Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10513 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 03/06/2020), n.10513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5654-2018 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO VII

474, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ORLANDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALFIO CESARE ARDIZZONE;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA EDILIZIA ALMOETIA SRL, in persona dell’Amministratore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NUNZIO

CAMMAROTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3000/2017 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata

il 21/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LINA

RUBINO.

Fatto

RILEVATO

che:

A.A. propone tre motivi di ricorso per cassazione nei confronti di Cooperativa edilizia Almoetia s.r.l., per la cassazione della sentenza n. 3000 del 21.12.2017 del Tribunale di Messina, notificata il 21.12.2017, regolarmente depositata in copia notificata munita di asseverazione.

Resiste la Cooperativa con controricorso, illustrata da memoria pervenuta per posta e quindi non valutabile, essendo consentito dall’art. 134 disp. att. c.p.c., l’inoltro per posta esclusivamente degli atti introduttivi del giudizio di cassazione. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.

Il Collegio conviene con le conclusioni formulate nella proposta, nel senso della infondatezza del ricorso.

Il Tribunale di Messina rigettava l’opposizione agli atti esecutivi proposta dall’ A. avverso il verbale dell’ufficiale giudiziario che atteneva allo sgombero dei beni mobili dell’ A. ancora esistenti nei locali della cooperativa Almoetia.

A quanto è dato comprendere dalla esposizione del ricorrente, l’ A., a suo tempo socio di cooperativa edilizia, ne era stato escluso con sentenza del 2011 del Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Siciliana, passata in giudicato, per rilevantissima morosità.

Era stato a suo tempo eseguito il rilascio dell’appartamento ma i beni mobili del ricorrente erano rimasti nell’alloggio a suo tempo occupato dal 2002 al 2011 e il ricorrente si era opposto allo sgombero, eseguito nel settembre 2011, sostenendo che non esistesse un titolo per eseguire il rilascio dell’appartamento in quanto l’esecuzione era stata intrapresa in mancanza di un valido titolo esecutivo, avendo la corte d’appello accolto le sue opposizioni all’esecuzione con due sentenze, che allega ma il cui contenuto non richiama nella narrativa del ricorso.

Impugnava con opposizione denominata agli atti esecutivi il verbale dell’ufficiale giudiziario del 2011 che, in prosecuzione della esecuzione per rilascio già pendente, disponeva lo sgombero dei beni mobili lasciati nell’alloggio della cooperativa edilizia.

La sentenza impugnata ha rigettato l’opposizione affermando che l’impugnazione ex art. 617 c.p.c., non può portare, anche ove accolta, ad un risultato più ampio di quello contenuto nel provvedimento del g.e. impugnato: nel caso di specie, mai potrebbe reintegrare l’ A. nel possesso di un immobile che ha perduto già da anni; aggiunge che, nel frattempo, era stata definitivamente statuita, con sentenza amministrativa passata in giudicato, l’esclusione del socio dalla cooperativa edilizia.

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 474 e 475 c.p.c., affermando che l’esecuzione è iniziata in mancanza di un valido titolo esecutivo, nè la mancanza originaria può essere sanata dal sopravvenire del titolo in corso di causa.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 100 c.p.c., laddove la sua domanda è stata ritenuta priva di interesse ad agire e sostiene che non si sia tenuto in conto il suo interesse ad essere reimmesso nel godimento dell’alloggio.

Con il terzo motivo, denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., per essere stato condannato a pagare le spese del giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente, il ricorso supera a stento il vaglio sotto il profilo della ammissibilità, in quanto l’esposizione del fatto è lacunosa quanto alle ragioni fondanti del verbale dell’ufficiale giudiziario opposto e sull’illustrazione del collegamento di questa attività alla esecuzione forzata per rilascio e quanto alle implicazioni della decisione sulle opposizioni all’esecuzione, riguardo alla quale non ci fornisce la riproduzione diretta od indiretta del loro tenore riguardo alla sussistenza del diritto di procedere all’esecuzione per rilascio.

Ciò premesso, il ricorso è comunque infondato sebbene sia necessario correggere la motivazione del provvedimento impugnato.

Il primo motivo di ricorso non è comunque pertinente, in quanto il ricorso è stato proposto avverso la sentenza resa in sede di opposizione agli atti esecutivi avverso il verbale di sgombero di beni mobili, mentre il motivo è volto a contestare la precedente esecuzione per rilascio ed è strutturato come motivo di opposizione all’esecuzione, che quindi avrebbe dovuto essere proposto in sede di esecuzione del rilascio dell’appartamento, del quale questo nuovo intervento a distanza di anni dell’ufficiale giudiziario costituisce solo un completamento esecutivo.

Va corretta comunque la motivazione della sentenza impugnata, che nel rigettare l’opposizione proposta avrebbe dovuto registrare che, essendo l’esecuzione per rilascio terminata, l’opposizione agli atti non poteva neppure proporsi (vedi Cass. n. 8675 del 2017, motivazione paragrafo 2.2.). Quanto al secondo motivo, anch’esso è infondato in quanto non c’è corrispondenza tra quello che il ricorrente assume essere il petitum, senza richiamare le conclusioni tratte, e il circoscritto oggetto di una opposizione agli atti esecutivi, che come si è già detto non avrebbe potuto neppure essere proposta, ed in cui si contesta solo la regolarità dell’operato dell’ufficiale giudiziario, talchè anche nell’ipotesi di accoglimento della opposizione ex art. 617 c.p.c., il ricorrente non avrebbe mai potuto conseguire il più ampio oggetto di recuperare il godimento dell’appartamento.

Il terzo motivo, relativo alla liquidazione delle spese, è inammissibile perchè non si contesta in realtà la corretta applicazione della regola sulla soccombenza, ma direttamente l’esito del giudizio.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto egli è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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