Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10506 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. I, 03/06/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 03/06/2020), n.10506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14614/2015 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via Crescenzio

95, presso lo studio dell’avvocato Sergio Piccarozzi che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gilberto Giusti, in

forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Popolare di Vicenza s.c.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, quale società incorporante della

Cariprato s.p.a., elettivamente domiciliata in Roma, via Po N. 25/b,

presso lo studio dell’avvocato Antonino Todaro, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Giuseppe Massara Sigillò, in forza

di procura speciale su foglio separato allegato al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1989/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 05/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 25/6/2007 B.M. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Prato la Cassa di Risparmio di Prato s.p.a. (Cariprato), esponendo di aver acquistato tra il (OMISSIS), nel quadro del contratto di intermediazione finanziaria stipulato il (OMISSIS), (OMISSIS) per l’importo di Euro 30.826,90; l’attrice ha lamentato la mancanza di informazioni sulla natura e sulla rischiosità dei prodotti finanziari acquistati, che non erano in linea con il suo profilo, e ha chiesto dichiararsi la nullità o pronunciarsi la risoluzione per inadempimento del contratto quadro e dei singoli ordini di acquisto, o in subordine annullarsi i contratti per vizio del consenso, o, in ulteriore subordine, accertarsi l’illecito commesso dalla Banca con la condanna al risarcimento dei danni.

Si è costituita in giudizio la convenuta Cariprato, contestando la pretesa dell’attrice e sottolineando che essa era una dipendente della Banca con mansioni che la rendevano edotta dell’andamento degli strumenti finanziari; la convenuta ha chiesto il rigetto della domanda, con la condanna dell’attrice per lite temeraria.

Il Tribunale di Prato con sentenza del 14/1/2009 ha respinto la domanda dell’attrice, con aggravio di spese, esclusa peraltro la lite temeraria, ritenendo non provato il nesso causale fra l’inadempimento degli obblighi di informativa gravanti sull’intermediario e il danno.

2. Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello B.M., a cui ha resistito l’appellata Cariprato.

La Corte di appello di Firenze con sentenza del 5/12/2014, ha respinto il gravame, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

La Corte di appello, dopo aver previamente circoscritto l’ambito della valida proposizione di rituali motivi di gravame alle sole doglianze relative alla denuncia di conflitto di interessi e alla richiesta di risoluzione per inadempimento, ha sostenuto che gli obblighi di informativa rilevavano solo ai fini dell’adempimento del contratto-quadro e non potevano portare in via diretta alla risoluzione dei singoli ordini di investimento; ha poi ritenuto che il comportamento della Banca nella vicenda, quand’anche lacunoso sotto il profilo dell’adempimento degli obblighi informativi, aveva avuto scarsa importanza nella determinazione degli acquisti, rispetto agli interessi perseguiti dall’attrice, protesa a massimizzare il rendimento finanziario a scapito della sicurezza, escludendone la rilevanza causale tale da giustificare la risoluzione dei contratti ex art. 1455 c.c.

3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 5/6/2015 ha proposto ricorso per cassazione B.M., svolgendo tre motivi.

Con atto notificato il 2/7/2015 ha proposto controricorso la Banca Popolare di Vicenza s.c.p.a., già Cariprato, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

La controricorrente ha depositato memoria difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza e del procedimento.

1.1. Con il motivo la ricorrente impugna la decisione nella parte in cui la Corte fiorentina aveva escluso la proposizione di rituali motivi di gravame, fuor che sui temi del conflitto di interessi e della risoluzione per inadempimento, e sottolinea di aver riproposto in appello le domande di cui ai punti d) ed e) delle sue conclusioni, funzionali all’accoglimento della richiesta meramente risarcitoria per la denegata ipotesi di rigetto della domanda di risoluzione di cui al punto c).

Era così evidentemente viziata la decisione della Corte territoriale perchè il suo atto di appello, mirato a dimostrare l’infondatezza della decisione di primo grado, che aveva escluso il nesso di causalità tra inadempimento della Banca e danno lamentato dall’attrice, era funzionale all’accoglimento sia della richiesta risarcitoria fondata sulla domanda di risoluzione di cui al capo c), sia della mera richiesta risarcitoria per inadempimento contrattuale, senza portata risolutiva, di cui ai punti d) ed e) delle conclusioni.

