, in cui la misura della confisca è stata disposta il
14.6.2000.
La sentenza impugnata con il ricorso per cassazione ha risolto la questione
della opponibilità della ipoteca iscritta anteriormente alla misura di
prevenzione patrimoniale pervenendo al rigetto dell’opposizione
all’esecuzione proposta.
Ma ciò ha fatto basandosi sul solo dato temporale.
Questa statuizione è errata.
La causa deve essere risolta sulla base delle norme sopravvenute,
applicabili nella specie.
Il ricorso va, quindi, accolto e la causa di opposizione di terzo dovrà essere
rinviata al giudice del merito il quale, sulla base degli art.1 commi 194 e
segg. I. 24.12.2012, dovrà esaminare la fattispecie, con gli opportuni
accertamenti sullo stato della relativa procedura esecutiva, anche al fine di
valutare l’eventuale permanere dell’interesse del terzo a coltivare
l’opposizione proposta.
Conclusivamente, è accolto il ricorso principale, mentre è rigettato
l’incidentale.
La sentenza è cassata, e la causa è rinviata la tribunale di Roma in
persona di diverso magistrato.
Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.

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fede, che pur aveva formato oggetto di puntuale motivo di opposizione.

f•

P.Q.M.
La Corte a sezioni unite, pronunciando sui ricorsi, accoglie il ricorso
principale e rigetta l’incidentale. Cassa e rinvia, anche per le spese, al
tribunale di Roma in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, in

data 26 febbraio 2013.

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