Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10525 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/04/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 30/04/2010), n.10525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.D., V.P., elettivamente domiciliate in

ROMA, VIALE VATICANO 46, presso lo studio dell’avvocato NANNI

FRANCESCA ROMANA, rappresentate e difese dall’avvocato MARCUCCIO

MARCELLO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.N., L.G.A., D.F.E.,

R.G., D.F.G., I.N.A.I.L. – ISTITUTO

NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO,

B.R.;

– intimati –

e sul ricorso n. 19327/2006 proposto da:

L.N., figlio ed erede con beneficio d’inventario

dell’ing. L.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARZO RICCARDO, giusta mandato a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.F.E., R.G., D.F.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MESSEDAGLIA 42, presso lo

studio dell’avvocato CARLI BALLOLA FRANCESCO, rappresentati e difesi

dall’avvocato DE GIORGI CARLO LUIGI, giusta mandato in calce al

ricorso;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

e contro

V.P., B.D., B.R., L.

G.A., I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE

CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO;

– intimati –

e sul ricorso n. 19330/2006 proposto da:

L.G.A., figlia ed erede con beneficio

d’inventario dell’Ing. L.L., domiciliala in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARZO RICCARDO, giusta mandato a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 144, presso lo studio; l’avvocato TARANTINO CRISTOFARO lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSSI ANDREA, giusta

mandato in calce al ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

D.F.E., R.G., D.F.G.,

V.P., B.D., B.R., L.

N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 309/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 11/05/2005, R.G.N. 453/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

10/03/2010 dal Consigliere Dott. BANDINI Gianfranco;

udito l’Avvocato MARCUCCIO MARCELLO;

udito l’Avvocato ROSSI ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso accoglimento del primo motivo del

ricorso principale, assorbiti gli altri; rigetto del ricorso

incidentale per L.N. inammissibilita’ per C.

G. in subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.G., D.F.E. e D.F.G. convennero in giudizio, avanti al Tribunale di Lecce, L.L. e sulle premesse che:

– erano eredi legittimi di D.F.R., gia’ dipendente dell’impresa di costruzioni B.A., come operaio adibito ad un cantiere in (OMISSIS) ove era stato realizzato un fabbricato su progetto e direzione dei lavori del convenuto;

– durante la comandatagli esecuzione del puntellamento di un muro di contenimento, realizzato da alcuni giorni e che aveva presentato un rigonfiamento, il loro congiunto era stato travolto dal crollo del muro, decedendo a seguito delle lesioni riportate;

– il processo penale promosso a carico del convenuto si era concluso con sentenza di patteggiamento;

cio’ premesso e deducendo la responsabilita’ del convenuto nella causazione del sinistro, ne chiesero la condanna al risarcimento dei danni.

Il L., costituitosi, nego’ ogni addebito e, assumendo la responsabilita’ dell’appaltatore B.A., chiese ed ottenne l’autorizzazione alla chiamata in causa degli eredi di quest’ultimo, domandandone la condanna in via esclusiva e la manleva per quanto richiesto dagli attori nei suoi confronti.

L’Inail intervenne in causa per la rivalsa delle somme gia’ corrisposte agli eredi del lavoratore deceduto.

A seguito della chiamata in causa degli eredi dell’appaltatore, anche per la manleva in ordine alle domande svolte dall’Inail, si costitui’ la sola B.R., chiedendo di essere estromessa dal processo per avere rinunciato all’eredita’ del suo dante causa; le altre eredi, V.P. e B.D., rimasero contumaci.

A seguito della dichiarazione da parte del difensore del convenuto della morte di quest’ultimo, nonche’ della sua gia’ avvenuta volontaria cancellazione dall’albo forense, il processo venne dichiarato interrotto e quindi riassunto ad iniziativa degli attori.

Degli eredi dell’originario convenuto si costitui’ in giudizio il solo L.N..

Infine il Giudice adito condanno’ gli eredi del L., in solido fra loro, al pagamento delle somme rispettivamente indicate a favore degli attori, accogliendo altresi’, nei loro confronti, la domanda di rivalsa dell’Inail; estromise invece dal giudizio B.R..

