Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1051 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. III, 17/01/2019, (ud. 20/07/2018, dep. 17/01/2019), n.1051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8031/2016 proposto da:

D.M., + ALTRI OMESSI, presso lo studio dell’avvocato MARCO

TORTORELLA, che li rappresenta e difende giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA (OMISSIS), MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS),

MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

Z.L., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DOMENICO CHELINI 5, presso lo studio dell’avvocato MARCO

TORTORELLA, che li rappresenta e difende giuste procure speciali in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS),

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS),

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS) domiciliati ex lege in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui

sono difesi per legge;

– ricorrenti –

contro

A.B.G., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1660/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 22/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/07/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

A.F. ed altri con atto di citazione del 24 settembre 2009 convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Torino la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendo la condanna al pagamento della remunerazione adeguata con riferimento al conseguito diploma di specializzazione, ovvero il risarcimento del danno per ritardata attuazione della direttiva 82/76/CEE. Il Tribunale adito rigettò la domanda per intervenuta prescrizione. Avverso detta sentenza proposero appello gli originari attori. Con sentenza di data 22 settembre 2015 la Corte d’appello di Torino, accolse l’appello e condannò i convenuti al risarcimento del danno secondo gli importi liquidati in dispositivo, con compensazione delle spese.

Osservò la corte territoriale, riconosciuta l’applicabilità del termine decennale di prescrizione con decorrenza dalla data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, art. 11 norma sulla base della quale liquidare l’ammontare risarcitorio, che alcuni degli attori avevano iniziato i loro corsi di specializzazione prima del 1983 e che in ordine alla questione della spettanza del risarcimento in favore di costoro, inerente alla titolarità del diritto, vi era stata non contestazione da parte dei convenuti, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale favorevole al riconoscimento del risarcimento ai medici il cui periodo di specializzazione era in corso alla data del 1 gennaio 1983. Dispose quindi la compensazione delle spese sulla base delle seguenti ragioni: “l’oggettiva controvertibilità e delicatezza della questione giuridica – unita alla anche sopravvenienza di indicazioni giurisprudenziali non sempre univoche, ed alla riduzione del quantum richiesto dagli attori”.

Hanno proposto ricorso per cassazione Fabrizio A. ed altri sulla base di tre motivi. Hanno proposto altresì ricorso successivo per cassazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata, proponendo anche ricorso incidentale sulla base di tre motivi. Riunite le impugnazioni ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., è stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis. 1 cod. proc. civ.. Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

muovendo dal ricorso proposto da A.F. ed altri e dal ricorso incidentale di identico contenuto, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 cod. civ., L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti, nonchè i ricorrenti in via incidentale, che il giudice di appello ha utilizzato quale parametro per il risarcimento del danno la L. n. 370 del 1999, art. 11 laddove invece il danno preteso concerneva, oltre la mancata remunerazione, anche l’omesso riconoscimento dei titoli comunitari e degli specifici (maggiori) punteggi. Aggiungono che, per ciò che concerne lo stretto profilo della remunerazione, per la liquidazione del danno doveva aversi riguardo alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991.

Il motivo è inammissibile. Va premessa l’inammissibilità del ricorso incidentale per consumazione del diritto di impugnazione avvenuta con la proposizione del ricorso principale e per essere tardivo (il rilievo vale ovviamente anche per i successivi motivi).

