Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10512 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/04/2017, (ud. 17/03/2017, dep.28/04/2017),  n. 10512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8982/2015 proposto da:

M.L., M.E., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA GIOVINE ITALIA, 7, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO

CARNEVALI, rappresentati e difesi dall’avvocato DAVIDE IACOVOZZI

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ALLIANZ RAS ASSICURAZIONI SPA, DITTA C.E.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 33/2015 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO,

depositata il 08/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M.,in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DAVIDE IACOVOZZI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.E. s.r.l. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Ascoli Piceno M.L., quale conducente del veicolo, M.E., quale proprietario e l’assicuratore chiedendo il risarcimento del danno conseguente al sinistro stradale del (OMISSIS) avvenuto fra l’autoveicolo condotta dalla M. ed il veicolo condotto da C.E. e nel quale, a seguito dell’urto fra i due veicoli, era rimasto coinvolto anche il veicolo in sosta di T.R..

2. Il giudice adito, previo rigetto della eccezione di incompetenza territoriale sollevata dai convenuti, accolse la domanda.

3. Avverso detta sentenza proposero appello M.L. ed M.E.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Con sentenza di data 8 gennaio 2015 il Tribunale di Ascoli Piceno rigettò l’appello. Premise il giudice di appello che la questione della continenza con il giudizio promosso nei confronti delle odierne parti da T.R. innanzi al Giudice di Pace di Fermo doveva intendersi assorbita per il fatto che non risultava impugnazione della relativa sentenza (ed il relativo giudicato, peraltro reso in giudizio con parti parzialmente diverse e nel quale non aveva partecipato l’assicuratore Allianz s.p.a., non era opponibile per mancanza della relativa attestazione) e che l’eccezione di incompetenza territoriale era stata sollevata in sede di costituzione tardiva, allorquando il giudizio era già in fase istruttoria. Aggiunse il Tribunale, premettendo che la decisione poteva essere legittimamente basata sulle risultanze istruttorie del primo grado, che nessuna valenza confessoria poteva essere ascritta alle dichiarazioni rese dal C. nell’immediatezza agli agenti di polizia, mentre dal verbale redatto risultava che il veicolo condotto dalla M., dopo essersi fermato allo stop presente prima dell’incrocio con la strada percorsa dal C., aveva concesso a quest’ultimo la precedenza, ma nel ripartire e attraversare l’incrocio aveva colpito il veicolo condotto dal C. nella parte laterale posteriore sinistra e che la colpa esclusiva della M. nella dinamica del sinistro era stata confermata dalla CTU e nello stesso senso deponeva la mancata risposta degli appellanti all’interrogatorio formale.

5. Hanno proposto ricorso per cassazione M.L. ed M.E. sulla base di sei motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 112, 152, 153, 175, 184, 320 e 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Premettono i ricorrenti che alla prima udienza innanzi al Giudice di Pace, in cui l’attore aveva dichiarato di accettare in acconto la somma offerta, venne fissata udienza successiva ai sensi dell’art. 320 c.p.c., nella quale però le parti omettevano di presentare le istanze istruttorie, le quali vennero presentate alla ulteriore udienza cui il giudice aveva rinviato su richiesta di parte. Osservano che l’attività istruttoria svolta dall’originario attore era illegittima in quanto svolta in violazione del regime delle preclusioni di cui all’art. 320 c.p.c. e che la decadenza, rilevabile d’ufficio, non era stata rilevata dal giudice di appello.

1.1. Il motivo è inammissibile. La violazione delle preclusioni nel processo innanzi al Giudice di Pace, in quanto improntata ad esigenze pubblicistiche, è rilevabile d’ufficio. Il vizio derivante dall’omesso esercizio del potere di rilevazione d’ufficio della decadenza si converte tuttavia in vizio della sentenza di primo grado (cfr. Cass. 4 febbraio 2008, n. 7270). Trattasi infatti, quale vizio non formale di attività discendente dalla mancata osservanza delle sequenze procedimentali in cui è normativamente scandita la trattazione della causa in primo grado, di vizio sì rilevabile d’ufficio ma che, in quanto non rientrante fra le nullità insanabili e rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del processo, impone alla parte di dedurre la ragione di nullità con il motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 1, pena la sanatoria per non essere stata fatta valere l’invalidità nei limiti e secondo le regole proprie dell’appello (Cass. 9 aprile 2008, n. 9169; 15 febbraio 2007, n. 3607). In violazione del principio di autosufficienza del ricorso i ricorrenti non hanno specificato nell’articolazione del motivo se sia stato proposto motivo di appello per la nullità in questione, e l’esigenza di autosufficienza è tanto più avvertita in quanto nè dalla sommaria esposizione dei fatti di causa nel ricorso, nè dalla parte in fatto della sentenza impugnata, si evince che un motivo di appello per la nullità in discorso sia stato dedotto.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 2909 cod. civ. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che operava la preclusione del giudicato favorevole a T.R. in base al quale era stato ritenuto l’equivalente concorso di colpa del C. e della M..

