Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10507 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 21/04/2021), n.10507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28079/2014 R.G. proposto da:

ROSAGEST srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avv. Cipolla Giuseppe Maria con

domicilio eletto in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 134, presso lo

studio del difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– intimata/costituita –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 240/23/13, depositata il 2

ottobre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 gennaio

2021 dal Consigliere Manzon Enrico.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza n. 240/23/13, depositata il 2 ottobre 2013, la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, rigettava l’appello proposto da ROSAGEST srl avverso la sentenza n. 288/01/2009 della Commissione tributaria provinciale di Brindisi che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per imposte dirette ed IVA 2003.

La CTR, nella parte che qui rileva, osservava in particolare che le riprese fiscali trovavano fondamento nella natura sostanzialmente elusiva dell’operazione di acquisto da parte della società contribuente di un immobile (terreno con sovraeretto edificio in costruzione) vendutole da altra società ad essa collegata dalla persona del legale rappresentante, risultando palese la sproporzione in eccesso del prezzo pagato, in considerazione che la società venditrice solo qualche tempo prima aveva a sua volta acquistato detto immobile ad un prezzo di gran lunga inferiore, essendo quindi evidente, da un lato, l’assenza di ragioni economiche della stipula del contratto, da un altro, il vantaggio fiscale derivante alla ROSAGEST sia per le imposte dirette (maggiori costi deducibili) sia per l’IVA (maggior imposta detraibile), appunto oggetto delle pretese creditorie portate dall’atto impositivo impugnato.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo cinque motivi poi illustrati con una memoria.

L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-4 – la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, art. 24 Cost., comma 2, poichè la CTR ha affermato l’inutilizzabilità della documentazione prodotta a sua difesa, in quanto non messa a disposizione dell’agenzia fiscale nella fase dell’istruttoria amministrativa e comunque non essendo la medesima producibile nel grado di appello.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (versione vigente) – la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo controverso, poichè la CTR, anche a causa della mancata valutazione del materiale probatorio documentale di cui alla prima censura, non ha preso in considerazione le sue difese circa la non rilevanza della vendita oggetto di contestazione ai fini delle imposte dirette e dell’IVA.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono fondate.

In primo luogo risulta erronea l’affermazione del giudice tributario d’appello di non utilizzabilità della documentazione difensiva prodotta in sede processuale dalla società contribuente.

Pur vero che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, prevede che la documentazione non consegnata dal contribuente verificato a seguito di richiesta dell’agenzia fiscale non può essere valorizzata nè in sede amministrativa nè in sede processuale, tuttavia la giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’interpretare in modo restrittivo tale disposizione legislativa, secondo il principio di diritto che “In tema di accertamento tributario, l’inottemperanza del contribuente a seguito dell’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 4, comporta l’inutilizzabilità in sede amministrativa e processuale solo dei documenti espressamente richiesti dall’Ufficio, in quanto detta disposizione normativa deve essere interpretata in coerenza con il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e con il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.” (Cass., n. 16548 del 22/06/2018, Rv. 649229 – 01).

Nel caso di specie, come evidenziato per autosufficienza alla pagina 11 del ricorso, in sede di istruttoria amministrativa l’agenzia fiscale aveva richiesto i seguenti documenti: copia libro giornale, copia registro IVA acquisti, copia libro inventari nonchè la documentazione relativa alla compravendita poi oggetto delle riprese fiscali (modalità di pagamento; copia fattura).

La società contribuente tuttavia in sede processuale ha prodotto ulteriori documenti a propria difesa che non erano stati specificamente – richiesti dall’Ente impositore.

Si tratta di due consulenze di parte, di un mastrino di contabilità della società venditrice (Italiana Costruzioni), della scheda contabile relativa all’immobile acquistato, dell’estratto del libro dei cespiti ammortizzabili, del bilancio 2003, della dichiarazione ICI, delle ricevute di pagamento ICI 2004.

Ebbene, al di là della loro possibile rilevanza processuale, di cui si dirà appena oltre, tali documenti erano sicuramente producibili ed utilizzabili nella sede processuale, non essendo ciò precluso da detta disposizione legislativa del TU sull’accertamento.

Tantomeno, in ogni caso, non sussisteva alcun divieto ostativo alla loro produzione in appello, secondo il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che “In materia di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, consente la produzione nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in precedenza” (Cass. n. 22776 del 06/11/2015, Rv. 637175 – 01).

Ciò posto, va poi detto che sulla base della prospettazione difensiva di ROSAGEST (sempre per autosufficienza, ne è dimostrata la reiterazione nei gradi di merito) tale documentazione mira a dimostrare l’irrilevanza ai fini fiscali della compravendita oggetto delle pretese creditorie erariali nel periodo d’imposta considerato nell’avviso di accertamento impugnato, che appunto è il 2003.

La società contribuente infatti sostiene che detta documentazione contabile evidenzia che sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA la compravendita de qua ha avuto efficacia solo nel periodo d’imposta successivo.

E’ del tutto chiaro che tali fatti ossia la contabilizzazione/registrazione dell’operazione contestata ha natura decisiva nella controversia, trattandosi di stabilire se l’agenzia fiscale ha correttamente “imputato a periodo” le imposte delle quali chiede il pagamento.

Ma la considerazione di tali fatti, anche in virtù dell’errore in diritto circa l’inutilizzabilità della documentazione che -asseritamente- li rappresenta, è stata completamente omessa da parte della CTR pugliese, la quale si è dilungata nella sola valutazione della portata elusiva dell’operazione immobiliare de qua, senza tuttavia prendere in considerazione i “fatti impeditivi” che sono stati allegati difensivamente dalla ROSAGEST.

I primi due motivi del ricorso devono essere quindi senz’altro accolti. Ne deriva l’assorbimento dei restanti motivi (violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13, comma 1 – terzo motivo; violazione/falsa applicazione degli artt. 2424, c.c., 52, 75, 76, D.P.R. n. 917 del 1986 – quarto motivo; nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112, c.p.c. – quinto motivo).

In conclusione, accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR per nuovo esame ed anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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