Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10494 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. III, 21/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34411/2019 proposto da:

O.N., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO

RIZZATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2001/2019 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA,

depositata il 15/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

O.N., cittadino del (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ovvero, in via subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda proposta, il ricorrente ha dedotto di essere fuggito dal proprio paese per il timore di essere sottoposto a violenze e ritorsioni, già nella specie subite nell’ambito del proprio gruppo familiare;

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento O.N. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che ne ha disposto il rigetto con ordinanza del 16/5/2018;

tale provvedimento, appellato dal soccombente, è stato confermato dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza depositata in data 15/5/2019;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) del difetto di credibilità del racconto di vita del ricorrente e, in ogni caso, della mancata corrispondenza delle ragioni di fuga dal paese di origine con i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale rivendicata; 2) dalla mancanza, nei territori di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 3) dell’insussistenza di un’effettiva situazione di vulnerabilità suscettibile di giustificare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da O.N. con ricorso fondato su due motivi d’impugnazione;

il Ministero dell’interno, non costituito in termini mediante controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere la corte d’appello erroneamente condotto la valutazione relativa alla credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente nel corso del giudizio, incorrendo nella violazione delle norme che ne disciplinano in modo rigoroso l’interpretazione, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria;

con il secondo motivo del secondo ricorso, il ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere la corte territoriale erroneamente affermato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria con riguardo di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), con particolare riferimento alle indagini sulla situazione socio-politica della Nigeria;

entrambi i motivi sono, nel loro complesso, infondati;

dev’essere preliminarmente evidenziata la sostanziale irrilevanza della censura sollevata dal ricorrente con riguardo al contestato riconoscimento dell’inattendibilità delle proprie dichiarazioni rese nel corso del procedimento, avendo la corte territoriale espressamente sottolineato come, pur volendo ritenere credibile la storia narrata dal richiedente, in ogni caso non vi sarebbero i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria con riguardo alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

sul punto, è appena il caso di rilevare come debba ascriversi un valore dirimente alla circostanza, espressamente sottolineata dal giudice a quo, della mancata corrispondenza, delle ragioni indicate dal ricorrente a fondamento della propria fuga dal paese di origine, con i presupposti normativi previsti ai fini del riconoscimento delle forme di protezione internazionale rivendicate;

al riguardo, del tutto correttamente il giudice a quo ha sottolineato l’assenza di alcun effettivo pericolo di persecuzione discriminatoria, o di un danno alla persona, concretamente predicabile a carico dall’odierno istante in relazione alle ragioni indicate a fondamento del proprio allontanamento dal paese di origine, avendo lo stesso ricorrente espressamente legato, detto allontanamento, alle particolari ragioni di conflitto interne al proprio nucleo familiare, in relazione alle quali nessun rischio di persecuzione, o comunque legato alla vita o all’incolumità fisica del ricorrente, deve ragionevolmente ritenersi configurabile, avendo avuto cura, il giudice di appello, di analizzare le fonti di informazioni sul paese di origine dell’istante (espressamente richiamate in motivazione) al fine di accertare (in modo congruo e adeguatamente motivato) l’effettiva sussistenza di un’adeguata rete di protezione pubblica ampiamente strutturata e organizzata (cfr. pp. 6 ss. della sentenza impugnata), tale da escludere ragionevolmente il rischio che, una volta ricondotto in patria, l’odierno ricorrente possa essere effettivamente esposto al rischio di un danno grave alla persona riconducibile alle ipotesi di protezione qui dedotte;

quanto al contestato mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), varrà considerare come, nel caso di specie, la corte territoriale abbia correttamente provveduto ad attivare i propri doveri di cooperazione istruttoria attraverso l’estensione della propria cognizione alle informazioni sul paese di origine dell’odierno ricorrente, dando ampiamente conto delle fonti dalle quali ha tratto le proprie conclusioni circa l’insussistenza, nel Paese di provenienza del ricorrente, delle condizioni legittimanti la sua richiesta di protezione, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, riferendosi a fonti di informazioni specifiche e adeguatamente aggiornate, dalle quali ha tratto la conclusione dell’impossibilità di riconoscere, nella regione di provenienza del ricorrente, situazioni di violenza generalizzata nel quadro di conflitti armati interni, a nulla rilevando le alternative fonti segnalate dal ricorrente, trattandosi di informazioni generiche, e in ogni caso inidonee a fornire adeguata contezza degli specifici presupposti oggettivi legittimanti il riconoscimento della protezione sussidiaria in contrasto con i contenuti informativi privilegiati dalle scelte probatorie (legittimamente) operate dal giudice d’appello nell’esercizio dei propri poteri di apprezzamento discrezionale delle fonti istruttorie;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, deve essere pronunciato il rigetto del ricorso;

non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, attesa la mancata tempestiva costituzione del Ministero intimato;

dev’essere viceversa attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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