Sull’appello proposto da L.N. si costituirono l’Inail e le eredi di B.A., in particolare deducendo che anche V.P. e B.D. avevano rinunciato all’eredita’ e che pertanto avrebbero dovuto essere estromesse dal giudizio; rimase invece contumace L.G.A., altra erede dell’originario convenuto.

La Corte d’Appello di Lecce, pronunciando sul gravame con sentenza dell’11.3 – 11.5.2005, accogliendo la domanda di garanzia proposta da L.N. e confermando nel resto la sentenza di prime cure, condanno’ V.P. e B.D., in solido fra loro, a rivalere gli eredi di L.L. del 50% delle somme da erogare a titolo di danni agli eredi di D.F.R. e del 50% delle somme da rimborsare all’Inail.

A sostegno del decisum, dopo avere disatteso le eccezioni di natura processuale svolte dall’appellante, la Corte territoriale ritenne che:

– doveva essere affermata la responsabilita’ nella causazione del sinistro, in pari misura, sia dell’appaltatore B.A., che del direttore dei lavori L.L.;

– doveva escludersi che nella liquidazione del danno il primo Giudice fosse andato ultra petita;

– giustamente il primo Giudice aveva liquidato a favore degli eredi del D.F. il solo danno morale e provveduto per il rimborso della rendita erogata, come da documentazione in atti, dall’Inail;

– doveva essere accolta la domanda di manleva svolta nei confronti di V.P. e B.D., non avendo costoro provato di avere rinunciato all’eredita’ di B.A.;

– le spese del doppio grado, tenuto conto dell’esito finale della lite e del concorso di giusti motivi, andavano compensate per la meta’, con addebito della residua quota, nei confronti della altre parti, agli eredi di L.L..

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, V. P. e B.D. hanno proposto ricorso per Cassazione fondato su tre motivi e illustrato con memoria. Gli intimati L.N. e L.G.A. hanno resistito con distinti controricorsi, proponendo altresi’ ricorsi incidentali fondati su otto motivi; L.G.A. ha depositato memoria.

Gli intimati R.G., D.F.E. e D.F. G. hanno resistito con controricorso ai ricorsi incidentali.

L’Inail ha resistito con controricorso al ricorso incidentale svolto da L.G.A., depositando memoria. L’intimata B.R. non ha svolto attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi, siccome proposti avverso la medesima sentenza.

2. Il primo Giudice ha condannato gli eredi L. al pagamento delle somme indicate in solido fra loro e la statuita sussistenza del vincolo di solidarieta’ non e’ stata oggetto di specifica impugnazione. In relazione alla ritenuta solidarieta’ trova applicazione il principio secondo cui, nel caso di responsabilita’ solidale tra coobbligati, si verte in una ipotesi di causa scindibile, cosicche’ l’appello proposto da uno soltanto dei condannati in solido non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coobbligato non appellante (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 5082/1990; 7308/2007). Nella presente controversia L.G.A. non ha appellato la sentenza di primo grado, con conseguente passaggio in giudicato delle relative statuizioni emesse nei suoi confronti.

Va quindi dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso incidentale dalla medesima proposto.

3. Risulta logicamente prioritario, per la natura delle questioni sollevate, la disamina del ricorso incidentale proposto da L. N..

Con il primo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione di legge (artt 299, 300, 301, 303, 304 e 305 c.p.c.), nonche’ vizio di motivazione e nullita’ della sentenza di prime cure e dell’intero processo per intervenuta estinzione deducendo che:

– in prime cure il difensore del suo dante causa aveva dichiarato la sua intervenuta cancellazione dall’Albo forense, nonche’ l’avvenuto decesso del proprio assistito;

– poiche’ il processo era stato interrotto per la cancellazione dall’Albo del difensore, la dichiarazione del decesso resa da quest’ultimo dopo la cancellazione stessa era da considerarsi tamquam non esset;

– per conseguenza il ricorso per riassunzione non avrebbe potuto essere notificato agli eredi del defunto, collettivamente e impersonalmente, presso il suo ultimo domicilio, bensi’ alla parte costituita, e solo dopo l’omessa notifica per la morte di tale parte il processo avrebbe potuto essere interrotto per tale causa;

– poiche’ il ricorso per riassunzione non era stato notificato alla parte personalmente nei modi di legge, il processo si era estinto.

