Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10502 del 12/05/2011

Cassazione civile sez. I, 12/05/2011, (ud. 18/04/2011, dep. 12/05/2011), n.10502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – rel. Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.A., G.G., V.V. e R.

R., elettivamente domiciliati in Roma, Via Ludovisi, n. 35,

presso l’avv. Cozzi Ariella, unitamente all’avv. Baldassini Rocco,

che li rappresenta e la difende, i primi tre per procura in calce al

ricorso, e la quarta per procura a rogito notar Giuseppe Amato di

Messina del 2 settembre 2009 (rep. n. 69070);

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Roma n. ?, pubblicato il

19 giugno 2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18

aprile 2011 dal Relatore Pres. Ugo VITRONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per l’accoglimento del primo e

terzo motivo di ricorso e rigetto del secondo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 5 novembre 2007 – 19 giugno 2008 la Corte d’Appello di Napoli, pronunciando su quattro ricorsi riuniti, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma di Euro 4.000,00 in favore, rispettivamente, di B.A., G.G., V.V. e R.R. a titolo di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo da essi promosso con ricorso del 23 febbraio 1998 dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio per ottenere il reinquadramento, previa perequazione, nei ruoli dirigenziali in attuazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, giudizio tuttora pendente.

Osservava la Corte che la durata ragionevole del processo presupposto poteva calcolarsi in quattro anni e che a ciascuno dei ricorrenti poteva essere liquidata un’equa riparazione in misura di Euro 4.000,00.

Contro il decreto ricorrono per cassazione B.A., G.G., V.V. e R.R. con tre motivi.

Non ha presentato difese la Presidenza del Consiqlio dei Ministri.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente rilevato che in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1224, che ha attribuito al Ministero dell’Economia e delle Finanze la legittimazione residuale in precedenza spettante alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si applica esclusivamente ai giudizi iniziati nella fase di merito successivamente all’entrata in vigore della modifica suddetta (art. 1, comma 1225) e non a quelli che, come nella specie, essendo iniziato con ricorsi depositati il 21 giugno 2006, sono iniziati e si sono svolti legittimamente in contraddittorio con il Presidente del Consiglio dei Ministri (Cass. 6 ottobre 2009, n. 21352).

Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo motivo si censura il decreto impugnato per aver determinato l’importo dell’equa riparazione riconosciuta ai ricorrenti sul solo periodo eccedente quello ritenuto ragionevole, determinato inoltre apoditticamente in quattro anni.

La censura è solo parzialmente fondata in quanto, ferma restando la commisurazione dell’equa riparazione al solo periodo di tempo eccedente la ragionevole durata del processo, come stabilito dalla L. 24 marzo, 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a), e come ritenuto dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte – la quale tiene conto dell’eccedenza temporale sino alla data del deposito del ricorso per equa riparazione nei casi in cui il giudizio presupposto sia ancora pendente a tale data (Cass. 14 aprile 2011, n. 8547) – il giudice del merito si è discostato immotivatamente dai criteri adottati dalla giurisprudenza della Corte europea, che fissa in tre anni la durata ordinaria del processo di primo grado.

Col secondo motivo sostiene che il giudice italiano avrebbe dovuto disapplicare la normativa nazionale in contrasto con la Convenzione CEDU e in subordine, ne denuncia l’incostituzionalità per violazione dell’art. 117 Cost..

La censura non può trovare accoglimento poichè, come già affermato da questa Corte (Cass. 22 gennaio 2008, n.354), la questione di incostituzionalità riproposta dai ricorrenti è manifestamente infondata in quanto il criterio adottato dal legislatore italiano – che è vincolante per il giudice nazionale – non tocca la complessiva attitudine della L. n. 89 del 29001 ad assicurare l’obbiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e non autorizza, perciò, alcun dubbio sulla sua compatibilità per gli impegni assunti dalla Repubblica Italiana a livello internazionale con la ratifica della Convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale del canone di cui all’art. 6, par. 1 della medesima Convenzione.

Fondato è peraltro il terzo motivo di ricorso , con il quale si censura la statuizione secondo cui gli interessi sulla somma liquidata a titolo di equa riparazione decorrono dalla data del decreto impugnato e non dalla domanda, in quanto ciò contrasta con il principio generale secondo cui la durata del processo non deve risolversi in un pregiudizio per le ragioni della parte vittoriosa.

In conclusione il ricorso merita accoglimento limitatamente alle censure esposte con il primo e il terzo motivo e, conseguentemente, il decreto impugnato va cassato, con la liquidazione di un equo indennizzo in misura di Euro 5.000,00 per ciascuno de ricorrente.

Le spese giudiziali, in considerazione del parziale accoglimento della domanda, seguono la soccombenza previa compensazione nella misura della metà e se ne dispone la distrazione in favore del procuratore antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa il decreto impugnato e, pronunziando nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma di Euro 5.000,00 con gli interessi dalla domanda in favore di ciascun ricorrente, nonchè al pagamento delle spese giudiziali del doppio grado che, previa compensazione nella misura della metà, liquida per la restante metà in complessivi Euro 464,00, di cui Euro 189,00 per diritti ed Euro 250,00 per onorari, per il giudizio di merito e in ulteriori complessivi Euro 250,00, di cui Euro 200,00 per onorari, per il giudizio di cassazione e ne dispone la distrazione in favore del procuratore antistatario.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2011

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