Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10488 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. III, 21/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31011/2019 proposto da:

H.M.A., rappresentato e difeso dall’avv.to ANTONINO

CIAFARDINI, con studio in Pescara via Venezia 7,

(avvantoninociafardini.puntopec.it) elettivamente domiciliato in

Roma Piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1005/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 10/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. H.M.A., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila che aveva confermato la pronuncia di rigetto del Tribunale della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di aver abbandonato il paese di origine per motivi economici e di essere fuggito per l’Italia previo transito in Libia, dove aveva subito vessazioni e torture.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la nullità della sentenza per motivazione carente, contraddittoria ed apparente, “non essendo percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni inidonee, contraddittorie ed illogiche per giustificare il rigetto del gravame”.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Infatti, la formulazione della norma riportata nella censura proposta è stata modificata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito nella L. n. 134 del 2012: in conseguenza di ciò il vizio descritto nella disposizione richiamata prevede soltanto la critica all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, non essendo più consentito censurare la motivazione della sentenza per le modalità con cui viene articolata.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3: assume che la Corte territoriale non aveva valutato il trattamento da lui subito durante il periodo di transito in Libia.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. La censura, infatti, manca di autosufficienza, in quanto non è stato trascritto nel motivo proposto, la corrispondente critica prospettata in appello, visto che, oltretutto, la sentenza non menziona affatto la circostanza dedotta (cfr. Cass. 7074/2017; Cass. 20694/2018; Cass. 13403/2019): a ciò consegue che l’omissione in cui è incorso il ricorrente rende il motivo privo di autosufficienza e non consente a questa Corte di apprezzare la violazione denunciata.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

3.1. Lamenta che la Corte territoriale aveva erroneamente disconosciuto la sussistenza dei motivi umanitari per la concessione della tutela invocata, ed assume, al riguardo, la violazione dell’art. 134 c.p.c.. n. 2, per motivazione contraddittoria e/o apparente “non essendo percepibile il fondamento della decisione”.

3.2. Anche questo motivo è inammissibile.

3.3. Pur potendosi ricondurre l’ultima parte della censura all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con il quale si prevede la nullità della sentenza per assenza o apparenza della motivazione, si osserva che il percorso argomentativo della Corte risulta al di sopra della sufficienza costituzionale, essendosi diffuso su tutti gli elementi di comparazione (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata) alla luce di COI attendibili ed aggiornate, specificamente richiamate (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata): la doglianza, dunque, non coglie nel segno, in quanto limitandosi ad enunciare l’assenza di motivazione, non deduce alcunchè di specifico in punto protezione umanitaria, limitandosi ad enunciare i principi vigenti ed affermati anche da numerose sentenze di questa Corte e ad esprimere considerazioni meramente assertive e generiche (cfr. ultimo folio del ricorso primo e secondo cpv.) sui rischi che il ricorrente correrebbe rientrando in patria, senza alcun riferimento, però, alla sua situazione individuale in funzione del paradigma comparativo (integrazione, violazione dei diritti umani e vulnerabilità) che deve costituire oggetto di valutazione per il riconoscimento della fattispecie invocata, e che la Corte, sia pur sinteticamente, ha mostrato di aver valutato.

4. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

5. Non sono dovute spese, atteso che la controversia viene decisa in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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