Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10518 del 20/05/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10518 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 18273-2011 proposto da:
RIVIECCIO

ANNALISA

(O.F.

RVCNLS49S68H5010),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MASCAGNI 92,
presso l’avvocato FRANCESCO NATICCHIONI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GLORIA
NATICCHIONI, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

CENTRALE ATTIVITA’ FINANZIARIE S.P.A., nella qualità
di mandataria di AUGUSTUS SPV S.R.L.,

che ha

acquistato crediti da TREVI FINANCE S.P.A., e per

Data pubblicazione: 20/05/2016

essa UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A. (già
denominata UNICREDITO GESTIONE CREDITI SOCIETA’ PER
AZIONI – BANCA PER LA GESTIONE DEI CREDITI – quale
avente causa di CAPITALIA S.P.A. per fusione per
incorporazione), in persona del legale rappresentante

MARESCIALLO PILSUDSKI 118, presso l’avvocato ANTONIO
STANIZZI, che la rappresenta e difende, giusta
procura speciale per Notaio dott.ssa MARIATERESA
ANTONUCCI di ROMA – Rep.n. 23’860 del 6.2.2015;
con troricorrente

avverso la sentenza n. 5296/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE;
udito,

per la ricorrente,

NATICCHIONI

che ha

chiesto

l’Avvocato FRANCESCO
l’accoglimento del

ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato ANTONIO

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

STANIZZI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

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Svolgimento del processo
1.- Annalisa Rivieccio ha proposto opposizione a un decreto
ingiuntivo (n. 6964/1995), notificato il 6 aprile 1995, che
le aveva intimato di pagare L. 64.255.123, oltre accessori,
alla Banca di Roma spa (poi Capitalia spa), quale saldo

debitore del conto corrente n. 1113, intestato alla Service
Vista e da essa garantito. La Rivieccio non ha contestato
l’esistenza del debito, ma ha dedotto che il mancato
pagamento era stato determinato dalla mancanza di liquidità
derivante dall’indisponibilità dell’unico immobile di sua
proprietà,

a causa di un pignoramento immobiliare

illegittimo, notificatole dalla stessa Banca il 5 giugno
1992, che le aveva impedito di alienarlo e di procurarsi la
liquidità necessaria per estinguere il suo debito,
provocando il fallimento di una trattativa negoziale per la
vendita dell’immobile. La Rivieccio ha opposto, al credito
azionato dalla Banca,

un proprio credito per il

risarcimento del danno derivante, a suo avviso, dalla
illegittimità della predetta azione esecutiva che la Banca
aveva promosso per recuperare un credito inesistente, che
derivava dall’acquisto di un immobile di De Angelis Sestina
e Mandolesi Dino, gravato da una ipoteca che, nel rogito di

C.\

compravendita stipulato il 26 ottobre 1989, si dichiarava
essere in corso di cancellazione grazie all’erogazione di
un mutuo in favore della Rivieccio. Tale mutuo era stato
erogato ma non utilizzato allo scopo di estinguere il
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debito garantito dall’ipoteca, a causa del comportamento
illecito del direttore della Filiale di Bracciano della
Banca (Di Gregorio Franco) che, come risultava da una
sentenza di condanna penale, aveva distratto la somma in
favore dei venditori, in concorso con la De Angelis,

lasciando intatta l’ipoteca posta a fondamento dell’azione
esecutiva promossa dalla medesima Banca.
2.- Il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento della
domanda della Rivieccio, ha condannato la Banca al
risarcimento dei danni, patrimoniali e non, e ha dichiarato
compensati i reciproci debiti e crediti tra le parti.
3.- Il gravame della Banca è stato accolto dalla Corte
d’appello di Roma, con sentenza del 16 dicembre 2010. La
Corte ha qualificato l’azione della Rivieccio a norma
dell’art. 96 c.p.c. e l’ha ritenuta non proponibile in un
giudizio (avente ad oggetto l’opposizione a decreto
ingiuntivo per il saldo debitore di un conto corrente)
diverso

da

quello

dal

quale

traeva

origine

la

responsabilità aggravata, che aveva ad oggetto l’azione
esecutiva promossa dalla Banca con il pignoramento (avverso
il

quale

la Rivieccio aveva proposto opposizione

all’esecuzione, in un giudizio definito con sentenza del
Tribunale di Roma, n. 31008 del 2001, che aveva poi
cancellato il pignoramento e l’ipoteca); inoltre, ad avviso
della Corte, mancava il nesso causale tra il comportamento
illecito della Banca e il fallimento della trattativa per
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la vendita dell’immobile, che era imputabile, oltre che
all’illegittima persistenza del pignoramento, anche alla
non dimostrata fattibilità giuridica dell’operazione;
infine, la Rivieccio non poteva fare valere altri danni,
patrimoniali (all’attività commerciale della società