2.1. Il motivo è infondato. In linea generale l’autorità del giudicato sostanziale opera solo entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione, e presuppone che tra la causa precedente e quella in atto vi sia identità di soggetti, oltre che di petitum e causa petendi (fra le tante Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 15 luglio 2002, n. 10252; Cass. 19 luglio 2005, n. 15222). Nel caso di specie non vi è identità di soggetti (nell’altro giudizio vi è la presenza di T.R., attrice, rimasta estranea all’odierno giudizio, nel presente giudizio è parte Allianz s.p.a., assente nel giudizio promosso dalla T.). Il petitum è diverso, avendo ad oggetto il giudicato la domanda proposta dalla T., ed anche sul piano della causa petendi risulta dedotta la fattispecie di responsabilità risarcitoria nei confronti di quest’ultima. L’accertamento difforme del fatto storico che può residuare non dà luogo comunque ad alcun contrasto pratico di giudicati, atteso che i crediti risarcitori riconosciuti sulla base dei diversi accertamenti concernono pretese relative a beni della vita diversi, e sono dunque suscettibili di esecuzione simultanea.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 116 e 324 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti che il giudice di appello, al fine di evitare un contrasto di giudicato, doveva attivare il contraddittorio in ordine all’eccezione di giudicato sollevata con l’atto di appello.

3.1. Il rigetto del secondo motivo determina l’assorbimento del motivo.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 39 c.p.c., comma 2 e art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti che nel regime antecedente l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, applicabile al caso di specie, era consentito al convenuto costituirsi tardivamente senza decadere dal potere di eccepire l’incompetenza e che il giudice di appello aveva erroneamente motivato sulla questione della continenza senza considerare l’effetto preclusivo del giudicato esterno.

4.1 Il motivo è infondato. In applicazione dell’art. 38 c.p.c., comma 2, art. 166 c.p.c., art. 171 c.p.c., comma 2 e art. 167 c.p.c., comma 2 (quest’ultimo nel testo vigente a decorrere dal 22 giugno 1995 e fino all’entrata in vigore, in data 1 marzo 2006, delle modifiche introdotte con il D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con mod. nella L. 14 maggio 2005, n. 80), l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile è formulata tempestivamente nella comparsa di costituzione, anche se essa è depositata con la costituzione del convenuto “fino alla prima udienza”, mentre, successivamente alla entrata in vigore del D.L. n. 35 del 2005, l’eccezione è tempestivamente proposta soltanto se contenuta nella comparsa di risposta depositata almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione. (Cass. Sez. U. 12 maggio 2008, n. 11657). Trova applicazione nella presente causa il d.l. n. 35 del 2005. Per il resto il motivo è assorbito dal rigetto del secondo motivo.

5. Con il quinto motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamentano i ricorrenti che la motivazione ha carattere apodittico e si riferisce alle valutazioni di carattere soggettivo del CTU e che era stata disattesa, per effetto dell’illogica valutazione, la confessione stragiudiziale resa dal C. agli agenti della polizia stradale avente efficacia di prova legale.

5.1. Il motivo è inammissibile. In disparte la circostanza che la confessione stragiudiziale è liberamente valutabile dal giudice (fra le tante da ultimo Cass. 16 dicembre 2010, n. 25468), la censura, per ciò che concerne le dichiarazioni rese dal C., è priva di decisività in quanto il giudice di merito ha escluso che tali dichiarazioni avessero natura confessoria e tale ratio decidendi non è stata impugnata. Per il resto la denuncia di vizio motivazionale viene formulata sulla base del paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più vigente.

6. Con il sesto motivo si denuncia violazione dell’art. 2054 c.c., artt. 141 e 145 C.d.S., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti, premesso come da ammissione dello stesso C. che egli non aveva posto alcuna manovra atta ad evitare l’impatto, che il giudice di appello non aveva dato rilievo al dovere di moderare la velocità in prossimità di un crocevia e che l’accertamento della responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della colpa concorrente sancito dall’art. 2054.

6.1. Il motivo è inammissibile. Il giudice di merito ha accertato l’esistenza della colpa esclusiva della M. nella dinamica del sinistro. L’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, nonchè dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, e la prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto ma può anche indirettamente risultare tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell’evento dannoso con il comportamento dell’altro conducente (Cass. 22 aprile 2009, n. 9550; 10 marzo 2006, n. 5226; 23 agosto 1980, n. 8622).

Per il resto va rammentato che l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora non ricorra un vizio della motivazione (Cass. 25 gennaio 2012, n. 1028).

7. Nulla per le spese in mancanza della partecipazione al giudizio della parte intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13 , comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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