Era quindi erroneo che la ricorrente avesse rinunciato a coltivare le domande meramente risarcitorie, come dimostrava anche il fatto che Cariprato si fosse difesa sul punto nelle note di replica nel procedimento di appello.

1.2. La censura appare inammissibile.

La ricorrente lamenta omissione di pronuncia e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ma nella stessa esposizione delle doglianze riconosce che la Corte territoriale non ha affatto omesso di pronunciare, visto che le attribuisce una pronuncia in rito sulle sue domande (meramente) risarcitorie, che è pur sempre una pronuncia e non un silenzio omissivo.

1.3. Anche volendo superare il rilievo formale di cui sopra e quindi leggere, in chiave sostanziale, nella doglianza della sig.ra B. una critica alla sentenza impugnata per non aver pronunciato, nel merito, sulle sue domande meramente risarcitorie, erroneamente ritenute non riproposte (vedasi: ricorso pag.5, p. 3, ultimo capoverso), il motivo non supera lo scrutinio di ammissibilità per difetto di pertinenza rispetto alla ratio decidendi.

La Corte di appello non ha affatto sostenuto che l’appellante avesse riproposto le sole domande di risoluzione per inadempimento e per conflitto di interessi, omettendo quindi di riproporre le domande meramente risarcitorie, cosa questa che invece ha espressamente riconosciuto (sentenza impugnata, pag. 6, penultimo capoverso: “la difesa appellante, per quanto abbia integralmente riproposto le domande di primo grado…”); la Corte di appello ha invece sostenuto che l’appellante non aveva svolto effettivi motivi di doglianza a sostegno di tali domande meramente risarcitorie, perchè i motivi di appello vertevano solo “nella prospettiva della risoluzione dei contratti di investimento per inadempimento degli obblighi informativi gravanti sulla banca e in second’ordine per conflitto di interessi”, concludendo per l’inammissibilità dell’impugnazione ex art. 342 c.p.c. con riferimento a tutte le altre domande per cui non era stata svolta alcuna ragione di censura avverso la motivazione reiettiva di primo grado.

Di conseguenza il motivo appare defocalizzato rispetto al decisum, che ha rimproverato all’appellante non già la mancata riproposizione della domande in questione, ma l’omessa articolazione di motivi specifici di critica alla decisione di primo grado a loro supporto.

2. Il secondo e il terzo motivo sono connessi e possono essere affrontati congiuntamente.

2.1. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e agli artt. 29 e 31 Reg. Consob n. 11522/1998.

La ricorrente osserva che la Corte di appello, pur riconoscendo la natura speculativa dei titoli (OMISSIS) in questione, ha ritenuto che l’intermediario non avrebbe potuto astenersi dal dar corso alla richiesta di acquisto della sig.ra B., che aveva espresso al proposito una volontà “informata” e che l’adeguatezza delle operazioni risultava alla luce delle competenze culturali e lavorative della cliente, peraltro in assenza di assunzione di informazioni sul profilo dell’investitore.

La ricorrente aggiunge che la volontà informata, validamente manifestata, non può che essere il risultato della corretta applicazione da parte dell’intermediario delle regole che disciplinano la sua azione nell’interesse dell’investitore e anche in quello pubblico della tutela del risparmio, pur riconosciuto correttamente dalla Corte di appello. Nella fattispecie era pacifico che l’intermediario non disponeva di informazioni sul profilo dell’investitore e che la Banca non aveva fornito alcuna informazione nè prima, nè in occasione delle singole operazioni di investimento.

La ricorrente conclude che la Corte di appello aveva applicato una nozione erronea di volontà informata, dando rilievo al livello culturale e lavorativo della investitrice e della possibilità di contatti con colleghi professionalmente attrezzati nell’ambito bancario, senza che fosse possibile classificare la signora B. fra i soggetti costituenti operatori qualificati ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31.

Infine, il nesso di causalità sussisteva in re ipsa in presenza di violazioni in materia di operazioni inadeguate.

2.2. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21.

La Corte di appello aveva esonerato l’intermediario dall’obbligo di fornire l’informativa all’investitore per ogni singolo investimento, potendo costui trarre giovamento dalle conoscenze acquisite nei tempo attraverso il monitoraggio degli investimenti pregressi, senza tener conto dell’obbligo dell’intermediario di fornire una informazione sempre aggiornata ed adeguata tenendo conto della variabilità del valore dei prodotti finanziari e della loro affidabilità.