L’esame del motivo non offre elementi per mutare l’orientamento di questa Corte (art. 360 bis cod. proc. civ.) che si indica nei termini seguenti. Gli importi da corrispondere ai medici specializzandi italiani che hanno frequentato il corso quadriennale di specializzazione dopo il 31 dicembre 1982 (nella specie 1987/1991), derivanti dal tardivo recepimento delle direttive CE n. 362 del 1975 e n. 76 del 1982, non possono essere commisurati all’importo della borsa di studio così come introdotta e quantificata nel D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, che non ha efficacia retroattiva ed è diretto ad individuare, secondo la discrezionalità del legislatore interno, la misura della retribuzione dovuta per le prestazioni fornite dai medici specializzandi. L’obbligazione scaturente dalla mancata attuazione di direttive, invece, non ha natura nè retributiva, nè risarcitoria, e non può dar luogo ad una riparazione integrale, desumibile dai criteri di calcolo della legge sopracitata. La suddetta obbligazione ha invece natura indennitaria e pararisarcitoria da quantificarsi scegliendo un parametro equitativo che sia fondato sul canone di parità di trattamento per situazioni analoghe. Tale parametro deve essere desunto dalle indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370, con la quale lo Stato italiano ha ritenuto di procedere ad un parziale adempimento soggettivo nei confronti di tutte le categorie che, dopo il 31 dicembre 1982, si siano trovate nelle condizioni fattuali idonee all’acquisizione dei diritti previsti dalle direttive comunitarie, senza però essere ricompresi nel D.Lgs. n. 257 del 1991 (Cass. n. 21498 del 2011, n. 1917 del 2012, n. 23635 del 2014). Come affermato da Cass. n. 1917 del 2012 e 5533 del 2012, cui si rinvia per lo sviluppo argomentativo, con la L. n. 370 del 1999, art. 11 lo Stato italiano, in coerenza ai criteri dettati dalla Corte di giustizia, ha compiuto una aestimatio del danno da ritardata attuazione della direttiva comunitaria in grado di contemplare le sue diverse componenti, e dunque tanto il danno da mancata percezione della remunerazione adeguata da parte dello specializzando, quanto il pregiudizio relativo all’inidoneità del diploma di specializzazione al riconoscimento negli altri stati membri, e al suo minor valore sul piano interno ai fini dei concorsi per l’accesso ai profili professionali. E’ stato inoltre affermato che il parametro di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11 è di per sè sufficiente a coprire tutta l’area dei pregiudizi causalmente collegabili al tardivo adempimento del legislatore italiano all’obbligo di trasposizione della normativa comunitaria, salva la rigorosa prova, da parte del danneggiato, di circostanze diverse da quelle normali, tempestivamente e analiticamente dedotte in giudizio prima della maturazione delle preclusioni assertive o di merito e di quelle istruttorie (Cass. n. 14376 del 2015).

E’ appena il caso di aggiungere che in rubrica risulta richiamato il vizio motivazionale secondo la disposizione non più vigente.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 cod. civ., L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti, nonchè i ricorrenti in via incidentale, che il giudice di appello, nonostante la natura di valore del debito, non ha riconosciuto gli interessi compensativi a decorrere dall’epoca dell’illecito.

Il motivo è inammissibile. L’esame del motivo non offre elementi per mutare l’orientamento di questa Corte (art. 360 bis cod. proc. civ.) che si indica nei termini seguenti. Il risarcimento dei danni previsto in favore degli specializzandi in medicina frequentanti in epoca anteriore al 1991, è oggetto di un peculiare diritto (para)risarcitorio, la cui quantificazione equitativa – da compiersi sulla base delle indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370 comporta esclusivamente la decorrenza gli interessi (e non anche la necessità della rivalutazione monetaria, salva la prova del maggior danno ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2) dalla data della messa in mora, in quanto, con la monetizzazione effettuata dalla L. n. 370 del 1999, l’obbligazione risarcitoria ha acquistato carattere di obbligazione di valuta (Cass. n. 23635 del 2014 e n. 1917 del 2012).

E’ appena il caso di aggiungere che in rubrica risulta richiamato il vizio motivazionale secondo la disposizione non più vigente.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osservano i ricorrenti, nonchè i ricorrenti in via incidentale, che il giudice di appello ha disposto la compensazione delle spese sulla base della “controvertibilità e delicatezza della questione giuridica” e della “riduzione del quantum richiesto dagli attori”, nonostante l’art. 92 richiedesse la presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, nel caso di specie non sussistenti, e che non vi era stata riduzione del quantum richiesto essendo stato riconosciuto l’importo richiesto in via subordinata. Aggiungono che, quanto alle asserite incertezze giurisprudenziali, era già intervenuta la giurisprudenza relativa alla prescrizione ordinaria ed alla relativa decorrenza.

Il motivo è infondato. La corte territoriale ha dato rilievo in primo luogo alla “controvertibilità” e “delicatezza delle questioni giuridiche”, che è presupposto idoneo ad integrare il presupposto richiesto dalla norma quale assenza di un orientamento univoco o consolidato all’epoca della insorgenza della controversia (Cass. n. 24234 del 2016). In secondo luogo ha dato rilievo alla riduzione del quantum richiesto che è profilo rilevante ai fini della soccombenza reciproca, la quale sussiste anche in presenza di accoglimento parziale della domanda articolata in più capi (fra le tante da ultimo Cass. n. 10113 del 2018). Ed invero un capo della domanda era relativo al risarcimento per l’omesso riconoscimento dei titoli comunitari e degli specifici punteggi (oggetto peraltro del primo motivo dell’odierno ricorso). Il mancato accoglimento di tale istanza integra il presupposto della reciproca soccombenza.

