Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10509 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/04/2017, (ud. 20/01/2017, dep.28/04/2017),  n. 10509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24217/2014 proposto da:

OSPEDALE (OMISSIS) AZIENDA OSPEDALIERA DI RILIEVO NAZIONALE in

persona del Direttore Generale Dott. M.G. legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO

DI TORRE ARGENTINA 11, presso lo studio dell’avvocato DARIO

MARTELLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DARIO

DE PASCALE, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.S.;

– intimata –

e contro

GU.DA. in qualità di Procuratore Speciale di FONDIARIA

SAI SPA ora UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA A. GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO

DINACCI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROBERTO LASCARI giusta procura speciale;

– resistente con procura speciale –

avverso la sentenza n. 1083/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’accoglimento;

udito l’Avvocato D. DE PASCALE;

udito l’Avvocato R. LASCARI in virtù di procura non rituale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2005 G.S. convenne dinanzi al Tribunale di Milano l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) (che in seguitò sarà trasformata in “Azienda Socio Sanitaria Territoriale (OMISSIS)”; d’ora innanzi, per brevità, “l’Azienda”).

La parte attrice chiese la condanna dell’Azienda convenuta al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un intervento chirurgico che assumeva imperitamente eseguito.

L’Azienda si costituì e, oltre a chiedere il rigetto della domanda, chiamò in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, la Fondiaria-SAI s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in UnipolSai s.p.a.; d’ora innanzi, per brevità, “la UnipolSai”).

La UnipolSai si costituì e negò di essere tenuta al pagamento dell’indennizzo. Dedusse che il contratto escludeva la garanzia per i fatti illeciti commessi dall’assicurato, anche durante la vigenza del contratto, se la richiesta di risarcimento da parte del terzo fosse pervenuta all’assicurato dopo la scadenza del periodo di assicurazione indicato nella polizza della polizza (c.d. clausola claim’s made).

Soggiunse che, nel caso in esame, il terzo danneggiato aveva avanzato per la prima volta la sua richiesta di indennizzo all’ospedale dopo la scadenza della polizza, e per effetto della suddetta clausola l’indennizzo non era quindi dovuto.

2. Il Tribunale di Milano, con sentenza 3 luglio 2009 n. 8973, accolse la domanda principale e quella di garanzia.

La sentenza venne appellata, su quest’ultimo punto, dalla UnipolSai.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza 17 marzo 2014 n. 1083, accolse il gravame della società assicuratrice, e rigettò la domanda di garanzia. La Corte d’appello ritenne che la clausola, inserita in un contratto di assicurazione, la quali subordini il diritto all’indennizzo alla circostanza che tanto il fatto illecito commesso dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento proveniente dal terzo, avvengano nel periodo di vigenza della polizza, costituisse una normale delimitazione del rischio assicurato, non fosse vessatoria, e non violasse alcuna norma di legge.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Azienda, con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.

La UnipolSai non ha depositato controricorso, ma una procura alle liti per partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Questioni preliminari.

1.1. La UnipolSai, come accennato, ha depositato una procura alle liti conferita all’avv. Roberto Lascari. Tale procura è sottoscritta con firma autenticata dal medesimo avvocato.

La possibilità per l’avvocato di autenticare la procura speciale alle liti, rilasciata su un atto diverso da quelli indicati dall’art. 83 c.p.c., si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45 (ovvero, il 4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso od al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83 c.p.c., comma 2 (Sez. 3, Sentenza n. 18323 del 27/08/2014, Rv. 632092).

Ne consegue che la procura rilasciata dalla UnipolSai all’avv. Roberto Lascari va dichiarata nulla.

1.2. Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la difesa dell’Azienda ha invocato la formazione del giudicato esterno sulla questione oggetto del contendere.

