Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10515 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 03/06/2020), n.10515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26182-2018 proposto da:

S.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA

PATRIZI 13, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VOLANTI,

rappresentata e difesa dagli avvocati FELICITA FAVELLI, NICCOLO’

ANDREONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1386/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 15/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RUBINO

LINA.

Fatto

RITENUTO

che:

S.B. propone due motivi di ricorso per cassazione illustrati da memoria nei confronti del Ministero della Salute, per la cassazione della sentenza n. 1386 del 15 giugno 2018 della Corte d’Appello di Firenze, che, in accoglimento dell’appello del Ministero della Salute, rigettava la domanda proposta dalla S. per risarcimento dei danni riportati alla nascita (allorchè risultava affetta da chelognapalatoschisi bilaterale ed ipertelorismo) a causa della somministrazione, alla madre gestante, di un farmaco contenente talidomide immesso in commercio senza i dovuti esami e controlli, per essersi il relativo diritto estinto per prescrizione.

Resiste il Ministero con controricorso.

Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta fondatezza dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il Collegio condivide le conclusioni contenute nella proposta del relatore nel senso dell’accoglimento del ricorso, che appare manifestamente fondato là dove lamenta la violazione degli artt. 2935 e 2947 c.c., per aver la corte d’appello di Firenze applicato per i danni lungolatenti il criterio di individuazione del dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione della domanda di risarcimento dei danni con riferimento al momento di conoscenza della patologia e non di conoscenza della riconducibilità causale di tale evento dannoso alla sua causa. La ricorrente evidenzia che è risultata affetta dalla nascita da una patologia altamente invalidante, per la quale ha subito diverse operazioni di ricostruzione del palato ed è costretta a portare protesi dentarie necessitanti di periodica sostituzione, e che la conoscenza del fatto che la madre, durante la gravidanza, aveva assunto una terapia sedativa a base di sedimide (talidomide), di per sè, non le aveva fornito alcun elemento per poter ricondurre l’insorgere di tale patologia alla somministrazione di quel determinato farmaco alla madre durante la gestazione.

Come per il danno da emotrasfusioni, anche per il danno da somministrazione di un farmaco senza adeguati controlli sulle potenzialità di produrre effetti collaterali dannosi per la salute (farmaco sedimide, contenente talidomide) vale il principio per cui il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio (sia esso da emotrasfusioni o da somministrazione di un farmaco rivelatosi nocivo) una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche da apprezzarsi in riferimento al sanitario o alla struttura sanitaria cui si è rivolto il paziente, dovendosi accertare se siano state fornite informazioni atte a consentire all’interessato il collegamento con la causa della patologia o se lo stesso sia stato quanto meno posto in condizione di assumere tali conoscenze (tra le tante, Cass. n. 22045 del 2017; Cass. n. 13475 del 2018 che precisa che incorre in un errore di sussunzione e, dunque, nella falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita o, comunque, conseguibile, da parte del paziente, pur in difetto di informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla trasfusione).

L’affermazione della corte d’appello, secondo la quale nel momento stesso in cui la ricorrente apprese che alla madre era stato somministrato il farmaco indagato in gravidanza, la stessa fosse in grado, o avrebbe dovuto essere in grado, senza disporre di altra informazione o conoscenza specifica, di tracciare la catena di riconducibilità casuale tra la somministrazione del farmaco alla madre e le alterazioni fisiche permanenti che ella stessa presentava alla nascita, non fa buon governo di tale principio.

Non è corretta neppure la riconducibilità al fatto notorio (concetto utilizzato dalla corte d’appello a sostegno della notoria dannosità del talidomide) di nozioni che richiedano una competenza scientifica: in proposito v. recentemente Cass. n. 15159 del 2019, che puntualizza “Nelle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza di cui all’art. 115, comma 2, c.p.c. sono escluse quelle valutazioni che, per essere formulate, necessitino di un apprezzamento tecnico, da acquisirsi mediante c.t.u. o mezzi cognitivi peritali analoghi per le quali, quindi, non possa parlarsi di fatti o regole di esperienza pacificamente acquisite al patrimonio conoscitivo dell’uomo medio o della collettività con un grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva respinto una domanda di risarcimento del danno per “mobbing” ritenendo fatto notorio che chi sia affetto da malattia psichica non possa percepire la realtà dei rapporti interpersonali con conseguente impossibilità, per il datore di lavoro, di evitare la causazione del danno) “.

Il ricorso deve pertanto essere accolto.

La sentenza impugnata è cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 28 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 3 giugno 2020

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