3.1 Secondo la prevalente e condivisa giurisprudenza di legittimita’ la volontaria cancellazione dall’albo professionale del procuratore costituito non da luogo all’applicazione dell’art. 301 c.p.c., comma 1, e non determina quindi l’interruzione del processo, in quanto, mentre le ipotesi ivi previste sono accomunate dal fatto di essere indipendenti (almeno in via diretta) dalla volonta’ del professionista o del cliente, la volontaria cancellazione e’ assimilabile alle ipotesi (revoca della procura o rinuncia ad essa) indicate nel comma 3 del medesimo articolo (cfr, ex plurimis, Cass., n. 8054/2004; 12261/2004).

Nella fattispecie, peraltro, la questione e’ sostanzialmente irrilevante, risultando assorbente il rilievo che, nel caso di morte (o di perdita della capacita’ giuridica) di una parte costituita in giudizio, la mancata dichiarazione dell’evento ad opera del suo procuratore ai fini interruttivi ai sensi dell’art. 300 c.p.c. (ovvero, nel caso di specie, la irritualita’ della dichiarazione, siccome proveniente da soggetto ormai cancellato dall’Albo professionale), non impedisce alla controparte che sia comunque a conoscenza di tale evento di prendere l’iniziativa della chiamata in giudizio dei successori di detta parte, dovendosi in questo caso il termine riassunzione intendersi impropriamente usato come atto d’impulso processuale, non conseguente ad una precedente fase di interruzione, ma volto anzi ad evitarla (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 1434/1992; 3018/2005). La notifica del ricorso in riassunzione eseguita nei confronti degli eredi della parte defunta, collettivamente e impersonalmente, presso il suo ultimo domicilio, costitui’ pertanto valido atto di impulso processuale a seguito della irritualmente intervenuta dichiarazione di interruzione per cancellazione dall’Albo del difensore, dovendosi quindi escludere la sussistenza della dedotta causa di estinzione del processo.

Il motivo all’esame va dunque disatteso.

4. Cio’ comporta l’assorbimento del quinto motivo del ricorso incidentale, con il quale, denunciando violazione di legge (art. 2945 c.c., comma 3), nonche’ vizio di motivazione, e’ lamentato il rigetto dell’eccezione di prescrizione per effetto della ritenuta esclusione dell’estinzione del giudizio.

5. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione di legge (art. 51 c.p.c., n. 3, art. 52 c.p.c. e segg.;

art. 6 Convenzione europea dei diritti dell’uomo), nonche’ vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale non si sia pronunciata sull’istanza diretta a provocare l’astensione del Presidente dei Collegio, da considerarsi “sostanzialmente di ricusazione”.

5.1 Il motivo e’ inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, non essendo stato ivi riportato il contenuto dell’istanza che si assume non esaminata.

6. Con il terzo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione di legge (L. n. 276 del 1997, art. 13, comma 2) e nullita’ della sentenza impugnata, lamentando che, in prime cure, il GOA, all’udienza del 26.5.2000, invece di fissare l’udienza per il tentativo di conciliazione, avesse disposto la prosecuzione del processo con le ulteriori attivita’.

6.1 Il vizio denunciato, pretesamente conducente alla nullita’ della sentenza di primo grado, comporta l’applicabilita’ dell’art. 156 c.p.c., comma 1, secondo cui la nullita’ delle sentenze soggette ad appello puo’ essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di tale mezzo di impugnazione, sicche’ avrebbe dovuto essere oggetto di specifico motivo di gravame. La questione non e’ stata peraltro trattata nella sentenza impugnata, onde il ricorrente incidentale avrebbe dovuto specificare, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, i termini ed i modi attraverso i quali la questione stessa era stata devoluta al giudice dell’appello; a tanto non avendo pero’ ottemperato, la doglianza va ritenuta inammissibile siccome nuova (cfr, ex plurimis, Cass., n. 2140/2006).