A fondamento di tale eccezione ha dedotto che la polizza della cui validità si discute nel presente giudizio, distinta dal n. 704346212, ha formato oggetto di un secondo giudizio tra l’Azienda e la UnipolSai, relativo ad un diverso fatto colposo per il quale un paziente dell’ospedale “(OMISSIS)” chiese all’Azienda il risarcimento del danno. Ha soggiunto che tale giudizio è stato definitivamente chiuso dalla sentenza di questa Corte n. 22891 del 2015; che con tale sentenza questa Corte, cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito, ha dichiarato l’inefficacia della stessa clausola contrattuale, la cui validità forma oggetto del presente ricorso.

1.2. L’invocazione del giudicato esterno da parte della ricorrente è infondata.

E’ infatti onere di chi invoca il giudicato dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi di esso. Nel caso di specie, nella sentenza n. 22891/15 di questa Corte si legge solo (pag. 10, p. 6) che le parti controvertevano sulla validità della clausola “di cui alla polizza stipulata fra le parti”, ma non è possibile stabilire se tale polizza coincida o meno con quella oggetto del presente giudizio.

2. Il primo motivo di ricorso.

2.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 1322, 1341 e 1917 c.c..

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello ha ritenuto valida ed efficace la clausola claim’s made, sopra descritta, in quanto “rispondente agli interessi dell’assicurato che ha voluto ed accettato l’intera struttura contrattuale”.

Assume che la Corte d’appello, così giudicando, avrebbe violato l’art. 1341 c.c., perchè ha ritenuto valida una clausola che riduceva la responsabilità dell’assicuratore, predisponente unilaterale, senza che quella clausola fosse stata approvata espressamente per iscritto. Soggiunge che la suddetta clausola produceva in ogni caso un significativo squilibrio tra le posizioni delle parti, perchè riduceva di fatto il tempo per il quale era stata prestata la copertura assicurativa; era, di conseguenza, atipica rispetto allo schema tipico di cui all’art. 1917 c.c., ma non diretta a perseguire interessi meritevoli di tutela.

2.2. Il motivo è fondato, con riferimento alla violazione dell’art. 1322 c.c..

2.3. L’Azienda e la UnipolSai hanno stipulato un contratto di assicurazione della responsabilità civile.

Tale contratto prevedeva, all’art. 23, che “la garanzia esplica la sua operatività per tutte le richieste di risarcimento presentate all’assicurato per la prima volta durante il periodo di efficacia della presente assicurazione”.

Della validità di questo tipo di clausole, comunemente dette claim’s made, si sono occupate le Sezioni Unite di questa corte con la sentenza n. 9140 del 6 maggio 2016.

Con questa decisione le Sezioni Unite hanno stabilito che:

(a) la clausola claim’s made, nella parte in cui consente la copertura di fatti commessi dall’assicurato prima della stipula del contratto, non è nulla, e non rende nullo il contratto di assicurazione per inesistenza del rischio, ai sensi dell’art. 1895 c.c.;

(b) la clausola claim’s made, nella parte in cui subordina l’indennizzabilità del sinistro alla circostanza che il terzo danneggiato abbia chiesto all’assicurato il risarcimento entro i termini di vigenza del contratto, delimita l’oggetto di questo, e non la responsabilità dell’assicuratore, e di conseguenza non è vessatoria;

(c) la clausola claim’s made, pur non essendo vessatoria, potrebbe tuttavia risultare in singoli casi specifici non diretta a “realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”, ai sensi dell’art. 1322 c.c.. Quest’ultima valutazione tuttavia va compiuta in concreto e non in astratto, valutando:

(c1) se la clausola subordini l’indennizzo alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella vigenza del contratto;

(c2) la qualità delle parti;

(c3) la circostanza che la clausola possa esporre l’assicurato a “buchi di garanzia”.

Per effetto dell’intervento delle Sezioni Unite, resta dunque definitivamente stabilito che la clausola claim’s made non rende il contratto privo di rischio, e non ne comporta la nullità ex art. 1895 c.c.; e che la suddetta clausola non è vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c..

Resta, invece, da stabilire caso per caso se quella clausola possa dirsi anche “diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela”, ai sensi dell’art. 1322 c.c., in particolare quando, come nel caso di specie, escluda il diritto all’indennizzo per i danni causati dall’assicurato in costanza di contratto, ma dei quali il terzo danneggiato abbia chiesto il pagamento dopo la scadenza del contratto (d’ora innanzi, per brevità, “le richieste postume”).

