Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10507 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/04/2017, (ud. 20/01/2017, dep.28/04/2017),  n. 10507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15785/2014 proposto da:

R.G., Z.T., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA ANTONIA

BOCCATO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA GIA’ UNIPOL ASS. SPA, in persona del suo

procuratore ad negotia, Dott. T.I., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA SCROFA N. 64, presso lo studio

dell’avvocato VINCENZO CELLAMARE, rappresentata e difesa

dall’avvocato SILVIA SANTI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 992/2013 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata

il 14/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto;

udito l’Avvocato NICOLA DI PIERRO;

udito l’Avvocato GIACOMO TARTAGLIONE per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2007 R.G. e Z.T. convennero dinanzi al Giudice di pace di Venezia la società Navale Assicurazioni s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in UnipolSai s.p.a.; d’ora innanzi, per brevità, “la UnipolSai”), allegando:

(-) di avere acquistato presso un’agenzia di viaggi un “pacchetto turistico”, da fruire in un albergo della Sardegna dal 1 al 15 luglio 2007;

(-) il pacchetto comprendeva una copertura assicurativa per il rischio di forzosa interruzione del viaggio, prestata dalla UnipolSai;

(-) il viaggio dovette essere interrotto per cause di forza maggiore (la grave malattia di un prossimo congiunto di R.G.);

(-) l’assicuratore “non aveva dato riscontro” alle richieste di indennizzo inviategli.

Chiesero perciò la condanna della società convenuta al pagamento dell’indennizzo ed al risarcimento del danno.

2. Il Giudice di pace di Venezia con sentenza 11 giugno 2009 n. 339 rigettò la domanda, ritenendo che l’assicuratore, inviando a R.G. un “buono viaggio” di valore pari alla frazione di vacanza non goduta, avesse adempiuto le proprie obbligazioni.

3. Il Tribunale di Venezia, adito dai soccombenti, con sentenza 14 maggio 2013 n. 992 confermò la decisione.

Il Tribunale ritenne che:

(-) la clausola del contratto di assicurazione che prevedeva la corresponsione al viaggiatore, a titolo di indennizzo, di un buono invece di denaro, non era vessatoria perchè non limitava la responsabilità dell’assicuratore, ma disciplinava solo le modalità di adempimento;

(-) la clausola che prevedeva che il buono fosse spendibile solo presso il tour operator dal quale era stato acquistato il viaggio non era vessatoria nè abusiva, perchè non limitava la libertà contrattuale del consumatore;

(-) la clausola che prevedeva un termine di utilizzabilità del “buono” non rendeva eccessivamente difficile l’esercizio del diritto da parte del consumatore;

(-) l’assicuratore non adempì tardivamente la propria obbligazione, avendo fatto pervenire il buono nell’agenzia di viaggi ad ottobre 2007;

(-) il calcolo del valore del buono risultava erroneo solo per 56 euro, il che costituiva inadempimento non grave e non legittimava, da arte del viaggiatore, il rifiuto di rifiuto di ricevere il buono;

(-) correttamente il buono fu emesso “all’ordine” della sola R.G., perchè questa aveva acquistato il pacchetto, e solo questa doveva ritenersi “assicurata”.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da R.G. e Z.T. con ricorso fondato su otto motivi ed illustrato da memoria.

Ha resistito la UnipolSai con controricorso, anch’esso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 1341 c.c.; D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33 (codice del consumo); D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 166 (codice delle assicurazioni).

Il motivo, sebbene formalmente unitario, contiene in realtà cinque diverse censure. Vi si sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel rigettare il loro gravame, perchè:

(a) gli assicurati al momento della stipula nulla sapevano circa l’effettivo contenuto del contratto, perchè non fu reso loro disponibile;

(b) il contratto di assicurazione aveva ad oggetto il “rimborso” del valore della frazione di vacanza non goduta, con la conseguenza che l’assicuratore era tenuto al relativo pagamento in denaro, a nulla rilevando che l’art. 13 prevedesse che l’indennizzo sarebbe avvenuto unicamente in forma di “buono”; tale clausola infatti si doveva ritenere nulla e abusiva;

(c) la clausola che consentiva all’assicuratore di adempiere la propria obbligazione con un “buono” era vessatoria, in quanto limitava la responsabilità della compagnia assicuratrice;

(d) la suddetta clausola, inoltre, limitava la libertà contrattuale del consumatore, perchè lo obbligava a “spendere” il buono solo nella stessa agenzia di viaggi dove era stata prenotata la vacanza non goduta;

(e) l’assicuratore aveva comunque adempiuto in ritardo la propria obbligazione.

1.2. La censura riassunta al p. precedente, sub (a), è inammissibile perchè nuova.

Nella sentenza d’appello, infatti, non risulta che la questione della conoscibilità delle clausole del contratto di assicurazione sia stata proposta tra i motivi d’appello. Ove, poi, quella questione fosse stata effettivamente proposta, era onere degli odierni ricorrenti da un lato indicare dove e quando ciò fosse avvenuto, secondo la previsione dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6 e soprattutto impugnare la sentenza d’appello non per violazione di legge, ma per omessa pronuncia su un motivo di gravame.

