Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1051 del 17/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 1051 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: BOGHETICH ELENA

ORDINANZA

sul ricorso 28260-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso lo
studio dell’avvocato FORTUNATA CIRINO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
4049

DI FRISCO CALOGERA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA LUCREZIO CARO,

62,

presso lo studio

dell’avvocato SEBASTIANO RIBAUDO, rappresentata e
difesa dall’avvocato ANTONINO D’ALESSANDRIA, giusta
delega in atti;

Data pubblicazione: 17/01/2018

- controricorrente

avverso la sentenza n. 1286/2011 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/06/2012 R.G.N.

1856/2009.

n. 28260/2012 R.G.

RILEVATO
che con sentenza depositata il 21.6.2012, la Corte di appello di Milano, in riforma
della sentenza del giudice di primo grado, ha accertato l’illegittimità della
riammissione in servizio di Calogera Di Frisco, a seguito di declaratoria giudiziale di
nullità del contratto a termine stipulato con Poste Italiane s.p.a., in luogo e in
mansioni diversi da quelli precedentemente assegnati e, per l’effetto, ha ordinato la

prova né della ricorrenza dei requisiti di cui all’art. 2103 cod.civ. né della impossibilità
di adibire il lavoratore alle mansioni precedentemente espletate;
che avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la società prospettando due
motivi di ricorso;
che la Di Frisco resiste con controricorso, illustrato da memoria;
CONSIDERATO
che la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cod.civ. nonché
omesso esame di un fatto decisivo (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5,
cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che si era trattato di
riammissione in servizio (e non di reintegrazione) suscettibile di consentire
l’esplicazione dello ius variandi del datore di lavoro ex art. 2103 cod.civ., sussistendo,
nel caso di specie, l’esigenza di adibire la lavoratrice al Centro smistamento di
Peschiera Borromeo presso il Centro Scambi Internazionali trattandosi di struttura di
recente istituzione (ottobre 2007) e in fase di decollo e di ampliamento;
che questo Collegio ritiene si debbano rigettare i motivi di ricorso, i quali – oltre a
presentare profili di inammissibilità – sono infondati;
che la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che la ottemperanza del
datore di lavoro all’ordine giudiziale di riammissione in servizio a seguito di
accertamento della nullità dell’apposizione di un termine al contratto di lavoro implica
il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell’attività
lavorativa deve quindi avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie, atteso che il
rapporto contrattuale si intende come mai cessato e quindi la continuità dello stesso
implica che la prestazione deve persistere nella medesima sede, a meno che il datore
di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva,
sempre che il mutamento della sede sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche,

riammissione presso il Centro Eli 2 della società, non avendo, la società fornito la

n. 28260/2012 R.G.

organizzative e produttive (cfr., Cass. nn. 1697 del 2017, 19095 del 2013, 11927 del
2013, n. 27884 del 2009);
che nel caso di specie la Corte distrettuale, oltre a rilevare l’assenza di prova idonea a
dimostrare la impossibilità di adibire la lavoratrice alle mansioni svolte in precedenza
(centro Eli 2 e Centro c.d. S.I.N.), ha fondato l’illegittimità del trasferimento in ragione
della genericità delle deduzioni della società in ordine alle comprovate ragioni

consente di comprendere, al di là delle strategie aziendali, l’effettiva evoluzione del
servizio nel 2008, quando la Di Frisco vi è stata assegnata, e le effettive esigenze – a
quel punto – di assegnazione di nuovo personale;
che i motivi di ricorso – da ritenersi inammissibili, con riguardo ai requisiti di
completezza e specificità richiesti dal combinato disposto degli artt. 366, primo
comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., in assenza di trascrizione o,
comunque, di specifica indicazione degli atti di cui si ritiene omesso o insufficiente
l’esame da parte della Corte distrettuale – si limitano a ribadire le argomentazioni che
la sentenza impugnata ha affrontato, senza avanzare specifiche censure con riguardo
alle argomentazioni illustrate;
che il ricorso va, pertanto, respinto, conseguendo la regolazione delle spese in
ottemperanza al criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi ed in euro
4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di
legge.
Così deciso nella Adunanza camerale del 18 ottobre 2017

tecniche, organizzative e produttive a supporto del trasferimento, genericità che “non

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