Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10524 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/04/2017, (ud. 23/09/2016, dep.28/04/2017),  n. 10524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. GRILLO Renato – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere –

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6422/2011 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VICTOR UCKMAR giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 124/2010 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 12/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2016 dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CORASANITI per delega

dell’Avvocato UCKMAR che insiste per la cassazione della sentenza

della CTR;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto per tutti i motivi di ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Lecco – in data 29 novembre 2008, notificava a A.F. due avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 2001 e 2003, recuperando a tassazione, quali redditi diversi D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 81, per l’anno 2001, un maggiore reddito imponibile pari ad Euro 317.365,00, con maggiore Irpef accertata pari ad Euro 136.703,00, oltre addizionali e sanzioni e, per l’anno 2003, un maggiore reddito imponibile pari ad Euro 443.072,00, con maggiore Irpef accertata pari ad Euro 194.941,00, oltre addizionali e sanzioni. Tale recupero scaturiva da un’indagine finanziaria effettuata sui rapporti intrattenuti dal contribuente con banche italiane ed, in particolare, su alcune movimentazioni bancarie (accrediti) provenienti da banche estere – che, secondo l’Agenzia delle Entrate, non sarebbero “risultate compatibili con la complessiva capacità contributiva del contribuente”, sicchè i relativi importi erano stati appunto qualificati come “redditi diversi”.

2. Avverso tali avvisi di accertamento il contribuente presentava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecco, deducendo l’illegittimità di entrambi e di risiedere effettivamente a Montecarlo, nonchè l’infondatezza, sotto il profilo motivazionale e nel merito, delle contestazioni a lui mosse in relazione al fatto che le movimentazioni bancarie in contestazione rappresentavano dei meri girofondi.

3. La Commissione Tributaria Provinciale di Lecco accoglieva parzialmente il ricorso, rideterminando il maggior reddito imponibile, per l’anno di imposta 2001, nel minore importo di Euro 294.124,39 e, per l’anno di imposta 2003, nel minore importo di Euro 418.678,95.

4. Avverso tale sentenza il contribuente proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale di Milano, che dichiarava la nullità del ricorso introduttivo del giudizio, essendo la narrazione lacunosa in fatto e diritto, atteso che dalla lettura del ricorso stesso non si evincevano le ragioni per le quali i comportamenti finanziari, peraltro monchi, del contribuente erano da ritenersi legittimi ed invece illegittima l’attività accertativa, peraltro decontestualizzata, dell’Agenzia delle Entrate.

5. Propone ricorso per cassazione l’ A., affidato a quattro motivi di ricorso, con i quali lamenta:

– l’error in procedendo per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e), e comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

– l’error in procedendo per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e), e comma 4, e dell’art. 24, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

– la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

– la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p., comma 1, n. 5.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso merita accoglimento e tale valutazione assorbe la valutazione dei restanti motivi.

1. Con tale motivo l’ A. lamenta la ricorrenza del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e), e comma 4, poichè la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha erroneamente dichiarato la nullità del ricorso introduttivo, con conseguente sua inammissibilità, in ragione di un’asserita mancata indicazione nel ricorso medesimo dei motivi di impugnazione avverso gli avvisi di accertamento de quibus, laddove il ricorso è da ritenersi inammissibile, solo se manca ovvero è assolutamente incerta l’indicazione dei motivi di censura dell’atto impositivo impugnato; nel ricorso in esame, invece, risultano chiaramente evincibili le ragioni di fatto e diritto per le quali il contribuente ha chiesto al giudice tributario l’annullamento dei suddetti avvisi di accertamento.

2. La doglianza è fondata. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha ritenuto di dichiarare la nullità del ricorso introduttivo del giudizio, in accoglimento dell’eccezione proposta dall’Ufficio, rilevando la mancanza o l’assoluta incertezza dell’indicazione dei motivi di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, n. 4, che, invece, sono stati aggiunti od integrati con memoria difensiva del 21.9.2009; in particolare dalla lettura del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, si evincerebbero esclusivamente brevi cenni in fatto ad una vicenda finanziaria del contribuente, dipanatasi nel 1992 tra l’Italia ed il principato di Monaco, ma la narrazione, oltre che in fatto, è lacunosa in punto di diritto, proprio perchè dalla semplice lettura del ricorso non è dato evincere perchè i comportamenti finanziari del contribuente siano legittimi e sia illegittima l’attività accertativa.

3. Tale interpretazione non si presenta corretta. Ed invero premesso che il giudizio tributario è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, ed avente un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente, con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo in primo grado (Sez. 5, n. 25756 del 05/12/2014), ai fini della enunciazione dei motivi previsti a pena inammissibilità del ricorso dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 18, comma 2, lett. e), è sufficiente una enunciazione anche sommaria dei motivi stessi. Invero, la sanzione dell’inammissibilità è connessa alla mancanza assoluta, ovvero all’assoluta incertezza, ricorrendo quest’ultimo caso, allorquando l’enunciazione del motivo, che non deve attingere un particolare livello di specificità, si presenti tale da non consentire l’individuazione del nucleo della censura rivolta all’atto impugnato.

4. Nel caso in esame, invece, il contribuente ha evidenziato, sebbene in maniera sintetica, le ragioni del ricorso evincibili, tra l’altro, nel fatto che le operazioni addebitate siano da ritenere, invece, “pienamente giustificate”, come rilevato dallo stesso ufficio nel verbale di contraddittorio del 16.4.2009.

5. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale di Milano che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale di Milano, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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