1.3. Le censure riassunte al p. 1.1., sub lettere (b), (c), e (d) sono infondate per due ragioni.

La prima ragione è che, escluso che l’art. 1882 c.c., obblighi l’assicuratore a pagare l’indennizzo esclusivamente in denaro (come avviene, ad esempio, nell’assicurazione di assistenza o di tutela legale), la possibilità di risarcire il danno in forma specifica è espressamente prevista dall’art. 2058 c.c.. A fortiori, dunque, tale possibilità potrà essere prevista nel contratto di assicurazione, senza che ciò comporti alcuna limitazione della responsabilità dell’assicuratore. Assurdo sarebbe, infatti, negare a chi deve pagare un indennizzo scaturente da un contratto, quel che è ordinariamente concesso a chi deve pagare un risarcimento scaturente da un fatto illecito.

Se, pertanto, la clausola qui in contestazione non faceva che riprodurre una facoltà prevista dalla legge, essa non può dirsi nè “abusiva” D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 33, nè nulla ex art. 1341 c.c..

La seconda ed assorbente ragione è che in ogni caso la polizza oggetto del contendere, per ammissione degli stessi ricorrenti, era una assicurazione per conto altrui, stipulata ex art. 1891 c.c., dal tour operator. Ma nel caso di assicurazione per conto altrui, per stabilire se si applichino o meno le norme sui contratti del consumatore, occorre avere riguardo alla qualità del contraente, non del beneficiario (Sez. 6-3, Ordinanza n. 21070 del 27/11/2012): e nel nostro caso il contraente non era un consumatore.

1.4. La censura riassunta al p. 1.1, sub lettera (e), infine, investe un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in questa sede.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Deducono, al riguardo, che il Tribunale avrebbe pronunciato una sentenza fondata su una motivazione solo apparente, là dove ha immotivatamente ritenuto che il contratto di viaggio fosse stato stipulato solo da R.G. e non anche da Z.T., e che di conseguenza l’assicuratore fosse tenuto a versare due indennizzi, e non un solo buono per una vacanza cumulativa per due persone.

2.2. Il motivo è inammissibile ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, il quale ha escluso che il mero vizio di motivazione possa costituire motivo di ricorso per cassazione, salvo il caso di motivazione totalmente mancante o totalmente incomprensibile, certamente non ricorrente nel nostro caso (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Ove poi i ricorrenti, pur erroneamente invocando l’error in procedendo, avessero in realtà inteso censurare (il motivo sotto questo profilo è assai confuso) l’error in iudicando, oppure l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, varrà rilevare che:

(a) il vizio di omessa pronuncia ex art. 112, non sussisterebbe, perchè il Tribunale si è pronunciato espressamente sul problema di chi fosse “l’acquirente” del pacchetto turistico;

(b) il vizio di violazione di legge, sarebbe malamente invocato, perchè stabilire chi abbia concluso un determinato contratto è un accertamento di merito, non sindacabile in questa sede.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134). Deducono, al riguardo, che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare un documento (la “conferma di prenotazione”), dal quale emergeva che il contratto di viaggio era stato stipulato da ambedue gli originari attori.

3.2. Il motivo è infondato.

Al presente giudizio si applica infatti il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Le Sezioni Unite di questa Corte, nel chiarire il senso della nuova norma, hanno stabilito che “l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti” (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Nel nostro caso, il Tribunale come già accennato ha preso in esame il problema dell’individuazione di chi fosse il “contraente” del contratto di viaggio, risolvendolo in un certo modo. Il “fatto decisivo” è stato, dunque, esaminato, mentre la mancata valutazione di un elemento di prova nel senso auspicato dai ricorrenti, per quanto appena detto, non costituisce un vizio censurabile in questa sede.

4. Il quarto motivo di ricorso.

4.1. Col quarto motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 1188, 1218, 1362, 1363, 1411, 1891 c.c..

Deducono, al riguardo, che il Tribunale, escludendo che anche Z.T. avesse diritto ad un suo “buono” distinto e separato, ha violato gli artt. 1362, 1363 e 1891 c.c.. Assumono che l’indennizzo dovuto in virtù di un contratto assicurativo spetta all'”assicurato”, e l’assicurato per espressa previsione di polizza era il “cliente della agenzia di viaggi”, e dunque anche Z.T..

4.2. Il motivo è infondato.

La polizza oggetto del presente giudizio copriva il rischio di una perdita patrimoniale: ovvero avere inutilmente pagato il costo di una vacanza che non si potè godere. Una perdita di questo tipo può essere patita solo da chi sostenne il costo del viaggio non andato a buon fine.

