Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10489 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. III, 21/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10489

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31014/2019 proposto da:

B.I., rappresentato e difeso dall’avv.to ANTONINO

CIAFARDINI, con studio in Pescara via Venezia 7,

(avvantoninociafardini.pec.it) giusta procura allegata al ricorso ed

elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 491/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 14/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.I., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila che aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente ha dedotto di essere fuggito dal proprio paese in quanto era stato ingiustamente accusato dell’omicidio della fidanzata che, invece, si era suicidata. Per tale fatto erano stati arrestati anche i suoi genitori e lui era stato portato in un campo di prigionia dal quale era riuscito a fuggire.

1.2. Temeva sia una nuova carcerazione che la vendetta dei familiari della fidanzata morta che, di religione cristiana, avevano sempre ostacolato la loro relazione in quanto lui era di religione musulmana.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la nullità del “decreto” per motivazione carente, contraddittoria ed apparente: assume che non era percepibile il fondamento della decisione, perchè essa conteneva argomentazioni inidonee, illogiche e contraddittorie per giustificare il rigetto del gravame.

1.1. Assume che non erano stati correttamente valutati i presupposti della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e b), nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto erano state sottovalutate le gravi conseguenze che egli avrebbe potuto subire per la propria incolumità in caso di rientro in patria.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non avere la Corte valutato la credibilità del richiedente alla luce del paradigma prescritto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5: lamenta la contraddittorietà della motivazione, anche in relazione alla mancata acquisizione di informazioni sul paese di origine (cfr. pag. 6 terzo cpv. del ricorso).

3. Con il terzo motivo, deduce, infine, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere la Corte riconosciuto la sussistenza dei motivi umanitari e per violazione dell’art. 134 c.p.c., comma 2″ (con evidente lapsus calami in relazione al quale, il riferimento deve intendersi all’art. 132, n. 4).

4. Il primo motivo è inammissibile ed assorbe gli altri due.

4.1. Infatti, in disparte l’erroneo riferimento al “decreto” contenuto nella rubrica (laddove il presente giudizio è riferito alla “sentenza” d’appello), il motivo non si confronta con la ratio decidendi del provvedimento che è diversa da quella sulla quale si fonda la censura proposta.

4.2. Si osserva, al riguardo, che il fatto sommariamente esposto nel ricorso (il timore della vendetta dei familiari della fidanzata deceduta) è del tutto diverso da quello riportato nella sentenza (il pericolo per la incolumità personale vista la grave instabilità politica esistente e la situazione di violenza e guerriglia nel Casamance, nonchè il persistente conflitto fra il governo ed il movimento indipendentista (OMISSIS)), e la censura ignora tale differenza con probabile riferimento ad una diversa vicenda migratoria: la Corte territoriale, infatti, aderendo alla decisione del Tribunale, ha rigettato l’appello sulla base di un fatto diverso da quello dedotto nel ricorso e, non mettendo in discussione la credibilità del racconto ha affermato, previa acquisizione di fonti ufficiali attendibili ed aggiornate, che la vicenda non poteva essere ricondotta a nessuna forma di protezione.

4.3. A fronte di ciò il ricorrente non indica, in termini di autosufficienza (cfr. Cass. 7074/2017; Cass. 20694/2018; Cass. 13403/2019), il motivo d’appello proposto, al fine di consentire a questo Collegio di apprezzare l’eventuale errore commesso dalla Corte territoriale.

4.4. La censura, pertanto, risulta inammissibile e preclude anche l’esame dei restanti motivi ad essa logicamente collegati che, come detto, rimangono assorbiti.

5. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

 

 

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