Ritiene questa Corte che la clausola in esame non superi il vaglio di meritevolezza richiesto dall’art. 1322 c.c. e che pertanto erroneamente la sentenza impugnata l’abbia ritenuta valida ed efficace.

2.4. La clausola claim’s made è un patto atipico, sorto in un ordinamento giuridico il cui diritto assicurativo è stato in passato, e resta ancor oggi, molto distante da quello italiano: per genesi, sviluppo e contenuto. In quanto patto atipico, alle parti è consentito adottarla solo se intesa a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo il nostro ordinamento giuridico.

La “meritevolezza” di cui all’art. 1322 c.c., comma 2, non si esaurisce nella liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa. Secondo la Relazione al Codice civile, la meritevolezza è un giudizio (non un requisito del contratto, come erroneamente sostenuto da parte della dottrina), e deve investire non il contratto in sè, ma il risultato con esso perseguito.

Tale risultato dovrà dirsi immeritevole quando sia contrario alla coscienza civile, all’economia, al buon costume od all’ordine pubblico (così la Relazione al Codice, p. 603, 2^ cpv.). Principio che, se pur anteriore alla promulgazione della Carta costituzionale, è stato da questa ripreso e consacrato nell’art. 2 Cost., secondo periodo; art. 4 Cost., comma 2 e art. 41 Cost. , comma 2.

Affinchè dunque un patto atipico possa dirsi “immeritevole”, ai sensi dell’art. 1322 c.c., non è necessario che contrasti con norme positive: in tale ipotesi sarebbe infatti di per sè nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c..

L’immeritevolezza discenderà invece dalla contrarietà (non del patto, ma) del risultato che il patto atipico intende perseguire con i principi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati. Il giudizio di immeritevolezza, in definitiva, non costituisce che una parafrasi moderna del secolare ammonimento di Paolo nei Libri LXII ad edictum, ovvero non omne quod licet, honestum est (Dig., 50, 17^, 144).

2.5. Questa Corte, pur evitando definizioni generali della nozione di “immeritevolezza”, in passato ha più volte implicitamente affermato i principi appena esposti.

E’ stata ritenuta “immeritevole” la clausola, inserita in una concessione di derivazione di acque pubbliche, che imponeva al concessionario il pagamento del canone anche nel caso di mancata fruizione della derivazione per fatto imputabile alla p.a. concedente, per contrarietà al principio di cui all’art. 41 Cost., comma 2 (Sez. U, Sentenza n. 4222 del 17/02/2017).

Immeritevole è stato ritenuto il contratto finanziario che addossava alla banca vantaggi certi e garantiti, ed al risparmiatore non garantiva alcuna certa prospettiva di lucro (è la nota vicenda del contratto “(OMISSIS)”, che prevedeva l’acquisto di prodotti finanziari, emessi da una banca, mediante un mutuo erogato dalla stessa banca, e poi costituiti in pegno a garanzia del mancato rimborso del finanziamento: ex aliis, in tal senso, Sez. 1, Sentenza n. 22950 del 10/11/2015; per una vicenda analoga ed una analoga statuizione, relativa al contratto finanziario denominato “4You”, si veda altresì Sez. 6-3, Ordinanza n. 19559 del 30/09/2015).

Immeritevole, altresì, è stato ritenuto il contratto atipico stipulato tra farmacisti, in virtù del quale gli aderenti si obbligavano a non aprire al pubblico il proprio esercizio commerciale nel giorno di sabato, in quanto contrastante con la “effettiva realizzazione di un assetto concorrenziale del mercato” (Sez. 3, Sentenza n. 3080 del 08/02/2013).

Immeritevole, ancora, è stata ritenuta la clausola, inserita in un mutuo di scopo per l’acquisto d’un bene materiale, che obbligava il mutuante al pagamento delle rate persino nel caso di mancata consegna del bene da parte del venditore (Sez. 3, Sentenza n. 12454 del 19/07/2012).