Nel caso di specie, per un verso Z.T. non ha mai nemmeno allegato di avere sostenuto questo costo; per altro verso il tribunale ha accertato in fatto – con statuizione, come detto, non sindacabile in questa sede – che l’acquirente del pacchetto turistico fu R.G.. Stabilito ciò, correttamente il Tribunale ha di conseguenza negato che Z.T. avesse la qualifica di “assicurato”, in quanto il rischio dedotto ad oggetto del contratto (il pagamento inutile della vacanza) non gravava sul suo patrimonio.

5. Il quinto motivo di ricorso.

5.1. Col quinto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, consistita in una omessa pronuncia.

Deducono, al riguardo, che la UnipolSai aveva adempiuto in ritardo le proprie obbligazioni, e doveva ritenersi in mora perchè, “dopo avere tergiversato per una intera estate”, non aveva mai inviato presso il domicilio degli attori il “buono”, almeno fino alla notifica dell’atto di citazione.

Soggiungono che l’invio del “buono” all’agenzia di viaggi dove era stato acquistato il pacchetto turistico non costituiva un esatto adempimento, in quanto eseguito in un luogo diverso da quelli prescritti dall’art. 1182 c.c..

Assumono che su tali circostanze, dedotte come motivo d’appello, il Tribunale non si è pronunciato.

5.2. Il motivo è infondato.

Il Tribunale di Venezia ha escluso che sussistesse un inadempimento dell’assicuratore, sul presupposto che gli attori avevano ingiustificatamente rifiutato di volere accettare un “buono” a titolo di indennizzo.

Il Tribunale, dunque, ha provveduto sulla domanda attorea con cui si invocavano gli effetti della mora, ed omessa pronuncia non v’è. Nè, come noto, il giudice è tenuto a prendere in esame tutti gli argomenti difensivi sviluppati dalle parti, dovendosi ritenere implicitamente rigettati quelli incompatibili col tenore della decisione concretamente adottata.

In ogni caso non sarà superfluo aggiungere che l’obbligazione dell’assicuratore nel caso di specie, non avendo ad oggetto una somma di denaro, ma una cosa (tale essendo il “buono” più volte ricordato), era quèrable e non portable, ed andava adempiuta al domicilio del debitore, ex art. 1182 c.c., comma 4.

6. Il sesto motivo di ricorso.

6.1. Col sesto motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 1181 c.c..

Deducono, al riguardo, che il Tribunale ha errato nell’escludere la sussistenza dell’inadempimento da parte dell’assicuratore, sebbene avesse accertato che il “buono” da questi consegnato a titolo di indennizzo era inferiore di 59 Euro al valore effettivamente dovuto a termini di contratto. Ne deducono che il loro rifiuto di accettare il buono era perciò giustificato, ai sensi dell’art. 1181 c.c..

6.2. Il motivo è infondato.

Il rifiuto di adempimento parziale è legittimo, e fa sorgere la mora debendi, solo se non contrario a buona fede (ex multis, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 17140 del 09/10/2012). Il rifiuto dell’adempimento parziale è contrario a buona fede quando il creditore non subirebbe alcun serio e concreto pregiudizio dall’accettazione di quanto gli stia offrendo il debitore.

Nel nostro caso, i ricorrenti non hanno spiegato in modo convincente quale tangibile vantaggio avrebbe loro arrecato, al momento di fruizione della vacanza, un buono di 59 Euro maggiore.

In ogni caso, anche ad ammettere che il rifiuto di adempimento parziale fu legittimo, ne deriverebbe l’obbligo dell’assicuratore di pagamento della mora, e non certo la conversione dell’obbligo di pagare l’indennizzo, anzichè con un “buono”, in denaro.

7. Il settimo motivo di ricorso.

7.1. Col settimo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Deducono, al riguardo, che il Tribunale, pur avendo accertato che il buono offerto era di 59 euro inferiore al dovuto, non ha condannato l’assicuratore all’esatto adempimento.

7.2. Il motivo è infondato. Gli attori – per quanto si rileva dalla sentenza impugnata – chiesero in primo grado la condanna dell’assicuratore al pagamento d’una somma di denaro, non una condanna all’emissione d’un buono di importo maggiorato. E poichè, per quanto detto, correttamente il Tribunale ha ritenuto infondata la domanda di pagamento d’una somma di denaro, altro non v’era su cui provvedere.

8. L’ottavo motivo di ricorso.

8.1. Anche con l’ottavo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Deducono, al riguardo, che il Tribunale avrebbe “implicitamente rigettato” la domanda di rifusione delle spese legali sostenute per l’assistenza stragiudiziale.

8.2. Il motivo è manifestamente inammissibile.

La domanda di rifusione delle spese legali stragiudiziali non è stata “rigettata” dal Tribunale, ma è rimasta assorbita dalla ritenuta insussistenza dell’inadempimento colpevole dell’assicuratore.

I ricorrenti, dunque, si dolgono di una statuizione che nella sentenza impugnata non c’è, nè poteva esserci.

9. Le spese.

9.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

9.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna R.G. e Z.T., in solido, alla rifusione in favore di UnipoiSai s.p.a. delle spese dei presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 1.500, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di R.G. e Z.T., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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