Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10495 del 20/05/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10495 Anno 2016
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2426/2011 R.G. proposto da
AGENZIA DELLE ENTRATE,
in persona dei Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende,
– ricorrente contro

DE RIENZO RITA,
– intimata avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia
n. 130/46/2009, depositata il 30/11/2009.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 maggio
2016 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;

Data pubblicazione: 20/05/2016

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Bruno Dettori;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa Rita
Sanlorenzo, la quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 30/11/2009 la C.T.R. della Lombardia, in riforma della
sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso proposto da Rita De Rienzo, soda

con il quale l’Agenzia delle entrate – sulla scorta della rettifica del reddito
societario per il 2000, divenuta definitiva per mancata impugnazione – aveva
rideterminato, a fini Irpef, un maggior reddito di partecipazione oltre che un
reddito di lavoro occasionale non dichiarato di € 465,00 per il quale era stata
operata la ritenuta d’acconto.
Ritenevano in sintesi i giudici del gravame che nessun effetto preclusivo
poteva derivare, rispetto alla contribuente, dalla definitività dell’accertamento nei
confronti della s.a.s. e che, nel merito, era fondata la contestazione opposta
dalla ricorrente all’accertamento del maggior reddito d’impresa in quanto operato
con metodo induttivo, per la mancata presentazione della dichiarazione, sulla
base di dati e notizie riferite a periodi di imposta differenti dall’annualità oggetto
di verifica.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle
entrate articolando quattro motivi.
La contribuente, benché ritualmente evocata giudizio, non ha svolto difese
nel presente giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e
falsa applicazione dell’art. 5 T.U.I.R., in combinato disposto con gli artt. 38 e 40
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché degli artt. 21 e ss. d.lgs. 31 dicembre
1992, n. 546, 2318 e ss. cod. civ. e 24 Cost., in relazione all’art. 360, comma
primo n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto non ostativo alla

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al 33,33% della Al.Mor. S.a.s. di Eberle Monica, contro l’avviso di accertamento

impugnazione da parte della contribuente dell’accertamento nei suoi confronti del
maggior reddito di partecipazione l’essere già divenuto definitivo, per mancata
impugnazione, l’atto impositivo emesso nei confronti della società.
Assume di contro la ricorrente che l’intimata ben poteva e doveva
impugnare tempestivamente l’atto emesso nei confronti della società in relazione
agli effetti fiscali riflessi su di essa ricadenti.

falsa applicazione dell’art. 2697, comma primo, cod. civ., in combinato disposto
con gli artt. 38 e 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360,
comma primo n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. accolto il motivo di
gravame che investiva la legittimità dell’accertamento condotto nei confronti
della società con metodo induttivo in ragione della mancata presentazione della
dichiarazione per l’anno di riferimento, sull’erroneo presupposto che fosse onere
dell’amministrazione provare l’origine del maggior reddito accertato, laddove secondo la ricorrente – era invece onere del contribuente dedurre gli elementi
ostativi e contrari alla pretesa erariale. Rileva in particolare l’erroneità del
riferimento in sentenza al principio di annualità dell’imposizione, in quanto
inconferente rispetto alla fattispecie di che trattasi.
5. Con il terzo motivo (rubricato in ricorso con il numero 2-bis) la ricorrente
deduce insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso ai fini del
giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5, cod. proc. civ., stante il
carattere tautologico e in nessun modo argomentato dell’affermazione surriferita
circa l’erroneità del riferimento da parte dell’Agenzia, ai fini dell’operato
accertamento induttivo, alla precedente annualità d’imposta.
6. Con il quarto motivo (rubricato in ricorso con il numero 3) l’Agenzia
ricorrente deduce infine nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo n. 4, cod. proc. civ., per avere
omesso la C.T.R. di pronunciarsi in ordine all’argomentazione difensiva spiegata
in sede di gravame dall’ufficio, al fine di contrastare le deduzioni avversarie,

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4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, in subordine, violazione e

rappresentata dal rilievo secondo cui, ai sensi dell’art. 2259 cod. civ., i soci
accomandanti possono chiedere all’autorità giudiziaria la revoca
dell’amministratore accomandatario per giusta causa e hanno diritto di
controllare i risultati economici, patrimoniali e finanziari di fine esercizio, da ciò
derivando per converso l’impossibilità, nella presente sede, di attribuire alla
inerte condotta della contribuente valenza esimente.

Come desumibile dalla parte narrativa della sentenza impugnata, la C.T.P.
di Milano aveva posto a base della propria decisione (di rigetto del ricorso
proposto dalla contribuente) l’accertamento – in sé non fatto segno di censura di
soita – che l’avviso emesso nei confronti della società era stato notificato anche
alla ricorrente in qualità di socia.
Non può dubitarsi che, in tale contesto, l’accertamento del maggior reddito
d’impresa sia divenuto definitivo e opponibile anche nei confronti della socia
medesima, per gli effetti che ne derivano ai fini della determinazione del suo
reddito di partecipazione (cfr. Sez. 6 – 5, Ord. n. 17360 del 30/07/2014, Rv.
632352; Sez. 5, n. 4050 del 27/02/2015).
Ciò alla luce dell’ormai consolidato orientamento di questa Corte, secondo
cui deve tenersi fermo che, in caso di società di persone, l’accertamento del
reddito sociale e l’accertamento del reddito dei singoli soci sono in evidente
rapporto di reciproca implicazione (non si può accertare il reddito dei singoli se
non accertando il reddito sociale e quest’ultimo condiziona l’accertamento del
primo), con la conseguenza che si é in presenza di un’imputazione automatica
del reddito sociale ai soci, in forza di una presunzione legale iuris et de iure (v.
Sez. Un. n. 14815/08 in motivazione;

F.—dpor„.3 v. anche Sez. 5, n. 18517 del

10/08/2010, che, in un caso analogo, ha ritenuto opponibile al socio
l’accertamento operato nei confronti della società e divenuto definitivo per
mancata impugnazione).
8. Il ricorso merita pertanto accoglimento, restando assorbito l’esame dei

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7. È fondato il primo motivo di ricorso.

restanti motivi.
Non richiedendosi ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere anche
nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., con il rigetto del ricorso
i ntrod uttivo.
In considerazione della peculiarità della vicenda processuale le spese
relative ad ambo i gradi del giudizio di merito possono essere compensate.

spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i rimanenti;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo proposto da De Rienzo Rita; compensa le spese del giudizio di
merito; condanna l’intimata al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità, liquidate in C 1.500, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso il 10/5/2016

Alla soccombenza segue invece la condanna dell’intimata al pagamento delle

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