7. Con il quarto motivo il ricorrente incidentale solleva eccezione di incostituzionalita’, per contrasto con l’art. 24 Cost., dell’art. 292 c.p.c. nella parte in cui non prevede la notificazione dell’atto di riassunzione ai contumaci.

7.1 Il motivo appare inammissibile per carenza di interesse, atteso che l’odierno ricorrente incidentale non era stato ancora evocato in giudizio al momento della dichiarazione di interruzione del processo in primo grado, cosicche’ nessuna violazione del diritto di difesa puo’ essersi verificata nei suoi confronti in relazione alla non avvenuta notificazione dell’atto di riassunzione ad altre parti processuali rimaste contumaci.

8. Con il sesto motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione di legge (artt. 2043, 2053 e 2104 c.c.; art. 112 e 116 c.p.c.), nonche’ vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale:

– non aveva individuato il titolo di responsabilita’ fatto valere nei confronti del suo dante causa, ne’ accertato la sussistenza del suo potere – dovere di intervenire;

– non aveva inoltre tenuto conto di plurime circostanze fattuali, e, in particolare, della gia’ avvenuta costruzione del manufatto, della mancata previsione in progetto del muro crollato e della posizione del soggetto leso nell’ambito dell’impresa appaltatrice.

8.1 Osserva il Collegio che, secondo quanto emerge dallo stesso ricorso incidentale, l’evocazione in giudizio del direttore dei lavori era avvenuta attraverso il richiamo all’art. 2043 c.c. e segg., dunque fondando la domanda sulla sua responsabilita’ extracontrattuale, sicche’ nessun ulteriore necessita’ di qualificazione al riguardo incombeva sulla Corte territoriale.

Ne’ il richiamo operato ad una pronuncia di legittimita’ resa in controversia inerente ad un’ipotesi di responsabilita’ contrattuale determina il dedotto vizio logico della pronuncia, atteso che tale richiamo e’ stato fatto soltanto al fine del riscontro di quelli che sono i compiti e gli obblighi del direttore dei lavori e, quindi, dell’accertamento dell’effettiva sussistenza del suo potere – dovere di intervenire in presenza dell’erezione di un manufatto inidoneamente realizzato rispetto alla situazione fattuale dei luoghi. La Corte territoriale, sulla base del rilievo che rientra nell’ambito delle obbligazioni assunte dal direttore e, quindi, fra i suoi doveri, l’accertamento della conformita’ dell’opera al progetto e della sua rispondenza alle regole della tecnica, ha poi compiutamente esaminato le specifiche circostanze fattuali relative all’avvenuta costituzione del muro in difformita’ dal progetto e ad iniziativa esclusiva dell’appaltatore, alla inidoneita’ di tale manufatto e alle modalita’ dell’intervento del direttore dei lavori, che, pur consapevole di tale inidoneita’, si limito’ a raccomandare talune precauzioni tecniche ed esecutive, traendone quindi, in forza di argomentazione coerente ed immune da vizi logici, la conseguenza del concorso causale della condotta del direttore dei lavori nella causazione del sinistro.

Quanto alla genericamente prospettata incidenza del preteso comportamento colposo del soggetto leso quale concausa determinante del sinistro medesimo, si tratta di questione, implicante un accertamento fattuale, non esaminata dalla Corte territoriale e riguardo alla quale il ricorrente incidentale non ha specificato i termini e i modi della sua devoluzione al Giudice dell’appello, onde la stessa deve ritenersi inammissibile in questa sede siccome nuova.

Il motivo all’esame deve quindi essere disatteso.

9. Con il settimo articolato motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione di legge (art. 112 c.p.c.; artt. 2056, 2059 e 2697 c.c.), nonche’ vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale:

– abbia confermato, senza esaminare il corrispondente motivo di gravame, la liquidazione del danno morale operata dal primo Giudice in misura macroscopicamente superiore a quanto richiesto;

– non abbia motivato in ordine alla giustificazione da parte dell’Inail dell’importo liquidato;

– abbia confermato la liquidazione del danno morale a favore degli originar attori in difetto di prova sulla relazione di ognuno di loro rispetto al congiunto deceduto;

– non abbia motivato sull’obbligo dell’Inail di fornire la prova dei quantum del danno.