Passando al ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 2043 cod. civ., artt. 5 e 189 Trattato istitutivo della Comunità Europea, art. 117 Cost., nonchè degli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che taluni degli intimati si erano immatricolati nel corso di specializzazione medica dell’anno 1982, sicchè non ricorreva il presupposto del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno.

Il motivo è infondato. Va premesso che la corte territoriale non ha fatto applicazione del principio di non contestazione in senso tecnico, avendo riferito la nozione di assenza di controversia non ad una circostanza di fatto posta a base della domanda (l’anno di inizio del corso di specializzazione), ma in ordine ad un elemento di diritto integrante la ragione della domanda medesima (spettanza del diritto al risarcimento in favore di coloro che hanno iniziato il corso di specializzazione prima dell’anno 1983).

Sulla base del rinvio pregiudiziale di cui a Cass. Sez. U. 21 novembre 2016 n. 23581, ha affermato Corte giust. 24 gennaio 2018 nelle cause riunite C.616/16 e C-617/16 che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonchè l’allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, devono essere interpretati nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, a condizione che tale formazione riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli artt. 5 o 7 della direttiva 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. Conformemente al dictum del giudice Euro-unitario, si sono già pronunciate fra le altre Cass. 31 maggio 2018, n. 13673, n. 13762 e n. 13761 e da ultimo Cass. Sez. U. 19 luglio 2018, n. 19107.

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 2043 cod. civ., artt. 5 e 189 Trattato istitutivo della Comunità Europea, art. 117 Cost., nonchè degli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che con riferimento a taluni degli intimati non ricorreva l’ipotesi della materia rientrante nell’elenco di cui all’art. 5, n. 2 e art. 7, n. 2 della direttiva.

Il motivo è inammissibile. Richiamando sul punto Cass. 31 marzo 2015, n. 6472, va osservato che il motivo indipendentemente dalla circostanza che non prospetta una mera quaestio iuris, tale non essendo quella della valutazione di corrispondenza di un corso denominato in un certo modo nell’ordinamento interno a quello indicato negli elenchi della disciplina comunitaria, atteso che detta valutazione non poteva essere affrontata solo tramite un mero confronto di denominazione, è prospettato in modo del tutto assertivo, non svolgendosi alcuna attività argomentativa tendente a dimostrare perchè i due corsi frequentati dai medici, con le loro denominazioni, non fossero corrispondenti ad alcuno di quelli indicati negli elenchi, di modo che si vorrebbe demandare a questa Corte di ricercare in che modo l’assunto del motivo potrebbe trovare giustificazione.

Come evidenziato da Cass. n. 23199 del 2016 lo scrutinio del motivo, in punto di equivalenza del corso ad uno di quelli indicati come comuni a due o più stati membri, implica un accertamento di fatto precluso nella presente sede di legittimità, se non nei termini di una rituale denuncia di vizio motivazionale, nella specie non proposta.

Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 2043 cod. civ., artt. 5 e 189 Trattato istitutivo della Comunità Europea, art. 117 Cost., nonchè degli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che Pietro Digirolamo ha conseguito il diploma di specializzazione in chirurgia generale di durata di quattro anni, mentre la durata minima riconosciuta dalle direttive comunitarie è di cinque anni.

Il motivo è inammissibile. Lo scrutinio del motivo presuppone un sindacato in ordine alle circostanze di fatto, di segno peraltro contrastante rispetto a quello del giudice di merito, che è stato nel senso di cinque anni, precluso nella presente sede di legittimità (in ordine alla natura di quaestio facti del motivo si è pronunciata su analoga censura, in ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio, Cass. Sez. U. 19 luglio 2018, n. 19107). Peraltro non può sfuggire che anche il non avere determinato la durata del corso in modo corrispondente a quanto indicato dalle direttive è parte dell’inadempimento statuale.

Va disposta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione stante la reciproca soccombenza.

Non sussistono i presupposti dell’obbligo di versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato trattandosi di Amministrazione dello Stato (Cass. n. 5955 del 2014; n. 1178 del 2016).

Poichè il ricorso proposto Fabrizio A. ed altri, nonchè quello incidentale, sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e vengono disattesi, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta entrambi i ricorsi principali e dichiara inammissibile quello incidentale; dispone la compensazione delle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di A.F. ed altri e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

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