Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1053 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3433-2019 proposto da:

N.O., M.D., ME.CR., nella qualità

di legali rappresentanti della INIZIATIVE IMMOBILIARI SRL,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 289, presso lo

studio dell’avvocato MARIA GLORIA DI LORETO, rappresentati e difesi

dall’avvocato NICOLA PASTORE CARBONE;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO SOC. (OMISSIS) SRL, C.V., MO.ER.,

D.M.R., MI.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 231/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza n. 51/2018, dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. su istanza dei creditori C.V., Mo.Er., Avv. D.M.R. e Avv. Mi.Gi.;

2. la Corte d’appello di Napoli, a seguito del reclamo presentato da (OMISSIS) s.r.l., riteneva effettivamente sussistente il credito vantato dagli istanti (del C. e della Mo. in virtù di una sentenza che aveva dichiarato la risoluzione del contratto preliminare di vendita di un immobile in loro favore e condannato la promittente venditrice al pagamento di Euro 51.646, degli Avvocati D.M. e Mi. in quanto gli stessi risultavano anticipatari delle spese relative a tale giudizio) al fine sia di riconoscere la loro legittimazione a sollecitare la dichiarazione di fallimento, sia di accertare lo stato di insolvenza;

la Corte di merito rilevava inoltre dai bilanci prodotti che negli ultimi tre esercizi la reclamante aveva avuto un attivo patrimoniale superiore a due milioni di Euro e ricavi pari a circa Euro 1.800.000, risultando così superati i requisiti dimensionali di non fallibilità previsti dall’art. 1 L.Fall.;

3. per la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo, depositata il 14 dicembre 2018, ha proposto ricorso (OMISSIS) s.r.l. prospettando tre motivi di doglianza;

gli intimati fallimento di (OMISSIS) s.r.l., C.V., Mo.Er., Avv. D.M.R. e Avv. Mi.Gi. non hanno svolto difese;

la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica “errores in iudicando ed in procedendo – violazione e falsa applicazione dell’art. 18 L.FALL., che contempla l’effetto devolutivo del reclamo in materia fallimentare ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in rekkione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nullità della sentenza in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4, c.p.c.”, assume che la Corte di merito abbia applicato il principio devolutivo soltanto in maniera apparente, in quanto da un lato aveva ignorato le complesse vicende giudiziarie che avevano coinvolto la società e che facevano presumere il deprezzamento del suo patrimonio, dall’altro non aveva ammesso la C.T.U. tecnico-contabile richiesta al fine di adeguare alla realtà effettiva il valore delle rimanenze presenti in bilancio, malgrado la stessa fosse l’unico strumento idoneo a valutare le conseguenze di quanto accaduto in termini economici;

4.2 il secondo motivo di ricorso, sotto la rubrica “errores in iudicando ed in procedendo – violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L.FALL. (requisito dimensionale dell’impresa) e degli artt. 2424 e 2425 c.c. nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5″, sostiene che la Corte di merito, sottovalutando la complessa vicenda giudiziaria che aveva caratterizzato pesantemente l’attività della società reclamante negli ultimi dieci anni, abbia erroneamente rilevato dai bilanci il valore dell’attivo patrimoniale e dei ricavi: quanto all’attivo patrimoniale l’assenza di attività manutentiva e conservativa dovuta al vincolo del sequestro avrebbe fatto sì – a dire della ricorrente – che il costo contabile non rappresentasse il valore attuale del compendio immobiliare; rispetto ai ricavi la Corte di merito sarebbe caduta in un grave equivoco contabile, valorizzando le rimanenze indicate nello stato patrimoniale e non accorgendosi, invece, che ai ricavi era stato espressamente attribuito un valore pari a zero;

5. i motivi, da esaminarsi congiuntamente per motivi di connessione, sono inammissibili;

5.1 secondo la giurisprudenza di questa Corte il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità; tuttavia, giusta la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo (Cass. 7472/2017);

tale fatto decisivo, secondo la prospettazione compiuta dal ricorrente (in questa sede come nel giudizio di reclamo), consisterebbe non tanto nella vicenda giudiziaria che ha coinvolto (OMISSIS) s.r.l. (dapprima in sede penale, per il reato di lottizzazione abusiva di fatto ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), quindi in un processo amministrativo avente ad oggetto l’accertamento dell’obbligo della P.A. di provvedere alla restituzione del compendio immobiliare in questione e l’impugnazione dell’annullamento in autotutela sia della delibera di approvazione dello schema di convenzione per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, sia della concessione edilizia rilasciata per la costruzione di sette fabbricati), ma nell”‘assenza di attività manutentiva e conservativa dovuta al vincolo del sequestro”;