9.1 La Corte territoriale ha rilevato che il danno morale era stato quantificato dagli attori in misura “non inferiore” a L. 45 milioni;

trattavasi pertanto di una indicazione di contenuto minimo, come tale non vincolante per il Giudicante e tale da consentire, senza violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, una quantificazione anche di importo superiore. Inoltre, circa la specificazione delle causali del danno risarcito, la Corte territoriale ha precisato – confermandola – che la liquidazione operata ineriva al solo danno morale, con cio’ rispondendo esaustivamente alla censura della mancata giustificazione delle causali, nel mentre, sulla base delle stesse allegazioni di cui al ricorso, nella parte espositiva del quale sono stati riportati i motivi di appello, deve rilevarsi la novita’ delle censure svolte in questa sede in ordine alla dedotta mancata prova, con riferimento al danno morale, dei particolari rapporti che intercorrevano tra gli attori e il loro deceduto congiunto.

9.2 Quanto ai profili di doglianza inerenti alla rivalsa dell’Inail, deve rilevarsi come, secondo consolidato orientamento di questa Corte, tale diritto verso il responsabile civile dell’infortunio sul lavoro ha un contenuto vincolato dai rigorosi ed obiettivi criteri legali che presiedono alla liquidazione delle prestazioni oggetto della rivalsa stessa ed erogate attraverso provvedimenti che, per la loro natura amministrativa, sono assistiti da una presunzione di legittimita’, con la conseguenza che, ove detto responsabile assuma essere tale erogazione, totalmente o parzialmente, non dovuta, e’ tenuto a dimostrare, per superare quella presunzione, che i relativi atti sono inficiati dalla mancanza dei presupposti di fatto o dalla violazione dei criteri vincolanti posti dalla legge (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 1894/1990; 9000/1995; 13377/1999; 5909/2003).

Nel caso all’esame la Corte territoriale ha rilevato che il rimborso a favore dell’Inail era stato disposto dal primo Giudice sulla base della documentazione in atti e tanto basta, alla luce del suesposto principio e in difetto di specifiche contestazioni sull’inosservanza dei criteri seguiti dall’Istituto, per escludere il dedotto vizio di motivazione.

Anche il motivo all’esame, nei distinti profili in cui si articola, va quindi disatteso.

10. Con l’ottavo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione di legge (art. 112 c.p.c.), nonche’ vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale pronunciato sul motivo di gravame inerente alla condanna alle spese, disposta dal primo Giudice, in favore di B.R..

Il mezzo e’ infondato, avendo la Corte territoriale provveduto autonomamente, a seguito della parziale riforma della sentenza di prime cure, sulle spese di entrambi i gradi di merito, onde il motivo di appello in ordine al quale si lamenta l’omessa pronuncia e’ rimasto assorbito.

11. Passando alla disamina del ricorso principale, si rileva che, con il primo motivo, le ricorrenti denunciano violazione di legge (artt. 474 e 2697 c.c.; artt. 115, 118, 210 e 213 c.p.c.), nonche’ vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale abbia accolto la domanda di garanzia svolta nei loro confronti per non avere esse ricorrenti fornito la prova della dedotta rinuncia all’eredita’ di B.A..

11.1 La Corte territoriale ha in effetti ritenuto di accogliere la domanda per non avere le odierne ricorrenti principali prodotto “la copia della rinuncia all’eredita’”.

Questa Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo cui la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non e’ di per se’ sola sufficiente all’acquisto della qualita’ di erede, perche’ a tale effetto e’ necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione mediante aditio oppure per effetto di pro herede gestio oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 c.c.; pertanto, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale contenuto nell’art. 2697 c.c., l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualita’ di erede, qualita’ che non puo’ desumersi dalla mera chiamata all’eredita’, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredita’, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualita’ di erede (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 11634/1991; 6479/2002;

3696/2003).

L’errore di diritto in cui e’ incorsa la Corte territoriale e’ consistito nel ritenere che incomba sul preteso erede, convenuto in giudizio, fornire la prova di avere rinunciato all’eredita’, e non gia’ all’attore dimostrare che il convenuto ha acquistato, secondo i modi previsti dall’ordinamento, la qualifica di erede. Il motivo all’esame va dunque accolto.

