Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10507 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. un., 30/04/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 30/04/2010), n.10507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6127-2009 proposto da:

CENTRO RESIDENZIALE “(OMISSIS)” ((OMISSIS)), in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE AVENTINO 36, presso lo studio degli avvocati FRANCO PAOLA,

RICCIARDI MARIA GRAZIA, che lo rappresentano e difendono, per delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso gli Uffici

dell’Avvocatura comunale, rappresentato e difeso dall’avvocato MURRA

RODOLFO, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 3396/2008 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 08/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2010 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

uditi gli avvocati Paola FRANCO, Maria Grazia RICCIARDI, Rodolfo

MURRA;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico che ha concluso per il rigetto del ricorso (A.G.A.).

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con determinazione dirigenziale n. 789 del 13/6/1997 di demolizione opere abusive su suoli di proprietà dello Stato e di Enti Pubblici, il dirigente dell’Unità Organizzativa Tecnica della (OMISSIS) del Comune di Roma ordinava al Centro Residenziale “(OMISSIS)” la demolizione di un muro destinato a delimitare un’area condominiale adibita a parcheggio ed edificato senza la relativa concessione edilizia.

Il Centro Residenziale “(OMISSIS)” proponeva ricorso al Tar chiedendo l’annullamento della detta determinazione dirigenziale in quanto adottata in violazione di legge e con eccesso di potere per inesistenza dei presupposti e per travisamento dei fatti.

Il Comune di Roma si costituiva e chiedeva il rigetto del ricorso sostenendone l’infondatezza sulla base dell’assunto civilistico che il muro costruito abusivamente insisteva su di una porzione di terreno sulla quale esso Comune vantava una servitù di passaggio.

Con sentenza 829/99 del 10/3/1999 l’adito Tar Lazio, in accoglimento del ricorso, annullava l’impugnata determinazione dirigenziale considerando non pertinenti le considerazioni svolte dalle parti in ordine agli aspetti civilistici della vicenda relativa alla servitù di passaggio e ritenendo non necessaria nella specie la concessione edilizia ma la sola autorizzazione trattandosi di un manufatto (il muro) di modeste dimensioni e di natura oggettivamente pertinenziale con il fabbricato.

Avverso la detta sentenza il Comune di Roma proponeva appello al quale resisteva il Centro Residenziale “(OMISSIS)”.

Con sentenza 8/7/2008 il Consiglio di Stato accoglieva l’appello e, in riforma dell’impugnata decisione, rigettava il ricorso di primo grado osservando: che il primo giudice aveva errato nel non attribuire rilevanza alla circostanza che, “in disparte il carattere pertinenziale del manufatto e le sue modeste dimensioni”, lo stesso impediva l’esercizio di diritti reali di servitù di passaggio riconosciuti al Comune all’atto della edificazione della zona resisdenziale in questione; che tali diritti erano stati riconosciuti con sentenza del tribunale di Roma n. 421 del 1984 passata in giudicato; che, al contrario di quanto affermato nella sentenza appellata, il provvedimento di demolizione era stato motivato proprio dalla circostanza che il manufatto chiudeva la strada sulla quale il Comune aveva diritto di passaggio; che era quindi da condividere il riferimento operato dal Comune alla L. n. 47 del 1985, art. 14 prevedente l’adozione dell’ordine di demolizione di una costruzione eseguita senza licenza su area oggetto di un diritto reale di enti pubblici.

Avverso la detta sentenza il Centro Residenziale “(OMISSIS)” ha proposto ricorso per cassazione ex art. 362 c.p.c., comma 1 sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso il Comune di Roma.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il Centro Residenziale “(OMISSIS)” denuncia: violazione degli artt. 300, 103 e 113 Cost., in relazione all’art. 362 c.p.c. e art. 111 Cost.; difetto di giurisdizione per superamento dei ”limiti esterni”. Deduce il ricorrente che il Consiglio di Stato, avendo fondato il proprio convincimento sulla considerazione che il “il muretto” in questione “impediva l’esercizio di diritti reali di servitù di passaggio attribuiti al Comune” – diritti riconosciuti con sentenza del tribunale di Roma del 1984 – ed essendosi quindi pronunciato “sugli aspetti civilistici della vicenda”, ha superato i limiti esterni della propria giurisdizione per avere in realtà giudicato su questione devoluta alla giurisdizione ordinaria.

