Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10529 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/04/2017, (ud. 15/03/2017, dep.28/04/2017),  n. 10529

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1840/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato MICHELE ALDINIO;

– controricorrente –

contro

avverso la sentenza n. 41/2010 della COMM. TRIB. REG. della CAMPANIA,

depositata il 22/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/03/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. La Commissione Tributaria Regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la decisione con la quale la Commissione tributaria provinciale di Napoli aveva accolto il ricorso proposto da V.M. contro il diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza di rimborso della trattenuta IRPEF, per gli anni 2003 e 2004, operata dall’I.P.SE.MA., su indennità per inabilità temporanea assoluta, impeditiva dell’imbarco.

2. La Commissione regionale ha dichiarato l’indennità in questione non assoggettabile ad imposta per effetto del R.D.L. 23 settembre 1937, n. 1918, art. 24, norma speciale in materia di assicurazione contro le malattie per la gente di mare non abrogata nè espressamente, nè tacitamente da norme generali sopravvenute, ed ha altresì sostenuto il carattere risarcitorio – assistenziale della prestazione, escludendo l’esistenza di un collegamento funzionale con il rapporto di lavoro.

3. Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; il contribuente ha replicato con controricorso.

Il ricorso è stato fissato dinanzi all’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

La ricorrente Agenzia ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 6, 46 e 48, versione vigente, in combinato disposto con il R.D.L. n. 1918 del 1937, artt. 6 e 24, D.P.R. n. 597 del 1973, art. 82 e del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 42 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

L’Agenzia osserva che erroneamente l’indennità di cui al citato R.d.l. era stata ritenuta sussidio assistenziale in luogo che integrazione della retribuzione perduta durante il periodo dell’inabilità del lavoratore temporaneamente inidoneo a svolgere il proprio lavoro, volta cioè non a risarcire un danno alla salute, ma a ricostruire, durante il periodo dell’inabilità, il reddito da lavoro, e quindi erogazione dipendente dai rapporto lavorativo ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48(ora art. 51), con la conseguenza della sua assoggettabilità ad IRPEF; ciò stante anche il fatto che il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 42, avendo previsto la cessazione di tutte le agevolazioni fiscali da esso D.P.R. non previste, aveva fatto venir meno l’esenzione dall’imposta di ricchezza mobile (imposta essa pure venuta meno) disposta dal R.D.L. n. 1918 del 1937, art. 24, pur continuando ad essere prevista l’erogazione dell’indennità.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la insufficiente motivazione sulla circostanza, qualificata come fatto decisivo rispetto alla controversia, consistente nelle ragioni per le quali l’agevolazione fiscale avrebbe dovuto ritenersi mantenuta ferma dall’art. 135 T.U.I.R. e norme successive.

1.3. Con il terzo motivo, sotto altro profilo, si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 6, 46 e 48, versione vigente, in combinato disposto con il R.D.L. n. 1918 del 1937, art. 24, D.P.R. n. 597 del 1973, art. 82 e del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 42 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). La ricorrente osserva che erroneamente l’indennità di cui al citato R.D.L. n. 1918 del 1937, art. 24, era stata ritenuta sussidio assistenziale in luogo che integrazione della retribuzione perduta durante il periodo dell’inabilità del lavoratore.

1.4. Con il quarto motivo si denuncia la insufficiente motivazione sulla circostanza, qualificata come fatto decisivo rispetto alla controversia, consistente nelle ragioni per le quali alla indennità corrisposta è riconosciuta natura assistenziale e risarcitoria, senza illustrare quale sia l’illecito che viene risarcito.

2.1. Il primo e il terzo motivo, strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente. Essi sono fondati.

2.2. Ai fini dell’esame del primo e terzo motivo, il Collegio può riportarsi a quanto già ritenuto da questa Corte in altre pronunce in fattispecie consimili (Cass. nn. 11955/2012, 8121/2012, 18022/2016).