Immeritevole, poi, è stata ritenuta la clausola contrattuale che vietava al conduttore di ospitare stabilmente persone non appartenenti al suo nucleo familiare, in quanto contrastante coi doveri di solidarietà (Sez. 3, Sentenza n. 14343 del 19/06/2009).

Immeritevole, altresì, è stato ritenuto il contratto fiduciario in virtù del quale ad una banca, presso cui il cliente aveva depositato somme di denaro su un libretto di risparmio ed aperto un conto corrente, di compensare l’attivo del primo con il passivo del secondo (Sez. 1, Sentenza n. 1898 del 19/02/2000).

Immeritevole, ancora, è stato ritenuto il patto parasociale in virtù del quale i soci firmatari si obbligavano, in occasione delle deliberazioni assembleari di nomina degli amministratori e dei sindaci, a votare in conformità alle indicazioni formulate da uno di essi (Sez. 1, Sentenza n. 9975 del 20/09/1995).

Nè può tacersi, infine, un richiamo alla importante decisione pronunciata dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di esercizio officioso, da parte del giudice, del potere di ridurre la clausola penale manifestamente eccessiva (Sez. U., Sentenza n. 18128 del 13/09/2005). Nella motivazione di tale sentenza, infatti, in piena sintonia col p. 603 della Relazione al Codice civile sopra ricordato, si ribadisce che l’autonomia negoziale delle parti non è sconfinata, ma è circoscritta entro il limite della meritevolezza, travalicato il quale l’ordinamento cessa di apprestarle tutela.

2.6. Riducendo a “sistema” le motivazioni dei precedenti appena ricordati, se ne ricava che sono stati ritenuti immeritevoli, ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2, contratti o patti contrattuali che, pur formalmente rispettosi della legge, avevano per scopo o per effetto di:

(a) attribuire ad una delle parti un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita per l’altra (sentenze 22950/15, cit.; 19559/15, cit.);

(b) porre una delle parti in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all’altra (sentenze 4222/17; 3080/13; 12454/09; 1898/00; 9975/95, citt.);

(c) costringere una delle parti a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti (sentenza 14343/09, cit.).

E’ alla luce di questi criteri che va valutata, nel caso di specie, la meritevolezza della clausola claim’s made inserita nel contratto di assicurazione stipulato tra l’Azienda e la UnipolSai.

E’ incontroverso che quel contratto copriva il rischio di responsabilità civile, cui l’Azienda fosse rimasta esposta nell’esercizio della propria attività, ovvero lo svolgimento di prestazioni sanitarie. Come già detto, essa escludeva l’indennizzabilità delle richieste postume. E’, infine, incontroverso che i sanitari dipendenti dell’Azienda causarono danno ad un paziente nel 2003; che il contratto di assicurazione scadde il 31 dicembre 2003; che il terzo danneggiato rivolse la sua richiesta di risarcimento all’Azienda nel 2005.

Una clausola di questo tipo, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulata da un soggetto esercente la professione sanitaria, ed a copertura dei rischi propri di questa, non appare destinata a perseguire interessi meritevoli di tutela, sotto nessuno dei tre aspetti enucleati poc’anzi, nell’esordio del presente paragrafo.

2.6.1. In primo luogo, la clausola claim’s made che escluda le richieste postume appare immeritevole di tutela, in quanto attribuisce all’assicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita.

La clausola claim’s con esclusione delle richieste postume riduce infatti il periodo effettivo di copertura assicurativa, dal quale resteranno verosimilmente esclusi tutti i danni causati dall’assicurato nella prossimità della scadenza del contratto. E’ infatti praticamente impossibile che la vittima d’un danno abbia la prontezza e il cinismo di chiederne il risarcimento illico et immediate al responsabile.