2.3. La Corte di appello era partita da una esatta ricostruzione degli obblighi gravanti sull’intermediario finanziario, quale professionista titolare di un sapere privilegiato, volti a proteggere il cliente da scelte negoziali pregiudizievoli inconsapevoli, scaturenti da un interesse pubblico alla funzionalità del mercato e alla salvaguardia del risparmio, costituzionalmente tutelato; ha aggiunto che l’intermediario deve avvertire il cliente della natura, dei rischi e delle implicazioni dell’operazione finanziaria che si appresta ad eseguire e che ha l’onere processuale di provare; ha sostenuto che non potevano essere oggetto di risoluzione i singoli ordini di investimento ma solo il complessivo contratto quadro; ha ammesso “una certa lacunosità probatoria” in ordine al rilascio di una informativa adeguata, ma ha escluso la gravità dell’inadempimento e la sua rilevanza risolutoria.

Secondo la Corte fiorentina nel momento del primo acquisto ((OMISSIS)) notoriamente non vi erano segnali di insolvenza della (OMISSIS) e i titoli acquistati erano sì speculativi ma erano considerati sostanzialmente affidabili; poichè l’emittente era uno Stato sovrano il rischio geopolitico connesso era conoscibile attraverso la consultazione dei normali canali informativi, disponibili anche all’investitore.

Per altro verso, la sig.ra B., pur non specializzata in materia, era una dipendente bancaria a continuo contatto con colleghi informati, e soprattutto aveva reiterato negli anni la stessa scelta di investimento dimostrando così la conoscenza del prodotto monitorato costantemente nel tempo.

La Corte di appello non comprendeva poi quali notizie più adeguate avrebbe dovuto fornire l’intermediario a chi conosceva bene il prodotto e lo aveva acquistato varie volte, tanto più che le notizie sull'(OMISSIS) erano pubbliche e la B. aveva tutti i motivi per prestarvi attenzione.

Il problema a monte della scelta di investimento non era informativo, ma atteneva alla prudenza, e a nulla sarebbe valso un invito in tal senso ad una cliente che esprimeva in quel modo in modo imperterrito la sua vocazione all’investimento.

2.4. I due motivi sopra sintetizzati, volti entrambi a contestare le statuizioni della sentenza impugnata a proposito della sussistenza e gravità dell’inadempimento dell’intermediaria agli obblighi informativi e in tema di indicazione dell’inadeguatezza dell’operazione, sono inammissibili per difetto di interesse.

2.5. A pagina 10 della sentenza impugnata la Corte di appello ha rigettato la domanda di risoluzione per due distinte ragioni e cioè: a) perchè la risoluzione dei singoli ordini di acquisto non sarebbe possibile (testualmente, pag. 10, primo capoverso: “D’altra parte, secondo l’interpretazione preferibile e solitamente seguita da questa Corte (v. da ultimo la sentenza del 13 agosto 2014 resa nel procedimento n. 145/2009 r.g.) gli ordini di acquisto non possono essere oggetto di pronuncia di risoluzione, essendo la medesima riferibile al solo contratto quadro” (sent. cit.), giacchè la carenza delle informative fornite dall’intermediario al cliente costituisce violazione, non già degli obblighi nascenti dall’esecuzione dello specifico ordine di investimento a cui preludono, ma semmai degli obblighi assunti con la stipulazione del contratto quadro di intermediazione”); b) perchè in ogni caso, anche a voler ammettere la teorica possibilità della risoluzione, nella specie la domanda sarebbe infondata, non essendo grave l’inadempimento della banca.

I motivi in questione riguardano la domanda di risoluzione (una volta esclusa, disatteso ut supra il primo motivo, che il giudizio riguardi ancora la domanda puramente risarcitoria); ma la domanda di risoluzione è stata respinta per due autonome rationes decidendi, e la ricorrente censura soltanto la seconda, e non anche la prima.

2.6. Secondo giurisprudenza del tutto consolidata di questa Corte ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Sez. 1, n. 18641 del 27/07/2017, Rv. 645076 – 01; Sez. 6 – 5, n. 9752 del 18/04/2017, Rv. 643802 – 01; Sez. 3, n. 2108 del 14/02/2012, Rv. 621882 – 01; Sez. L, n. 3386 del 11/02/2011, Rv. 615988 – 01).

3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidate nella somma di Euro 3.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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