12. Con il secondo motivo le ricorrenti principali denunciano violazione di legge (artt. 752 e 1295 c.c.; 112 c.p.c.), nonche’ vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale:

– accogliendo la domanda di rivalsa le abbia condannate alla corresponsione del 50% delle somme che gli eredi L. avrebbero corrisposto agli eredi di D.F.R. e all’Inail, e cio’ benche’ il solo L.L. avesse coltivato la domanda proponendo appello, mentre nessuna impugnazione era stata svolta dall’altra erede L.G.A.;

– le abbia condannate al rimborso del 50% delle somme anzidette (e non soltanto della quota gravante su L.L.) con il vincolo di solidarieta’ e non in proporzione alle rispettive quote ereditarie.

12.1 Il primo profilo del motivo e’ fondato, atteso che L. G.A. non si e’ costituita in primo grado, ne’ ha proposto appello avverso la sentenza di prime cure, cosicche’ le odierni ricorrenti principali non potevano essere considerate soggette passive di qualsivoglia domanda da parte della predetta.

12.1 Il secondo profilo del mezzo resta assorbito dall’accoglimento delle predette censure.

13. Parimenti assorbito resta il terzo motivo del ricorso principale, relativo all’affermata responsabilita’ del dante causa delle ricorrenti nella causazione del sinistro.

14. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso principale deve essere pertanto accolto nei limiti anzidetti, mentre quello incidentale di L.N. va rigettato e quello di L. G.A. va dichiarato inammissibile.

Per l’effetto, per quanto concerne la controversia tra L. G.A. e gli eredi di B.A., la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, perche’ la causa non poteva essere proseguita; seguendo il criterio della soccombenza, la ricorrente incidentale va condannata a rifondere ai ricorrenti principali – eredi di B.A. – le spese di lite afferenti al presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo; non e’ invece luogo a provvedere al riguardo nei confronti dell’intimata B. R., che non ha svolto attivita’ difensiva.

Le spese del giudizio di merito rimangono compensate a causa della complessita’ delle questioni trattate.

Per quanto concerne la controversia tra L.N. e i ricorrenti principali – eredi di B.A. – la sentenza impugnata va quindi cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio al Giudice indicato in dispositivo, che procedera’ a nuovo esame conformandosi ai suindicati principi e provvedera’ altresi’ sulle spese del giudizio di cassazione; resta invece definitivamente chiusa la controversia tra L.N. e l’intimata B. R., in relazione alla quale non e’ luogo a pronunciare sulle spese stante la mancanza di attivita’ difensiva.

I ricorrenti incidentali L.N. e L.G. A., seguendo il criterio della soccombenza, vanno condannati a rifondere agli eredi di D.F.E. le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo; la ricorrente incidentale L.G.A., sempre seguendo il criterio della soccombenza, va inoltre condannata a rifondere all’Inail le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo; non e’ invece luogo a provvedere sulle spese fra l’Inail e L.N., atteso che, avverso il ricorso incidentale di quest’ultimo, l’Istituto non ha svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale e parzialmente il secondo, dichiarando assorbite le altre doglianze;

rigetta il ricorso incidentale di L.N. e dichiara inammissibile quello di L.G.A.; cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla controversia tra L.G.A. e gli eredi di B.A. e condanna L.G.A. a rifondere ai ricorrenti principali le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 21,00 oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, spese generali, IVA e CPA come per legge; nulla per le spese fra L. G.A. e l’intimata B.R.; spese del giudizio di merito compensate; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese tra il ricorrente incidentale L.N. e i ricorrenti principali, alla Corte d’Appello di Bari; nulla per le spese fra L.N. e l’intimata B.R.; condanna i ricorrenti incidentali L.N. e L.G.A. a rifondere agli eredi di D.F.E. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi 32,00 Euro oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, spese generali, IVA e CPA come per legge;

condanna L.G.A. a rifondere all’Inail le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 26,00, oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari ed accessori di legge; nulla per le spese fra L.N. e l’Inail.

Cosi’ deciso in Roma, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

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