2.3. In tali sedi si è rilevato come il R.D.L. 23 settembre 1937, n. 1918, art. 6, convertito nella L. n. 831 del 1938, contenente la disciplina dell’assicurazione contro le malattie per la gente di mare, riconosca ai lavoratori marittimi, in caso di malattia, oltre all’assistenza medico-chirurgica gratuita, compreso il ricovero ospedaliero, e alla somministrazione dei medicinali e di altri mezzi terapeutici, anche una indennità giornaliera nella misura del 75% del salario “effettivamente goduto dall’assicurato alla data dell’annotazione di sbarco sul ruolo” (successivo art. 10, comma 1) sino alla guarigione clinica e per la durata massima di un anno dalla medesima annotazione di sbarco sul ruolo. In base all’art. 24, comma 2, del medesimo R.D.L., “le indennità e gli assegni a favore degli assicurati o dei loro aventi diritto per le prestazioni previste dal presente decreto sono esenti dall’imposta di ricchezza mobile”.

Si è poi notato che la L. n. 825 del 1971, nel delegare il governo ad emanare la riforma dell’intero sistema tributario, da una parte, ha espressamente abolito, tra le altre, l’imposta di ricchezza mobile (art. 1), e dall’altra, ha dettato i criteri per la disciplina della materia delle esenzioni, delle agevolazioni e dei regimi sostitutivi, in modo da “limitare nella maggior possibile misura le deroghe ai principi di generalità e di progressività” (art. 9), demandando, pure, la previsione delle condizioni e dei limiti entro i quali le esenzioni, le agevolazioni o i regimi sostitutivi avrebbero potuto esser fatti valere, in via transitoria, dopo l’entrata in vigore dei decreti delegati (art. 15).

Abolita, per effetto del D.Lgs. n. 597 del 1973, art. 82, a decorrere dal 1 gennaio 1974, l’imposta sui redditi di ricchezza mobile, è rimasta, in conseguenza, caducata (circa tre decenni prima del periodo qui in rilievo) – si è affermato con le sentenze cit. – la disposizione agevolativa, che a quel sistema, testualmente, si riferiva: le norme che riconoscono benefici ed agevolazioni sono, infatti, per loro natura, di stretta interpretazione ed, essendo connesse agli specifici presupposti e scopi di ciascun sistema impositivo, non possono transitare da un’imposta all’altra (cfr. sez. 5 n. 11787 del 2010, in tema di ICI). Il principio – si è ritenuto – vale tanto di più nel caso di specie, in cui viene in rilievo un tributo, a carattere reale, che è stato abrogato per esser sostituito da un impianto impositivo a carattere reddituale.

Si è soggiunto nelle decisioni cit. che la disposizione dell’art. 135 (ora, art. 191) T.U.I.R., secondo cui restano salve le agevolazioni stabilite dalle leggi speciali, si riferisce, ovviamente, all’assetto fiscale dell’IRPEF (e dell’IRPEG), e non vale a mantener ferme, sine die, esenzioni ed agevolazioni concepite in funzione di sistemi cessati; senza dire che il D.P.R. n. 601 del 1973, nel riordinare la disciplina delle agevolazioni, ha disposto, pure, espressamente all’art. 42, l’abrogazione e la cessazione dell’efficacia di tutte le disposizioni concernenti le esenzioni e le agevolazioni, diverse da quelle considerate nel decreto stesso o in altri decreti emanati in attuazione della citata Legge Delega n. 825 del 1971.

2.4. La circostanza che la disciplina dell’assicurazione contro le malattie della gente di mare di cui alla L. n. 831 del 1938, già inclusa dal D.L. n. 200 del 2008, art. 2(all. 1, voce 21976), nell’elenco di quelle oggetto di abrogazione espressa, sia stata espunta dal detto elenco (con la Legge di Conversione n. 9 del 2009, art. 2, comma 1) non vale di certo – si è detto sempre nelle sentenze cit. – a reintrodurre l’invocata disposizione agevolativa, ma solo a far salve quelle disposizioni dello stesso R.D.L., che, a differenza di quella contemplata nell’art. 24, erano ancora vigenti nel 2008.