garantita Service Vista) o non patrimoniali, per la
condotta omissiva o commissiva del dipendente della Banca,
poiché il pregiudizio dedotto era sempre stato riferito al
pignoramento illegittimo.
4.- Avverso questa sentenza la Rivieccio ha proposto
ricorso per cassazione, affidato a undici motivi, cui si è
opposta con controricorso la Trevi Finance spa e, per essa,
la mandataria Unicredit Credit Management Bank spa. Si è
poi costituita la Centrale Attività Finanziarie spa, quale
mandataria della Augustus Spv srl. Sono state prodotte
memorie dalla ricorrente e dalla Centrale Attività
Finanziaria.
Motivi della decisione
1.- La ricorrente ha eccepito l’inammissibilità del
controricorso della Unicredit Credit Management Bank spa,
costituita per conto della Trevi Finance spa, e della
memoria di costituzione della Centrale Attività Finanzirie
spa, per conto della Augustus Spv srl, a sua volta
qualificatasi come cessionaria dei crediti della Trevi in
blocco, a norma dell’art. 58 del d.lgs. n. 58 del 1993.

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L’eccezione è fondata. La società che, affermandosi
successore (a titolo universale o particolare) della parte
originaria e, assumendo di essere cessionaria di crediti
bancari in blocco di altra società, in tale qualità intenda
costituirsi in un giudizio di legittimità in corso, di

fronte alla contestazione della controparte, ha l’onere di
produrre, anche successivamente al deposito del ricorso
stesso, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., i documenti idonei a
dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa
nell’operazione di cessione in blocco ex art. 58 d.lgs. n.
385 del 1993, dovendo fornire la prova documentale della
propria legittimazione, a meno che la controparte non
l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (v.
Cass. n. 4116/2016). Poiché né la Trevi Finance né la
Augustus Spv, entrambe qualificatesi come cessionarie del
credito della parte originaria, hanno assolto al suddetto
onere, nonostante l’eccezione sollevata dalla ricorrente,
il controricorso e la memoria sono inammissibili, in quanto
provenienti da soggetti non legittimati a stare in
giudizio.
2.- I primi due motivi denunciano falsa applicazione
dell’art. 96 c.p.c.,

per avere qualificato l’azione della

Rivieccio come diretta a far dichiarare la responsabilità
aggravata della Banca per lite temeraria (per avere dato
causa all’esecuzione del pignoramento e, quindi, alla
perdita della disponibilità dell’immobile), benché non
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fosse riconducibile nello schema della citata disposizione,
essendo invece fondata sulla responsabilità della Banca, a
norma dell’art. 2049 c.c., per il comportamento di un
proprio dipendente e per l’inadempimento contrattuale alle
intercorse pattuizioni concernenti la vendita

dell’immobile.
Entrambi sono fondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la richiesta di
condanna per responsabilità processuale aggravata, ai sensi
dell’art. 96, secondo comma, c.p.c., per l’inizio o il
compimento dell’esecuzione forzata, in mancanza di titolo
esecutivo, originaria o sopravvenuta, a seguito
dell’accertamento dell’inesistenza del diritto di procedere
in via esecutiva, può essere proposta soltanto al giudice
del giudizio di merito nel quale il titolo esecutivo si è
formato, cioè dinanzi al giudice dell’opposizione
all’esecuzione, non essendo configurabile un concorso,
anche alternativo, tra tale tipo speciale di responsabilità
e quello generale di cui all’art. 2043 c.c. (v. Cass. n.
1590/2013, n. 5069/2010). Tuttavia, l’applicazione di
questo principio, al quale la sentenza impugnata si è
implicitamente richiamata, non è stata giustificata in modo
coerente, nella fattispecie in esame, non essendo la
conclusione dei giudici di merito coerente con la premessa.
La Rivieccio ha fatto valere, oltre che l’inadempimento al
contratto di mutuo, la responsabilità della Banca ex art.
7

