Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10519 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/04/2010, (ud. 23/02/2010, dep. 30/04/2010), n.10519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7334-2009 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY 5,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO CLAUDIO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TRANE PASQUALE, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7809/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/03/2008 r.g.n. 2469/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato DE MARINIS per delega FIORILLO;

udito l’Avvocato CLAUDIO RIZZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 15-3-2006, F.A. proponeva appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, aveva respinto le sue domande, nei confronti di Poste Italiane S.p.A., dirette al riconoscimento della pregressa anzianità dirigenziale nei periodi 23-6-1977/31-12-1979 e 8-11-1989/31-7-1991, ai sensi dell’art. 4, lett. b), del CCNL per il personale dirigente delle Poste dell’11-8-1994, a tenore del quale “l’anzianità maturata dai dirigenti fino al 31 luglio 1994 viene valutata in L. 155.000 mensili per ogni anno di effettivo esercizio di funzioni dirigenziali che risultino formalmente attribuite e comunque espletate nella Pubblica Amministrazione”. Tale previsione – ad avviso del F. – sarebbe stata erroneamente interpretata dal Tribunale, che aveva ritenuto, contrariamente alla lettera e allo spirito di essa, che l’uso della congiunzione non consentisse interpretazione diversa da quella per la quale la valutazione economica dell’anzianità maturata dal dirigente sino al 3 1-7-1994 era da computarsi unicamente per ogni anno di effettivo servizio di funzioni dirigenziali che risultassero anche formalmente attribuite.

L’appellata società, costituendosi, sosteneva l’infondatezza del gravame e concludeva per il rigetto dello stesso, avendo il Tribunale esattamente deciso in base alla corretta interpretazione della citata clausola contrattuale collettiva, perfettamente valida ed opponibile al ricorrente.

Con sentenza del 9 novembre 2006 – 17 marzo 2008, l’adita Corte di Appello di Roma accoglieva il gravame.

A sostegno del decisum osservava che, sotto il profilo dell’interpretazione del disposto contrattuale, doveva rilevarsi come la complessiva lettura del periodo in esame portasse a ritenere esattamente il contrario di quanto affermato dal Tribunale, e cioè che l’espletamento di mansioni dirigenziali rappresentasse di per sè circostanza idonea alla attribuzione degli “aumenti di anzianità”, anche in mancanza di “formale attribuzione” delle medesime; ciò in quanto effettivo esercizio di funzioni dirigenziali” rappresentava, già nella prima parte della norma in esame, la condizione di base cui il diritto agli aumenti era ricollegato, sicchè, ove alle due specificazioni che la seguivano, “formalmente attribuite e comunque espletate nella Pubblica Amministrazione”, si fosse dato il senso ritenuto nella sentenza impugnata, la seconda di esse sarebbe stata del tutto inutile, traducendosi nella ripetizione della previsione iniziale di carattere generale; per esprimere il significato ritenuto dal Tribunale, la clausola avrebbe potuto in effetti limitarsi alla prima specificazione in essa contenuta: “per ogni anno di effettivo esercizio di funzioni dirigenziali che risultino formalmente attribuite”.

Nelle specie, peraltro, risultavano presenti entrambe le condizioni, vale a dire la formale attribuzione delle funzioni dirigenziali e l’effettivo espletamento delle stesse.

Per la cassazione di tale pronuncia, ricorre la società Poste Italiane con due motivi.

Resiste F.A. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il proposto ricorso la società Poste Italiane impugna la sentenza della Corte di Appello di Roma, sotto un duplice profilo:

per un verso, lamenta la erronea interpretazione dell’art. 4 del CCNL dirigenti postali, avendo detta Corte, in violazione dell’art. 1362 e ss. c.c. ritenuto applicabile il beneficio previsto da detto articolo, anche ai soggetti che avessero svolto le funzioni dirigenziali in mancanza di un formale atto di incarico delle predette funzioni; per altro verso, denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, laddove la Corte di appello aveva sostenuto che, nel caso in esame, ricorreva anche il requisito della “formale attribuzione”, affermando che per entrambi i periodi in contestazione doveva ritenersi che le funzioni dirigenziali erano state “anche formalmente attribuite al ricorrente”.

Al contrario – ad avviso della ricorrente -, l’esame della documentazione richiamata dal Giudice d’appello e delle eccezioni ed argomentazioni dedotte da essa Società nei propri atti difensivi, conducevano ad una conclusione del tutto opposta a quella prospettata nella sentenza.

Osserva il Collegio che – come risulta dalla sentenza impugnata e come rimarcato nello stesso ricorso in esame – la decisione si fonda sia su una interpretazione dell’art. 4 cit., che ritiene sufficiente, per il conseguimento del beneficio previsto da detto articolo, il solo espletamento delle funzioni dirigenziali, sia su una diversa interpretazione – quella sostenuta dalla società ricorrente – secondo cui occorrerebbe la compresenza dell’attribuzione “formale” di dette funzioni; requisito, questo, sussistente, nella specie, unitamente al primo.

Orbene, in relazione a detta ultima considerazione, la società sostiene che nessuno dei documenti di riferimento dimostrerebbe l’attribuzione formale di funzioni dirigenziali per i periodi in contestazione, trascurando, tuttavia, di riportare, a sostegno del proprio assunto, il contenuto degli stessi, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Invero – come ripetutamele affermato da questa Corte – in forza di tale principio, desunto dall’esegesi dell’art. 366 c.p.c. nelle sue singole disposizioni e nel suo complesso precettivo e sanzionatorio, ove applicato all’ipotesi di censura della pronunzia del giudice del merito per violazione dei canoni legali d’ermeneutica e per vizio di motivazione nell’indagine sul significato di un documento, è indispensabile che il ricorrente riporti nell’atto introduttivo – nell’esposizione in fatto o nello svolgimento del motivo – il testo il testo del documento stesso su cui fonda la propria difesa, diversamente non ponendosi il giudice di legittimità in condizione di svolgere il suo compito istituzionale (ex plurimis, Cass. n. 4905/2003).

Nella specie, la ricorrente si è limitata ad affermare che il documento che avrebbe attestato l’affidamento di funzioni dirigenziali relativamente al periodo 1977/1979 non comprovava affatto che le mansioni oggetto di incarico fossero di natura dirigenziale, mentre quello che avrebbe dovuto dimostrare l’attribuzione di funzioni dirigenziali per il successivo periodo (1989/1991) costituiva un atto semplicemente (ed eventualmente) ricognitivo, non già di attribuzione di incarico, come tale inidoneo a soddisfare quanto prescritto dall’art. 4, lett. B) ccnl 11.8.1994 cit..

Per quanto precede, il ricorso va, dunque, rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio liquidate in Euro 16,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari ed oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

 

 

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