Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10498 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 30/04/2010), n.10498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24218/2008 proposto da:

Z.F. (esercente l’attività di medico specialista e

convenzionata con il S.S.N.), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato DE ANGELIS ROBERTO,

rappresentata e difesa dall’avvocato BELLITTI Aldo, giusta mandato

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (Ufficio di Brescia (OMISSIS)) in

persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 16/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di MILANO – Sezione Staccata di BRESCIA del 18.2.08, depositata il

12/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per la ricorrente l’Avvocato Roberto De Angelis (per delega

avv. Aldo Bellitti) che si riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 12/3/2008 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate Brescia (OMISSIS) nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia di accoglimento dell’impugnazione proposta dalla contribuente sig. Z.F. del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni d’imposta dal 1998 al 2001, in qualità di medico.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello la Z. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, con il quale denunzia violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile.

Va preliminarmente osservato che come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di IRAP l’esercizio di professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata; e che l’accertamento del requisito dell’autonoma organizzazione ricorrente quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui spetta al giudice di merito, la cui pronunzia è al riguardo insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata, costituendo onere del contribuente richiedente il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (v.

Cass., 16/2/2007, n. 3678).

Va del pari preliminarmente sottolineato che le norme (art. 2697 c.c., e segg.) poste dal Libro 6^, Titolo 2^ del Codice civile regolano le materie: a) dell’onere della prova; b) dell’astratta idoneità di ciascuno dei mezzi in esse presi in considerazione all’assolvimento di tale onere in relazione a specifiche esigenze; c) della forma che ciascuno di essi deve assumere; non anche la materia della valutazione dei risultati ottenuti mediante l’esperimento dei mezzi di prova, che è viceversa disciplinata dagli artt. 115 e 116 c.p.c., e la cui erroneità ridonda quale vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (v. Cass., n. 24755 del 2007; Cass., 20/6/2006, n. 14267; Cass., 12/2/2004, n. 2707).

Orbene, nel formulare un quesito invero privo dei requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36) – e pertanto generico e privo di riferibilità alla fattispecie concreta in questione, formulato in termini tali da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione ( cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360 ), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr.

Cass., 23/6/2008, n. 17064) – la ricorrente per altro verso non censura invero la ratto decidendi dell’impugnata sentenza, da rinvenirsi nel ravvisato mancato assolvimento all’onere della prova su di essa alla stregua di quanto sopra esposto incombente, censurando la valutazione operata dal giudice dell’appello dell’asserto probatorio inammissibilmente sotto il profilo della violazione di norma di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre che in violazione altresì del principio di autosufficienza, laddove fa richiamo a fatti e circostanze, atti e documenti del giudizio di merito (quali i documenti depositati al momento della denuncia dei redditi, al momento del deposito dell’istanza di rimborso ed infine nel ricorso alla Commissione tributaria di Primo grado, il contratto collettivo dei medici di base e specialisti convenzionati con il S.S.N., l’avvalimento di un sostituto), senza invero debitamente riprodurli nel ricorso”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che la ricorrente non ha presentato memoria ma ha partecipato all’udienza in Camera di consiglio;

vista la memoria presentata dalla Agenzia delle entrate, e dato atto che nella relazione risulta indicato che la medesima non ha svolto attività difensiva, laddove essa si è invece tempestivamente costituita con controricorso;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate da quanto esposto all’udienza dal difensore della ricorrente, sostanziantesi nell’idoneità e fondatezza del proposto ricorso;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

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