2.5. Ne deriva che, a norma del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, comma 1, l’erogazione in questione, in assenza di disposizioni agevolative, deve qualificarsi quale avvenuta “in relazione al rapporto di lavoro”, posto anche che a mente dell’art. 6, comma 2 T.U.I.R. “i proventi conseguiti in sostituzione di redditi… e le indennità conseguite… a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”.

Dalla lettura coordinata di tali norme – si è concluso – si ricava che vanno considerati redditi da lavoro dipendente, assoggettati ad IRPEF, tutti i proventi e le indennità derivanti da un rapporto di lavoro, anche se conseguiti in sostituzione di redditi, o a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, natura questa che – come già operato nelle sentenze cit. – va riconosciuta all’indennità giornaliera di cui si tratta: essa viene, infatti, corrisposta (R.D.L. n. 1918 del 1937, art. 1, comma 2) dall’ente previdenziale in caso di alterazione dello stato di salute (non dipendente da infortunio sul lavoro o da malattia professionale) che comporti un’inabilità al lavoro, assoluta o parziale, del personale regolarmente iscritto sul ruolo d’equipaggio o comunque imbarcato per servizio della nave (art. 3), quando, a causa di malattie “manifestatesi durante l’arruolamento”, sia impedito, totalmente e di fatto, all’assicurato di attendere al lavoro, venendo erogata in misura proporzionale (75%) al salario effettivamente goduto dall’assicurato “alla data dell’annotazione di sbarco sul ruolo” (sino alla guarigione clinica e per la durata massima di un anno dalla medesima annotazione, art. 6 cit.). L’art. unico della L. n. 1486 del 1962, integra la tutela previdenziale in esame, disponendo che i marittimi che, all’atto della cessazione dell’assistenza per malattia, siano dichiarati temporaneamente inidonei hanno diritto, per il periodo di inabilità fino al massimo di un anno, ad un’indennità giornaliera pari al 75 per cento del salario effettivamente goduto dall’assicurato, alla data dell’annotazione di sbarco sul ruolo, escluso il compenso per lavoro straordinario. Il dettato normativo in esame indica, univocamente, che l’oggetto dell’assicurazione obbligatoria è costituito nell’inabilità temporanea al lavoro e che l’obbligo, per l’ente previdenziale, di corrispondere l’indennità (anche quella di cui alla L. n. 1486 del 1962) sorge in ipotesi d’impedimento alla prestazione lavorativa, sicchè non può esser revocata in dubbio la sua natura di reddito sostituivo della retribuzione non percepita a causa dell’inabilità temporanea del lavoratore marittimo alla prestazione per cui era già stato ingaggiato o avrebbe potuto esserlo (nei limiti di cui alla L. n. 1486 del 1962), in quanto tale, da assoggettare ad imposta ai sensi del citato art. 6, comma 2 T.U.I.R..

3.1. Quanto al secondo ed al quarto motivo, essi devono ritenersi assorbiti: ciò esime dal valutare – come altrimenti sarebbe stato necessario – se siano configurabili come fatti controversi quelli, di natura ampiamente giuridico-valutativa, indicati dalla parte ricorrente, costituiti dalla vigenza o meno di una disciplina legale di un istituto e dalla qualificazione giuridica della indennità.

4.1. In accoglimento del ricorso, la sentenza, che non si è attenuta agli esposti principi, va, in conclusione, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può esser decisa nel merito col rigetto del ricorso del contribuente.

4.2. Le spese dell’intero giudizio possono essere compensate in ragione del fatto che l’orientamento interpretativo di questa Corte in materia si è stabilizzato in epoca successiva alla proposizione del ricorso.

PQM

– accoglie il ricorso in relazione al primo e terzo motivo, assorbiti il secondo ed il quarto; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente;

– compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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