2049 c.c. per il comportamento di un proprio dipendente,
già condannato in sede penale per avere distratto somme a
lei erogate (per il ripianamento del debito dei venditori e
la cancellazione della relativa ipoteca). E’ pacifico che
la responsabilità della Banca per fatto illecito dei propri

dipendenti scatta ogniqualvolta il fatto lesivo sia stato
prodotto, o quanto meno agevolato, da un comportamento
riconducibile all’attività lavorativa del dipendente, e
quindi anche se questi abbia operato oltrepassando i limiti
delle proprie mansioni o abbia agito all’insaputa del suo
datare di lavoro, sempre che sia rimasto comunque
nell’ambito dell’incarico affidatogli (v. Cass. n.
8210/2013). Se è vero che è stato iscritto un pignoramento,
poi cancellato in sede di opposizione all’esecuzione, il
danno lamentato dalla Rivieccio è costituito direttamente
dal comportamento illecito del dipendente della Banca,
piuttosto che dal pignoramento che ne costituisce solo una
conseguenza.
Inoltre, anche nella prospettiva qualificatoria seguita dai
giudici di merito, se è vero che l’azione di risarcimento
dei danni ex art. 96 c.p.c. non può, di regola, essere ,
fatta valere in un giudizio separato ed autonomo rispetto a
quello dal quale la responsabilità aggravata ha origine, è
anche vero che tale azione è ammessa quando la possibilità
di proporla sia rimasta preclusa per l’evoluzione propria
dello specifico processo dal quale la stessa responsabilità
8

aggravata ha avuto origine ovvero per ragioni non
dipendenti dalla inerzia della parte (v. Cass. n.
18344/2010, n. 1861/2000). Nel caso specifico, la Rivieccio
aveva proposto la domanda risarcitoria nel giudizio di
opposizione all’esecuzione, ma vi aveva rinunciato solo per

l’esigenza di non ostacolare la rapida definizione del
giudizio, tenuto conto della vendita imminente del bene
pignorato. E’ per questa ragione che ha proposto la domanda
risarcitoria nel presente giudizio, al fine di paralizzare,
almeno in parte, la domanda contrattuale di pagamento
proposta in via monitoria dalla Banca nei suoi confronti.
3.- L’ottavo e il nono motivo censurano la seconda
decidendi,

ratio

adottata dalla Corte territoriale, laddove ha

sostenuto la mancanza del nesso causale tra il pignoramento
immobiliare (eseguito per un debito al quale è stato
opposta il credito risarcitorio vantato dalla Rivieccio) e
il danno da essa lamentato (per l’indisponibilità
dell’immobile, che le avrebbe precluso la possibilità di
ottenere la liquidità necessaria per estinguere i propri
debiti verso la Banca).
In particolare, l’ottavo denuncia omessa motivazione, per
avere ritenuto che la vendita dell’immobile fosse impedita
più che dal pignoramento che insisteva su di esso, dalla
ritenuta impossibilità della vendita frazionata dello
stesso, circostanza questa che non corrispondeva al vero e
che, comunque, non escludeva la volontà e la possibilità
9

della Rivieccio di disporre dell’immobile e di conseguire
la liquidità, come già rilevato nell’atto di appello
incidentale;
dell’art.

il nono motivo denuncia la violazione
116

c.p.c.

per

la

ritenuta

infattibilità

giuridica della vendita frazionata dell’immobile.

Entrambi i motivi in esame sono fondati.
La Corte ha limitato la sua attenzione alla “impossibilità
di una vendita frazionata dell’immobile” e da ciò ha tratto
la conseguenza che, sebbene il pignoramento fosse
illegittimo per un comportamento imputabile alla Banca, non
ne fosse derivato un danno, poiché comunque la Rivieccio
non avrebbe potuto ricavare dall’immobile le utilità
economiche sperate. In tal modo, tuttavia, non solo, non ha
giustificato in concreto l’affermazione secondo cui non
sarebbe stata possibile una vendita frazionata, ma ha anche
trascurato le specifiche allegazioni di parte che miravano
a dimostrare la possibilità di una vendita non frazionata
dell’immobile; inoltre, ha svalutato le conseguenze dannose
collegabili, almeno astrattamente, ad un pignoramento
illegittimo, per l’indisponibilità giuridica e
l’impossibilità di una proficua utilizzazione del bene
pignorato.
4.- Gli altri motivi sono assorbiti: dal terzo al settimo,
in quanto concernenti ulteriori profili relativi
all’ammissibilità della domanda risarcitoria e alla
sussistenza della responsabilità della Banca (a proposito
lo

della prima

ratio decidendi, v.

p. l); il decimo e

undicesimo, riguardanti la sussistenza in concreto e la
determinazione dei danni risarcibili (a proposito della
seconda ratio decidendi, v. p. 2).

relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte
d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le
spese.
P . Q. M.
La Corte accoglie il primo, secondo, ottavo e nono motivo
di ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi; in
relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione, anche per le spese.
Roma, 4 aprile 2016.

5.- In conclusione, la sentenza impugnata è cassata, in

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