Ciò determina uno iato tra il tempo per il quale è stipulata l’assicurazione (e verosimilmente pagato il premio), e il tempo nel quale può avverarsi il rischio. E’ vero che tale iato ricorre anche in alcuni tipi assicurativi (ad es., nei trasporti marittimi, nei quali la copertura inizia al momento della caricazione anche se il contratto è stato stipulato prima di tale momento), ma è altresì vero che in quei contratti prima dell’inizio della copertura, o dopo la sua fine, non è possibile l’avveramento del rischio (la merce non può essere perduta dal vettore, per “fortuna di mare”, prima della caricazione o dopo la scaricazione), mentre nell’assicurazione della responsabilità civile sanitaria è ovviamente possibile che l’assicurato causi danni a terzi anche negli ultimi mesi, o giorni, od ore precedenti la scadenza del contratto.

Questo iato temporale è inconciliabile con il tipo di responsabilità professionale cui può andare incontro il medico, la cui opera può talora produrre effetti dannosi a decorso occulto, che si manifestano a distanza anche di molto tempo dal momento in cui venne tenuta la condotta colposa fonte di danno.

2.6.2. In secondo luogo, la clausola claim’s made che escluda le richieste postume appare immeritevole di tutela, in quanto pone l’assicurato in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all’altra.

La clausola claim’s made, infatti, fa dipendere la prestazione dell’assicuratore della responsabilità civile non solo da un evento futuro ed incerto ascrivibile a colpa dell’assicurato, ma altresì da un ulteriore evento futuro ed incerto dipendente dalla volontà del terzo danneggiato: la richiesta di risarcimento.

L’avveramento di tale condizione, tuttavia, esula del tutto dalla sfera di dominio, dalla volontà e dall’organizzazione dell’assicurato, che non ha su essa ha alcun potere di controllo. Ciò determina conseguenze paradossali, che l’ordinamento non può, ai sensi dell’art. 1322, c.c., avallare.

La prima è che la clausola in esame fa sorgere nell’assicurato l’interesse a ricevere prontamente la richiesta di risarcimento, in aperto contrasto col principio secolare (desumibile dall’art. 1904 c.c.) secondo cui il rischio assicurato deve essere un evento futuro, incerto e non voluto.

La seconda conseguenza paradossale è che la clausola claim’s made con esclusione delle richieste postume pone l’assicurato nella seguente aporia: sapendo di avere causato un danno, se tace e aspetta che sia il danneggiato a chiedergli il risarcimento, perde la copertura; se sollecita il danneggiato a chiedergli il risarcimento, viola l’obbligo di salvataggio di cui all’art. 1915 c.c..

2.6.3. In terzo luogo, la clausola claim’s made che escluda le richieste postume appare immeritevole di tutela, in quanto può costringere l’assicurato a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti.

La clausola in esame infatti, elevando la richiesta del terzo a “condizione” per il pagamento dell’indennizzo, legittima l’assicuratore a sottrarsi alle proprie obbligazioni ove quella richiesta sia mancata: con la conseguenza che se l’assicurato adempia spontaneamente la propria obbligazione risarcitoria prima ancora che il terzo glielo richieda (come correttezza e buona fede gli imporrebbero), l’assicuratore potrebbe rifiutare l’indennizzo assumendo che mai nessuna richiesta del terzo è stata rivolta all’assicurato, sicchè è mancata la condicio iuris cui il contratto subordina la prestazione dell’assicuratore (si veda, al riguardo, la fattispecie concreta già decisa da Sez. 3, Sentenza n. 5791 del 13/03/2014). Esito, si diceva, paradossale, posto che quanto più l’assicurato è zelante e rispettoso dei propri doveri di solidarietà sociale, tanto meno sarà garantito dall’assicuratore.

2.7. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, e la sentenza cassata con rinvio, in virtù del seguente principio di diritto:

La clausola c.d. claim’s made, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un’azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2, in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione.

3. Il secondo motivo di ricorso.

3.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che la clausola claim’s made non era stata affatto chiesta nè voluta dall’Azienda; che la sua inserzione nel contratto era avvenuta in modo sostanzialmente surrettizio, e che comunque l’assicurata non aveva ricevuto alcuna adeguata informazione sul contenuto del contratto e sugli effetti della clausola.

3.2. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.

4. Le spese.

4.1. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

(-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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