Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10495 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/04/2017, (ud. 09/11/2016, dep.28/04/2017),  n. 10495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21700-2014 proposto da:

M.E., B.B., domiciliati ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato STEFANIA CURCI giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ALLEANZA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Dott. ME.AN.

nella qualità di Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA APRICALE 31, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

VITOLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIA

SALAMI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

G.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 769/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 6/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

9/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato STEFANIA DI STEFANI per delega;

udito l’Avvocato FRANCESCA GILARDI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.B. ed M.E. nel 2004 convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brescia, Alleanza Assicurazioni S.p.A. e G.S., chiedendo la condanna della predetta società al risarcimento del danno pari ad Euro 100.000,00. Rappresentavano gli attori di aver sottoscritto tre proposte contrattuali con Alleanza Assicurazioni S.p.A. (versando Euro 70.000,00 e poi Euro 20.000,00 il B., Euro 10.000,00 la M.), per il tramite della G., che si era qualificata come consulente previdenziale/finanziario di detta società e che aveva rilasciato regolari ricevute, senza che fosse poi stata rilasciata una polizza, e assumevano che, a seguito di un controllo, era poi risultato che le somme da loro corrisposte erano state incassate in proprio dalla G..

La società convenuta si costituiva deducendo di non avere incassato dalla G. alcuna somma e di non aver mai conferito a quest’ultima poteri di rappresentanza e di incasso.

La G. si costituiva eccependo la carenza di domande nei suoi confronti e deduceva di essere estranea alle decisioni della società in ordine alle polizze e di aver sempre trasferito ad essa gli assegni dei clienti.

Il Tribunale adito accoglieva la domanda degli attori.

La Corte di appello di Brescia, con sentenza depositata il 6 giugno 2014, pronunziando sull’appello proposto dalla società assicuratrice, rigettava la domanda proposta dal B. e dalla M. e condannava questi ultimi alle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito, sul rilievo che nella specie mancava una prova certa in ordine all’imputazione dei pretesi pagamenti e soprattutto alla riscossione delle somme in questione da parte della società, in quanto l’importo di denaro erogato alla G. emergeva unicamente dalla quietanza della stessa, non opponibile ai terzi e ritenendo, altresì, che alla società non potesse essere applicata la responsabilità prevista in materia di intermediazione mobiliare.

Avverso la sentenza della Corte di merito i soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione basato su due motivi e illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso Alleanza Assicurazioni S.p.A..

L’intimata non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 2049 c.c., laddove, in riferimento alla responsabilità indiretta di Alleanza Assicurazioni S.p.A. per l’illecito del preposto, la Corte di merito ha escluso tale responsabilità sull’assunto che mancasse una prova certa in ordine alla riscossione delle somme versate dai ricorrenti e, quindi, per la mancanza di un presupposto estraneo all’azione ex art. 2049 c.c. proposta dagli odierni ricorrenti.

1.1. Il motivo è fondato.

La Corte di appello, nell’escludere la responsabilità di Alleanza Assicurazioni S.p.A. ha fatto solo apparente applicazione dell’art. 2049 c.c., che regola la responsabilità del datore di lavoro e del committente per il fatto dannoso del proprio dipendente o preposto.

Tale responsabilità, come già evidenziato da questa Corte con l’ordinanza del 15 ottobre 2015, n. 20924, pronunciata in relazione a fattispecie per molti versi analoga a quella ora all’esame, e tanto va ribadito in questa sede, “costituisce un’ipotesi di responsabilità indiretta e postula l’esistenza di un rapporto di lavoro tra preponente e preposto e che il fatto illecito si sia consumato in presenza di un nesso di causalità necessaria tra il lavoro svolto dalla dipendente e l’illecito stesso, nel senso che le mansioni affidate al dipendente abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno al terzo” (v. pure Cass. 25/03/2013, n. 7403).

E’ stato pure da questa Corte precisato che, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2049 c.c., è sufficiente che l’atto illecito sia commesso da un soggetto legato da un rapporto di preposizione con il responsabile, ipotesi che ricorre non solo in caso di lavoro subordinato ma anche quando per volontà di un soggetto un altro esplichi un’attività per suo conto (Cass. 15/06/2016, n. 12283).

Nella specie la Corte di merito ha considerato dirimente, tra l’altro, il difetto di prova in ordine “soprattutto alla riscossione delle somme” di cui si discute in causa da parte della società attuale controricorrente.

Oltre a quanto appresso evidenziato in relazione al secondo motivo di ricorso, si osserva che, in tal modo, la Corte di merito ha preso in considerazione, per escludere la responsabilità della società di assicurazioni, un elemento estraneo alla fattispecie oggetto del suo accertamento, ossia la verifica della sussistenza del nesso di causalità necessaria tra il ruolo svolto dalla G. per Alleanza Assicurazioni e la consumazione da parte della prima del dedotto illecito, posto che non si procede nei confronti della predetta società addebitandole in proprio di essersi impossessata del denaro versato dai ricorrenti.

Va pure rilevato che la non applicabilità, al caso di specie, delle disposizioni sugli intermediari finanziari, ritenuta dalla Corte di merito senza che i ricorrenti abbiano proposto doglianze al riguardo – essendosi essi limitati ad evidenziare che il Tribunale aveva condannato la società assicuratrice ai sensi dell’art. 2049 c.c.e non delle predette disposizioni (v. ricorso p. 21) -, non incide sulla configurabilità o meno nel caso all’esame della responsabilità di cui all’art. 2049 c.c..

2. Con il secondo motivo si lamenta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Sostenendo che la Corte di merito avrebbe totalmente omesso di esaminare sei “fatti” decisivi per il giudizio, dettagliatamente indicati in ricorso, i ricorrenti censurano la motivazione della sentenza nella parte in cui in essa si afferma che “nella specie manca una prova certa in ordine all’imputazione dei pretesi pagamenti… in altri termini l’importo di denaro erogato alla G. emerge unicamente dalla quietanza della stessa e non è evidentemente opponibile terzi. Null’altro di concreto vi è in atti. La deposizione del R. – anche prescindendo dalla dubbia affidabilità dello stesso, amico di famiglia degli attori – ha riferito intorno alla prassi (riconducibile alla G., ma non necessariamente all’appellante) di non intestare gli assegni. Inoltre i titoli allegati non hanno oltretutto alcun evidente collegamento con Alleanza Assicurazioni e la quietanza, paradossalmente anche per la diversità degli importi, avrebbe potuto riguardare anche rapporti o titoli personali intercorrenti tra la G. e gli attori”.

2.1. Il motivo è fondato con riferimento soltanto al secondo e al terzo dei “fatti” indicati nel mezzo all’esame.

Ed invero l’omesso esame delle tre proposte contrattuali specificatamente indicate a p. 10 e s/gg. del ricorso e delle due sentenze del Giudice del lavoro indicate a p. 13 e sgg. del ricorso – precisandosi che di tali atti nel motivo è riportato sostanzialmente il contenuto, per la parte rilevante in questa sede – integra, nella specie, un vizio della sentenza che ben può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, risolvendosi effettivamente nell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, mentre le ulteriori doglianze di cui al motivo all’esame non possono essere accolte, facendosi con esse riferimento in parte a fatti comunque presi in considerazione dalla Corte di merito, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, e tendendo, nel resto, sostanzialmente ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede.

3. Conclusivamente vanno accolti il primo e, per quanto di ragione, il secondo motivo del ricorso; la sentenza impugnata va cassata in relazione alle doglianze accolte e la causa va rinviata alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo e, per quanto di ragione, il secondo motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione alle doglianze accolte e rinvia la causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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