Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10500 del 21/04/2021
Cassazione civile sez. III, 21/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10500
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29404/2019 proposto da:
N.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II N. 4,
presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONIO ANGELELLI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrenti –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso la sentenza n. 269/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,
depositata il 27/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
02/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
Fatto
RILEVATO
che:
1. N.I., cittadino del (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).
2. Il richiedente dedusse a fondamento della sua istanza di aver lasciato il proprio paese a causa delle violente rivolte presenti nel paese e per l’incapacità delle istituzioni di gestire l’ordine pubblico. Giunse dapprima il Libia, dove fu torturato per due mesi, per poi giungere in Italia in cerca di un lavoro che gli permettesse di mantenere la famiglia in Bangladesh.
La Commissione territoriale rigettò l’istanza.
Avverso tale provvedimento N.I. propose ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, dinanzi il Tribunale di Salerno, che, con ordinanza del 13 febbraio 2018, rigettò il reclamo.
Il Tribunale ha ritenuto:
a) infondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, non avendo il richiedente prospettato alcun atto di persecuzione;
b) infondata la domanda di protezione sussidiaria, non essendo presente nella zona di provenienza del richiedente un conflitto armato;
c) infondata la domanda di protezione umanitaria, non essendo state addotte situazioni di particolare vulnerabilità;
3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Salerno con sentenza n. 269/2019, pubblicata il 7 febbraio 2019.
4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da N.I. con ricorso fondato su due motivi.
Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.
Diritto
CONSIDERATO
che:
5. Con i due motivi di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 5, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3); la nullità del decreto impugnato per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
Si duole del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, rispetto alla quale è richiesto al giudice di compiere una valutazione caso per caso e un giudizio comparativo tra la situazione raggiunta dal richiedente in Italia e quella cui si troverebbe nel caso di rientro in patria. Secondo parte ricorrente tale bilanciamento sarebbe assente nel giudizio della Corte d’appello.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza. La Corte di appello ha dichiarato inammissibile l’appello in relazione alla domanda di protezione umanitaria, ritenendola priva di “alcuna particolare critica verso la sentenza di primo grado”. In seguito, i giudici di merito hanno sostenuto la mancanza di allegazioni tali da far ritenere il richiedente un soggetto vulnerabile, rigettando quindi la domanda.
Tale ratio decidendi non è stata impugnata.
6. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021