Al termine del motivo il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “le Sezioni Unite della Corte di Cassazione dicano se e accertino, e comunque dichiarino che il Consiglio di Stato, nella sentenza impugnata, ha giudicato in difetto relativo di giurisdizione valicando i cd. limiti esterni della giurisdizione amministrativa e, in particolare, statuendo che, in disparte il carattere pertinenziale del manufatto e le sue modeste dimensioni, Io stesso viene ad impedire l’esercizio di diritti reali di servitù di passaggio attribuiti al Comune all’atto della edificazione della zona residenziale in questione (…) riconosciuti con sentenza del Tribunale Civile di Roma n. 421 del 1984 … e, quindi, giudicando in materia vertente su situazioni giuridiche soggettive in cui sono coinvolti esclusivamente diritti soggettivi, ritenendo la sussistenza della propria giurisdizione, ha invaso la giurisdizione del giudice ordinario”.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 103 e 113 Cost., nonchè della L. n. 2248, art. 2, All. 2 in relazione all’art. 362 c.p.c., comma 1 e art. 111 Cost., u.c. – violazione del limite esterno di giurisdizione per eccesso di potere giurisdizionale”. Il Centro Residenziale ” (OMISSIS)” censura la sentenza impugnata per avere questa esercitato “un sindacato di merito”. Secondo il ricorrente, il Consiglio di Stato, poichè ha accertato, al fine di ritenere legittimo il provvedimento amministrativo impugnato, che il muro “chiude la strada su cui il Comune ha diritto reale di passaggio”, ha in tal modo espresso “apprezzamenti discrezionali”, peraltro difformi da quelli indicati dal Comune nel suddetto ordine di demolizione, e “si è sostituito all’amministrazione attiva nell’esercizio della discrezionalità di questa”.

Al termine del motivo viene formulato il seguente quesito di diritto:

“le Sezioni Unite della Corte di Cassazione dicano se e accertino, e comunque dichiarino che il Consiglio di Stato, nella sentenza impugnata, giudicando in eccesso di potere giurisdizionale, ha valicato i cd. limiti esterni della giurisdizione amministrativa nella misura in cui, valutando la legittimità della determinazione dirigenziale n. 789 del 13-6-1997 di demolizione del manufatto, non perchè eretto in violazione della normativa urbanistica ma perchè impeditivo dell’esercizio di diritti reali di servitù di passaggio attribuiti al Comune, ha compiuto un sindacato di merito estraneo ai suoi poteri giurisdizionali di legittimità”.

Il ricorso va dichiarato inammissibile dovendosi applicare il seguente recente principio giurisprudenziale di queste Sezioni Unite:

l’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 38 cod. proc. civ. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es. per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito “per saltum”, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito (sentenza 9/10/2008 n. 24483). A detto principio si sono attenute numerose successive pronunzie di queste Sezioni Unite (20/11/2008 n. 27531;

18/11/2008 n. 27348; 25/6/2009 n. 14889).

Pertanto discende da detto principio che allorchè il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando specificamente la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, trattandosi di questione ormai coperta dal giudicato implicito.

Il difetto di giurisdizione, infatti, benchè determini un’invalidità insanabile, può essere dedotto o rilevato dal giudice d’appello solo nei limiti dell’effetto devolutivo dell’impugnazione.

Sicchè la questione di giurisdizione può essere proposta o riproposta nel giudizio d’appello solo se sia stata devoluta in ragione dei motivi d’impugnazione specificamente dedotti.

Nella specie sulla questione di giurisdizione prospettata con i due motivi di ricorso si è formato il giudicato perchè l’implicito riconoscimento della giurisdizione contenuto nella sentenza di primo grado del Tar di annullamento dell’atto impugnato non ha formato oggetto di specifica censura non avendo le parti proposto la detta questione di giurisdizione.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

L’inammissibilità consegue al recente suddetto mutamento di indirizzo giurisprudenziale per cui ritiene questa Corte che tanto integri giusto motivo di compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

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