Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10525 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/04/2017, (ud. 23/09/2016, dep.28/04/2017),  n. 10525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. GRILLO Renato – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere –

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29164-2011 proposto da:

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI MACCAGNANI

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 122/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

VERONA, depositata il 25/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2016 dal Consigliere Dott. PEZZULLO ROSA;

udito per il ricorrente l’Avvocato COGLITORE per delega dell’Avvocato

MANZI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato COLELLI che ha chiesto

l’inammissibilità e in subordine il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Verona 2 accertava a carico di F.D. un maggior reddito di capitale non dichiarato per l’anno 2003, avendo la G.d.F., a seguito di ispezione nei confronti di una società fiduciaria – la GE.FIN. S.p.A.- con sede in (OMISSIS), rilevato che il predetto F. deteneva al 31.12.2003 attività finanziarie (un deposito contenente somme investite i prodotti finanziari non armonizzati) appunto nella Repubblica di San Marino, per un totale non dichiarato di Euro 1.860.538,61, in violazione dell’obbligo di compilare in proposito il quadro RW della dichiarazione dei redditi; ne conseguiva la ripresa a tassazione del maggior reddito non dichiarato e la notifica dell’ avviso di accertamento nei confronti del contribuente, per un presunto maggiore reddito di capitale, per l’anno 2003 pari ad Euro 45.025,00, e, quindi, per una maggiore imposta IRPEF per Euro 20.261,00, con maggiori addizionali regionali e comunali, rispettivamente per Euro 630,00 ed Euro 135,00, oltre interessi e sanzioni.

2. Il contribuente presentava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Verona, chiedendo l’annullamento dell’avviso di accertamento e avverso la sentenza di rigetto, il F. proponeva appello, anch’esso respinto dalla C.T.R. di Venezia con sentenza in data 27.9.2010, essendo stata ritenuta l’infondatezza della tesi del ricorrente – secondo cui tali somme, detenute all’estero, non erano produttive di reddito, così come si evinceva dalla dichiarazione rilasciata dalla fiduciaria Ge.Fin del febbraio 2009 – non potendosi negare che, a seguito dei due versamenti per complessivi Euro 1.860.538,00, non risultava effettivamente denunciato nel quadro RW l’imponibile calcolato al tasso ufficiale di sconto pari al 2,42 per quell’anno.

3. F.D. propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta l’insufficiente motivazione su un fatto decisivo del giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, concludendo per l’inammissibilità od il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. Con unico motivo di ricorso, F.D. ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo ai fini del giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che nel ragionamento dei giudici di merito sarebbe rinvenibile il mancato o insufficiente esame dei punti rilevanti della controversia, tali da precludere l’individuazione dell’iter logico giuridico posto a fondamento della decisione; in particolare, il ragionamento della C.T.R. relativo al fatto che la somma Euro 1.860.538,00 abbia generato reddito, così screditando il contenuto della dichiarazione del proveniente dalla società fiduciaria GE.FIN. S.A. del 24.2.2009, risulta assolutamente insufficiente, in considerazione della circostanza che tale somma era solo un’entità contabile frutto dell’azione illecita del consulente infedele.

2. Tale censura, assolutamente generica, meramente riproduttiva di analoga doglianza svolta in appello, si scontra con la puntuale motivazione della sentenza impugnata che, invece, ha analizzato la valenza della dichiarazione della Ge.Fin, che si limitava ad attestare una contabilizzazione pari a zero alla data del 24.2.2009, senza nulla dire circa la sorte del capitale nell’anno 2003 e, quindi, in sostanza inidonea a dar conto dell’assunto del contribuente. A fronte di ciò, resta il dato, in sostanza incontroverso, secondo cui l’importo delle attività di natura finanziaria detenute dal contribuente nella Repubblica di San Marino, pari ad Euro 1.860.538,61 alla data del 31.12.2003 (come dallo stesso confermato – sebbene con la precisazione che tali somme non erano da considerarsi produttive di reddito- nel momento in cui ha affermato di aver costituito attività finanziarie per l’ammontare indicato, frutto di due versamenti pari rispettivamente ad Euro 830.838,61 e Euro 1.029.700,00, entrambi effettuati in data 30 giugno 2003), non è stato dichiarato nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, di guisa che il reddito non dichiarato e la maggiore imposta accertata risultano adeguatamente argomentati dalla CTR con la sentenza impugnata.

3. Non sussiste, dunque, il vizio lamentato dal contribuente avendo la CTR considerato i presupposti di fatto e le ragioni esposte nell’accertamento impugnato condividendone il contenuto, in mancanza di elementi idonei a comprovare il dato che l’ammontare del conto non abbia generato reddito nell’anno 2003. Peraltro, questa Corte ha più volte evidenziato come non può dirsi ricorrente il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato appunto preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

4. Sulla base di tali argomentazioni il ricorso va rigettato, con condanna del contribuente al pagamento delle spese processuali liquidate in favore dell’Agenzia come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5000,00, oltre spese prenotate a debito in favore della controparte.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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