il costo contabile – in tesi di parte ricorrente – non rappresenterebbe così il valore attuale del compendio immobiliare di pertinenza della compagine (che, stando alla perizia di parte prodotta, rischierebbe di dover essere almeno in parte abbattuto) e ammonterebbe al solo valore del suolo, sicuramente inferiore a Euro 300.000;

una simile censura non chiarisce innanzitutto, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, se i documenti del sequestro che avrebbe impedito l’attività di manutenzione e conservazione, provocando la perdita di valore, siano mai stati prodotti in giudizio;

il ricorrente, inoltre, non ha trascritto il contenuto della perizia di parte asseritamente trascurata nei passaggi rilevanti ai fini della doglianza in esame (e cioè rispetto alle condizioni di conservazione, alla necessità di abbattimento e, soprattutto, al valore del suolo), nè ha fatto un sintetico ma completo resoconto del suo contenuto; il che si traduce in una violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, con la conseguente inammissibilità del ricorso presentato (in merito all’autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di riferimento a documenti o atti processuali, i quali non solo devono essere specificamente individuati anche quanto alla loro collocazione, ma altresì devono essere oggetto di integrale trascrizione quanto alle parti che sono oggetto di doglianza ovvero di sintetico ma completo resoconto del contenuto si vedano Cass. 16900/2015, Cass. 4980/2014, Cass. 5478/2018, Cass. 14784/2015 e Cass. 8569/2013); la consulenza tecnica di parte peraltro, nonostante il suo contenuto tecnico e a differenza della consulenza tecnica d’ufficio, costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valoro probatorio, di modo che il suo mancato esame non è riconducibile al disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che si riferisce all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, e non all’omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass. 26305/2018);

5.2 il secondo motivo di ricorso, laddove lamenta la mancata attualizzazione del valore delle rimanenze riportato in bilancio secondo i criteri di valutazione previsti dall’art. 2426 c.c., finisce per allegare un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ponendosi al di fuori dei limiti propri del mezzo di impugnazione utilizzato;

infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte il vizio di violazione di legge dedotto con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 24155/2017) se non sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 22707/2017, Cass. 195/2016);

ne consegue la mancanza di decisività delle doglianze tese a contestare la valorizzazione dei ricavi compiuta dalla Corte di merito, dato che il superamento del parametro previsto dall’art. 1 L.Fall., comma 2, lett. a), è sufficiente per ravvisare la fallibilità dell’odierna ricorrente;

d’altra parte, la denuncia dell’errore di fatto consistente nell’errata lettura dei bilanci, dove i ricavi avrebbero “esplicito valore zero” (pag. 26), non costituisce motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. 23279/2016);

6. con il terzo motivo il ricorrente si duole del fatto che la Corte distrettuale abbia accorpato in un unico giudizio la valutazione riguardante la legittimazione degli istanti e la condizione di insolvenza, malgrado quest’ultima costituisca una forma di impotenza strutturale che impedisce al debitore di poter soddisfare le obbligazioni contratte, da apprezzare attraverso una valutazione globale quantitativa e qualitativa;

7. il motivo è manifestamente fondato;

se è pur vero che anche un solo inadempimento può assurgere ad indice della situazione oggettiva di insolvenza (Cass. 9297/2019), occorre tuttavia considerare che lo stato di insolvenza dell’imprenditore commerciale, consistendo nell’impossibilità per quest’ultimo di soddisfare regolarmente le sue obbligazioni, non suppone, necessariamente, l’esistenza di inadempimenti, nè è da essi direttamente deducibile, essendo gli stessi, se effettivamente riscontrati, equiparabili agli altri fatti esteriori idonei a manifestare quello stato, con valore, quindi, meramente indiziario, da apprezzarsi caso per caso (Cass. 30209/2017, Cass. 19027/2013);

l’inadempimento quindi non rileva in sè ai fini della dimostrazione della condizione di insolvenza, ma può costituire un elemento sintomatico espressivo dello stato di impotenza funzionale e non transitoria dell’impresa a soddisfare le proprie obbligazioni;

la sentenza impugnata risulta in evidente contrasto con tali principi, laddove, facendo coincidere l’indagine sulla sussistenza del credito con l’accertamento dello stato di insolvenza, attribuisce al mero inadempimento valore direttamente dimostrativo della sussistenza di una simile condizione, malgrado la stessa consista in uno stato ben più ampio e complesso del mero inadempimento e derivi nel suo significato oggettivo, che è quello rilevante agli effetti dell’art. 5 L.Fall., da una valutazione in merito alle condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalità) all’esercizio di attività economiche, si identifichi con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e si esprima, secondo una tipicità desumibile dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l’estinzione dei debiti) nonchè nell’impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio (Cass. 6978/2019, Cass. 7252/2014);

8. la sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibili i primi due mezzi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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